Italia Nostra

Data: 22 Dicembre 2016

Palazzo Alamandini Bolognetti Pallavicini: segnalazione per la Lista Rossa

Indirizzo/Località: Via San Felice 22/24 – Bologna

Tipologia generale:  palazzo gentilizio nobiliare

Tipologia specifica:  palazzo residenziale

Epoca di costruzione: sec. XVI

Comprende:  tre distinti corpi di fabbrica

Uso storico: Il Palazzo è il risultato di una serie di successivi interventi di edificazione e modifica sia della struttura dell’edificio sia degli apparati decorativi interni. Sul fronte di via San Felice è possibile individuare tre distinti corpi di fabbrica inglobati nell’attuale facciata da Alessandro Amadesi nel 1788. A partire da questa data ad Alessandro Amadesi, oltre agli interventi in facciata, si devono anche una serie di modifiche dell’interno tra le quali anche gli appartamenti di parata su via San Felice con la ricca ornamentazione pittorica e plastica dei saloni che si susseguono dietro la facciata principale.

Condizione giuridica: proprietà privata

Segnalazione: del 27 ottobre 2016 – segnalazione Sezione di Bologna di Italia Nostra – bologna@italianostra.org

 

Motivazione della scelta: Palazzo Alamandini Bolognetti Pallavicini costituisce una delle emergenze storico artistiche ed architettoniche più rilevanti di Bologna. Sfuggito alle rassegne sull’edilizia senatoria, fu tuttavia palazzo senatorio con il senator Giovanni Marco Isolani che, come attesta Oretti, incaricò Paolo Canali della struttura di rappresentanza costituita dallo scalone e dal salone con copertura a lanterna (il più alto della città insieme a quello di Palazzo Ranuzzi) (1680). Qui nel 1690 Giovanni Antonio Burrini affrescò le Storie di Fetonte e le Parti del mondo per il senator Alamandini, subentrato alla proprietà dell’edificio nel 1682.

Nell’opera, tra i capolavori dell’artista, compaiono iconografie uniche nella pittura monumentale come la raffigurazione delle Orai che aggiogano il Carro del Sole (frequente nei rilievi antichi) e le Parti del mondo come allusione esiodea al Caos. Nel 1729 l’edificio passò ai conti Bolognetti i quali lo ristrutturarono “di nuova Fabrica” (Taruffi, 1738) affidandone credibilmente il cantiere a Luigi Casoli, successore del Canali. Nel 1765 i Bolognetti affittarono il palazzo al conte maresciallo Gian Luca Pallavicini, che lo acquistò nel 1773 per il figlio Giuseppe insieme alla villa già Alamandini alla Croce del Biacco. Per il palazzo cominciò, così, un’importantissima stagione che vide la “corte Pallavicini in strada San Felice” al centro della vita politica europea. Ministro plenipotenziario dell’Impero e viceré di Milano, a Bologna il Pallavicini intrattenne contatti con Vienna e con la diplomazia internazionale (Alfeo Giacomelli).

Unica al mondo è infatti l’iconografia dell’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo. Madre di tutti i popoli raffigurata da Pietro Fabbri come dea Cibele (come recitano i documenti) in un affresco sulla volta di una sala al piano nobile, commissionato da Giuseppe Pallavicini (1691). Il ricchissimo Archivio Pallavicini nell’Archivio di Stato di Bologna ha permesso infatti di ricostruire nel dettaglio la prestigiosa vicenda storica della famiglia: l’ospitalità offerta a Wolfgang Amadeus Mozart nel 1770, sia nel palazzo che nella villa alla Croce del Biacco, e le visite di Giuseppe II, Pietro Leopoldo di Toscana e dei reali di Borbone, testimoniando inoltre la vivace vita musicale del palazzo, frequentato, oltre che dal giovane Mozart, dal celebre Farinelli e da padre Martini. Ma, soprattutto, le numerose carte e le ricevute di pagamento hanno permesso di identificare con precisione gli interventi architettonici e decorativi voluti da Giuseppe Pallavicini, dando un volto agli artisti che collaborarono a rinnovare l’edificio. Allievo di Carlo Bianconi e dilettante d’architettura, il conte Giuseppe incaricò i protagonisti dell’incipiente civiltà neoclassica di un cantiere che dal 1776 trasformò il palazzo, adeguandolo a una civiltà artistica aggiornata per la regia di Raimondo Compagnini. Dal salottino à la greque dell’appartamento d’inverno (D.Zanotti, F.Dalla Casa, 1778) all’infilata delle sale che si snodano dietro la facciata, il palazzo rappresenta un’antologica straordinaria della civiltà artistica bolognese di fine secolo, dove le pitture di Filippo Pedrini, Giuseppe Antonio Valliani, Vincenzo Martinelli, Serafino Barozzi, Flaminio Minozzi e altri artisti si alternano alle decorazioni in stucco di Giacomo Rossi, che nella Sala da Convito raggiunge esiti sorprendenti, per i quali risulta inconfondibile il riferimento a Pigalle (1789).

 

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