Solo un anno fa, a Casteldaccia, la piaga del consumo di suolo e dell’abusivismo causarono la morte di un’intera famiglia. Tutto dimenticato, tutto rimosso ma le piene dell’Arno che hanno tenuto con il fiato sospeso Pisa pochi giorni orsono e la piena del Po, che in queste ore sta facendo paura alla bassa padana, a Cremona e in Emilia, ci ricordano che i problemi del dissesto idrogeologico e del governo dei bacini dei nostri fiumi necessitano di risorse e soluzioni spesso complesse, che la politica e le istituzioni stentano a trovare.
1.100 km di arginature lungo il fiume Po e i 1.500 km di arginature degli affluenti principali costituiscono un’infrastruttura molto importante per la tutela del territorio e in questo momento il 34% della superficie del distretto è allagabile, per un totale del 22% degli abitanti (ovvero 4 milioni di persone) soggetti a rischio idraulico.
Questi sono i dati di una realtà molto complessa, che necessita di un nuovo approccio nei confronti del territorio e della sua tutela: sistemi di monitoraggio sempre più efficaci e integrati ‒ in quanto al momento i dati non sono sufficienti e riguardano principalmente l’asta principale e troppo poco le secondarie; ripristino delle zone umide che rivestono un ruolo fondamentale sia per le piene che per far fronte alla scarsità di acqua: utilizzo del reticolo idrografico minore, costituito da oltre 50.000 km lineari di canali di vario ordine e grado, che penetrano in modo ramificato e diffuso nel sistema antropizzato. La sfida consiste nell’essere in grado di prevedere e anticipare i cambiamenti climatici salvaguardando, con la natura, un sistema economico e sociale di grande valore, superando le ambiguità e le contraddizioni che bloccano l’azione concreta.
Quello che però non si deve fare è invece chiaro a tutti: non si devono più costruire case o capannoni nelle aree di esondazione dei fiumi e dei torrenti. Sembra un concetto semplice e invece si continua imperterriti a costruire, tombando perfino i torrenti, come è successo per il caso Crescent a Salerno. Sul caso Italia Nostra è intervenuta coi ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, ma la carta bollata non è l’unico strumento per vincere questa battaglia. E’ necessaria una sensibilità diffusa sul tema tra i cittadini e gli addetti ai lavori – costruttori, ingegneri, architetti, geometri, uffici tecnici degli enti comunali e regionali – e una legge contro il consumo di suolo.
Sono anni che la proposta di legge giace dimenticata tra le tante inevase dal Parlamento, senza che si trovi una maggioranza pronta a votarla e chi lancia più tweet sulle sventure degli alluvionati, si scopre poi essere tra coloro che si oppongono.
ITALIA NOSTRA
In questi giorni di allerta rossa per i nostri fiumi, Italia Nostra dedica il numero 505 del suo giornale alla situazione ecologica, idrogeologica, climatica, culturale e paesaggistica del bacino del Po: https://www.italianostra.org/in-arrivo-il-nuovo-numero-del-bollettino-il-bacino-del-po-un-ecosistema-da-salvare/
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