Italia Nostra

Data: 31 Marzo 2014

A Porto Tolle responsabilità del vertice della holding di Stato

Ora doveroso l’accertamento pieno della verità con una indagine sanitaria ed epidemiologica condotta da una Commissione composta da medici e scienziati indipendenti

Suscita commenti e discussioni la recente sentenza del Tribunale di Rovigo che ha condannato in primo grado a tre anni di carcere e interdetti dai pubblici uffici per cinque anni, gli ex vertici Enel, Franco Tatò e Paolo Scaroni, con l’accusa di disastro ambientale doloso, causato dalle emissioni della centrale termoelettrica di Porto Tolle, sul delta del Po. Ad Italia Nostra preme formulare un’osservazione in primo luogo sulla pronuncia di assoluzione per l’attuale amministratore delegato Enel, Fulvio Conti, la quale è avvenuta solo per mancanza del dolo: dunque il disastro, in termini di messa in pericolo della salute e dell’ambiente, v’è stato (in termini oggettivi) anche durante la gestione di Conti.

Dal processo è emerso che per quasi venticinque anni la centrale Enel di Porto Tolle ha bruciato “olio pesante” emettendo in atmosfera quantità enormi di anidride solforosa e particolati inalabili, in deroga ai limiti stabiliti nel resto d’Italia e d’Europa. La sentenza ha quindi riconosciuto che i massimi dirigenti di Enel hanno deliberatamente gestito questo impianto senza le tecnologie di prevenzione dell’inquinamento installate in tutti le altre centrali termoelettriche del Paese, con la consapevolezza di mettere in pericolo la salute pubblica della comunità residente e l’ambiente del Parco del Delta del Po. Il legale di Italia Nostra e Legambiente, Matteo Ceruti, nota che assolvendo quadri e direttori di centrale, il collegio ha accolto la tesi che il reato è conseguente a precise scelte strategiche della holdingCiò non può essere senza conseguenze sulla permanenza in carica di amministratori di aziende partecipate dallo Stato che a Porto Tolle per tanti anni hanno agito contro l’interesse Paese, dei suoi abitanti e del suo ambiente, con danni pubblici, sanitari ed ambientali, che una perizia dell’ Ispra disposta dall’Avvocatura dello Stato ha quantificato (in termini economici) in ben 3,6 miliardi di euro.

Peraltro ci si chiede quale valenza abbiano “clausole etiche” delle società di Stato che non includono il grave delitto di “disastro” tra i reati che escludono la nomina o la permanenza in carica degli amministratori. La Magistratura ha assolto al suo compito con consulenze tecniche affidate ad esperti di alto livello scientifico. Ora è doveroso l’accertamento pieno della verità sui danni alla salute delle persone con una indagine sanitaria ed epidemiologica disposta dalle pubbliche autorità di controllo e condotta da una Commissione composta da medici e scienziati che diano garanzia di assoluta indipendenza.

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Per approfondimenti:

Vai alla rassegna stampa sull’argomento del 01.04.2014

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