Indirizzo/Località: Parco Del Cavallo, Casa Bianca – Cassano all’Ionio (Cosenza)
Tipologia generale: area archeologica
Epoca di costruzione: sec. VIII a.C
Comprende: i siti archeologici sono distinti in: “Parco del cavallo“, “Prolungamento Strada” e “Casabianca“, contigui fra di loro a cui si deve aggiungere “Stombi“, più distante da questi tre
Uso attuale: il Parco ha gravi problemi strutturali e di utilizzazione/valorizzazione. E’ tra le priorità del MiBACT e si parla di una rinascita in stile Paestum. Italia Nostra ha proposto un progetto integrato, di sistema, che metta in collegamento il Parco con il contesto regionale e con le infrastrutture di trasporti nazionali e internazionali.
Uso storico: colonia più ricca e fiorente della Magna Grecia, poi ricca colonia romana. Nel corso del V e del VI secolo d.C. iniziò a decadere per l’impaludamento della zona. Un secolo dopo l’area era completamente abbandonata
Condizione giuridica: MiBACT – Parco Archeologico di Sibari – Istituto dotato di autonomia speciale di rilevante interesse nazionale
Segnalazione: del maggio 2020 – segnalazione firmata dalla Sezione di Trebisacce di Italia Nostra – trebisacce@italianostra.org – sito già segnalato nella Lista Rossa del 2011-2012
Motivazione della scelta
Inserito da Italia Nostra tra i 14 siti più in pericolo d’Europa nel 2020, il Parco Archeologico soffre di cronica risalita di acqua nelle aree scavate, di inondazioni, scarsa manutenzione ordinaria, controllo e valorizzazione. Dall’ultima riforma del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali il sito gode di autonomia amministrativa.
La storia di Sibari si tramanda tra mito e verità. Tutti gli storici affermano che Sibari era la colonia più ricca e fiorente della Magna Grecia. Sybaris fu fondata tra due fiumi, il Crati ed il Sybaris, alla fine dell’VIII secolo a.C. da un gruppo di Achei provenienti dal Peloponneso. Sibari si sviluppò rapidamente grazie alla fertilità del suo territorio dove si coltivavano olio, frumenti e frutta. Nell’84 a.C. fu trasformata in municipio romano e in periodo imperiale, tra il I e il III secolo d.C., si sviluppò nuovamente. Nel corso del V e del VI secolo iniziò a decadere per l’impaludamento della zona. Un secolo dopo l’area era completamente abbandonata.
Sibari è stata ricercata per anni, come la perduta Atlantide e non ancora tutto è affiorato. Una stratificazione di tre città: quella che vediamo in superficie è Copia romana, sorta su Thurii ateniese al tempo di Pericle e sopra Sibari arcaica dell’VIII secolo a.C, coeva alla fondazione di Roma, esprime la sua storia archeologica che emerge dal sottosuolo.
Mentre la maggioranza degli studiosi cercava l’antica Sibari nelle zone collinari del territorio, Umberto Zanotti Bianco (primo presidente di Italia Nostra) era convinto che un centro importante e dai ricchi scambi con l’Oriente non poteva che sorgere vicino alla costa ed essere dotata di un porto fluviale. Nel 1932 una colonna affiorante dal terreno, in area non lontano dalla costa, gli dava ragione, portandolo alla scoperta di Sibari. Le campagne sistematiche di scavi al Parco del Cavallo tra il 1960-62 e su area più vasta tra il 1969-1975 e i saggi per dimostrare l’esistenza della Sibari arcaica, sotto Thurii e Copia, comprovano definitivamente il ritrovamento di Sibari.
L’intensificarsi delle ricerche di superficie e degli scavi in siti della Calabria settentrionale ha consentito di dare sempre maggiore consistenza alle ipotesi storiche formulate sull’antica Sibari e sul suo “impero”. A partire dalla fine degli anni Novanta e fino ad oggi, una missione composta da archeologi di diverse Università italiane e straniere, della Scuola Archeologica Italiana di Atene e da archeologi greci ha intrapreso un progetto di scavi regolari a Sibari, grazie al quale la conoscenza archeologica del sito si è enormemente ampliata. Notevole importanza hanno avuto, inoltre, le ricerche archeologiche nelle località poste ai limiti della piana di Sibari: siti come Francavilla Marittima erano noti archeologicamente molti decenni prima di Sibari stessa. Infatti ricerche condotte nel 1879 e ancora nel 1887 avevano portato alla scoperta di una vasta necropoli dell’età del ferro, con ricchi materiali anche precedenti l’età della colonizzazione greca, ai piedi della collina.
I reperti archeologici dell’antica città sono oggi custoditi nel Museo archeologico nazionale della Sibaritide.
I siti archeologici sono distinti in: “Parco del cavallo“, “Prolungamento Strada” e “Casabianca“, contigui fra di loro, a cui si deve aggiungere “Stombi“, più distante da questi tre.
La parte aperta al pubblico è quella di “Parco del cavallo“; un’area vasta di 500 metri di lato, ubicata due chilometri più a Sud del Museo archeologico.
Sull’area insistono vincoli già apposti finalizzati alla prevenzione dal rischio idrogeologico, di frana (Piano di bacino) e sismico, alla tutela dei valori di paesaggio, delle fasce profonde mt 150 dai corsi d’acqua, del patrimonio artistico, storico e archeologico (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, DL 42/2004) vincoli conseguenti dalla dichiarazione di Sito di Interesse Comunitario della pineta costiera, dei siti ricadenti nel perimetro dichiarato dall’Unesco “di interesse mondiale” e vincoli demaniali.
Le maggiori minacce che insistono sull’intero sito sono:
- il rischio di esondazione del Crati, che scorre a poche decine di metri;
- la consistente risalita di acqua a causa di una falda freatica;
- l’ubicazione delle strutture antiche a 4 metri sotto il piano attuale di campagna;
- l’andamento della vecchia S.S. 106 che attraversa e divide l’area degli scavi.
BREVE PERCORSO DEL RECUPERO IMMAGINATO
La proposta del Parco Archeologico di Sibari non può prescindere dalla considerazione della sua importanza storico-culturale (è uno dei siti più importanti dell’Italia Meridionale e dei più estesi d’Europa) e dalle criticità che lo attaccano. Per questo è necessario indirizzare il rilancio di Sibari seguendo un doppio filone di interventi: infrastrutturali e di fruizione locale.
Alla luce di quanto finora esposto, per dare a Sibari la centralità di cui godono i parchi archeologici più frequentati della penisola è indispensabile calarla al centro di una rete di trasporti che ne garantisca la raggiungibilità durante tutto l’arco dell’anno.
A questo scopo, in linea con le previsioni dei piani territoriali e intercomunali, gli interventi infrastrutturali che si propongono sono:
- potenziamento delle tratte ferroviarie che arrivano a Sibari, in un’ottica integrata con gli orari del parco;
- dotazione di navette/bus urbani che conducano dalla stazione al Parco e di interconnessione tra parco e museo;
- valorizzazione del percorso di arrivo con illuminazione e istallazioni finalizzate alla crescita della conoscenza del patrimonio conservato nel parco e nel museo;
- pista ciclabile e servizi di bike/car sharing da utilizzarsi nel percorso stazione/sito/museo;
- eliminazione dell’ingresso/uscita al parco, appena realizzata, ma pericolosa;
- deviazione della vecchia SS 106 per eliminare la divisione in cui si trova il parco;
- creazione di un’adeguata area di parcheggio pullman e automobili;
- collegamenti diretti dal porto di Corigliano al parco;
- riconoscimento UNESCO.
- più risorse per il taglio dell’erba e la pulizia;
- occorre espletare i bandi per le guide turistiche, per illustrare gli scavi ai visitatori in diverse lingue;
- predisposizione di audioguide e realizzazione di un
- occorrono risorse per approfondire la conoscenza di Sibari;
- occorre testare le trincee drenanti, attraverso un monitoraggio previsto nel finanziamento, ma mai effettuato, e ricercare sistemi innovativi.
Oltre all’indispensabile processo di integrazione di Sibari nella rete della mobilità, l’emergenza prioritaria da neutralizzare è l’azione dell’acqua. È indispensabile per il corretto e armonico sviluppo del Parco Archeologico di Sibari la protezione dalle esondazioni del Crati, dalle piogge torrenziali e dalla risalita dell’acqua. Le iniziative intraprese fino a oggi sono state certamente condotte con gli scopi più nobili, tuttavia si sono rivelate inefficaci. Sibari rappresenta una realtà unica nel mondo e merita di essere salvata dall’acqua. In quest’ottica di urgenza la proposta verte su mettere Sibari al centro di un dibattito tecnico-scientifico di studio e analisi di ingegneria civile, ambientale e idraulica, con la conseguente redazione di un progetto efficace e duraturo nel tempo.