Le campagne

Data: 9 Novembre 2020

Rocca Montevarmine a Carassai: segnalazione per la lista rossa

Indirizzo/Località: Strada Provinciale 58/23 – Carassai (Ascoli Piceno)

Tipologia generale: Opere difensive e di incastellamento

Tipologia specifica: castello

Configurazione strutturale: risulta essere l’unico castello non rimaneggiato delle Marche. Nel territorio della Rocca insistono anche circa 700 ettari di terreno, in massima parte incolto

Epoca di costruzione: sec. IX

Comprende: rocca longobarda con un maschio con merlature ghibelline alto circa 35 mt. comprendente la chiesa di San Luca, ed il cimitero di San Luca risalente al ‘400. Nel territorio della Rocca insistono anche circa 700 ettari di terreno, in massima parte incolto, comprendente la chiesa di Sant’Angelo in Piano (a valle), restaurata parzialmente nell’anno 2000, con accesso consentito ad eccezione della parte absidale (per pericolo crolli)

Uso attuale: in stato di abbandono, le mura perimetrali sono invase da erbacce, arbusti e cespugli che, piano piano ne coprono la vista, mentre al suo interno si notano crolli di molti soffitti ed una pericolosissima inclinazione della Torre

Uso storico: il ruolo di efficiente strumento di difesa esercitato contro incursioni o feroci saccheggi, dal 1290 fino al 1397 i signori ghibellini di Massa e Montappone detennero il potere su Montevarmine, determinandone così la rovina. Acquisita da un tale Matteo Mattei, nel 1397, fu ceduta attraverso un atto testamentario alla Confraternita di Santa Maria della Carità per divenire un accogliente centro di assistenza per anziani e invalidi. Cosa che accadde. Divenne prima ospedale e poi brefotrofio.

Condizione giuridica: proprietà del comune di Fermo, che l’ha ereditata dall’Opera Pia Brefotrofio, insieme ai suoi 700 ettari di terreno

Segnalazione: dell’aprile 2020 – aggiornamento dalla precedente segnalazione del 14 ottobre 2019 – segnalazione della sezione di Fermo di Italia Nostra – fermo@italianostra.org

Motivazione della scelta

Rocca longobarda risalente al IX secolo, con un maschio con merlature ghibelline alto oltre 30 metri, risulta essere l’unico castello non rimaneggiato delle Marche. Nel territorio della Rocca insistono anche circa 700 ettari di terreno, in massima parte incolto, comprendente la chiesa di Sant’Angelo in Piano (a valle) di epoca farfense, restaurata parzialmente nell’anno 2000, con accesso consentito ad eccezione della parte absidale (per pericolo crolli) ed il cimitero di San Luca risalente al ‘400.

Si ritiene indispensabile il suo recupero e rifunzionalizzazione per non perdere testimonianza di un bene di sicuro interesse storico, architettonico ed artistico, inserito in un comprensorio di sicura valenza turistica e di assoluto valore culturale.

La Rocca di Montevarmine sorge fra il fiume Aso e Menocchia. Secondo lo studioso Giuseppe Michetti il castello, dall’aspetto eterogeneo, trae l’origine del nome dal termine longobardo ward, guardia. Il toponimo stesso indica il ruolo di efficiente strumento di difesa esercitato contro incursioni o feroci saccheggi e convalida l’idea secondo la quale il castello fosse originariamente una proprietà del signore longobardo Longino D’Attone. Molto probabilmente, in principio si trattava di un “casalivo”, una fattoria dotata di fortificazioni e realizzata secondo i dettami di quella che attualmente è conosciuta come la “Civiltà del legno”. Mentre in quella prima fase insediativa, lo scopo del sedimen era di vigilare sul nucleo abitativo e soprattutto sulle colture fondamentali per l’economia domestica, in un secondo momento la cinta muraria assunse un aspetto più marcatamente militare. Dal 1060, anno cui risale la più antica documentazione scritta sulla Rocca, i vari vescovi di Fermo si alternarono con piena potestà giudiziale nella manutenzione del castello di origine altomedievale. Dal 1290 fino al 1397 i signori ghibellini di Massa e Montappone detennero il potere su Montevarmine, determinandone così la rovina. Acquisita completamente e ristrutturata da un tale Matteo Mattei (Matteo di Buonconte), nel 1397, fu ceduta attraverso un atto testamentario soltanto venti anni dopo. Il proprietario, difatti, la donò alla Confraternita di Santa Maria della Carità con la viva speranza che l’intera struttura potesse divenire un accogliente centro di assistenza per anziani e invalidi. La sua presenza è tuttora attestata mediante un bassorilievo raffigurante la Madonna con Bambino e uno stemma dell’ospedale databile intorno al 1421, entrambi incastonati sopra un portale del lato est. La Rocca, a pianta rettangolare, mostra ancora oggi i segni dell’intervento di ristrutturazione disposto intorno alla fine del XIV secolo per il consolidamento del preesistente apparato difensivo. A rafforzare l’idea che la Rocca avesse particolare bisogno di difesa contro aspre scorribande di predoni, il rinvenimento di una “bombardella manesca” del XIV secolo, una delle prime armi da fuoco maneggevoli.

Costituita da un circuito murario piuttosto robusto, la Rocca era guarnita da un massiccio mastio in laterizio con merlature ghibelline. Alto circa 35 metri, ancora oggi mostra i segni di un efficace apparato a sporgere, realizzato per favorire la difesa piombante. Il camminamento militare che incorniciava la cinta muraria è andato perduto, ma verosimilmente era collegato alla torre maestra mediante un ponte su archi. L’intero impianto ha subito innumerevoli modifiche funzionali dopo l’insediamento dell’ospedale ed è stato corredato di nuove piccole strutture, come l’abitazione del cappellano andata irrimediabilmente perduta o la chiesa di San Pietro addossata alla cortina nord, dove un tempo vi era la pregevole Crocifissione di Vittore Crivelli, attualmente conservata nella Pinacoteca Civica di Fermo.

 

BREVE PERCORSO DEL RECUPERO IMMAGINATO PER LA MAPPA DEL RECUPERO

Una volta recuperata totalmente e messa in sicurezza la Rocca (ivi compresi il Cimitero di San Luca, con l’attigua chiesetta del ‘400, e la chiesa di origine farfense di Sant’Angelo in Piano, entrambi inclusi nel territorio di competenza della Rocca), potrebbe essere gestita per visite guidate, incontri, conferenze, concerti, come centro didattico-naturalistico per bambini e studenti ed anche come punto di accoglienza “alberghiera” visto che il territorio si presta molto allo sviluppo del turismo ciclistico sia dai volontari di Italia Nostra delle sezioni di Fermo e di Ascoli Piceno, sia da un comitato di estimatori e volontari costituitosi a Carassai sull’onda della sensibilizzazione già messa in atto dalla sezione di Fermo di Italia Nostra in occasione della Settimana del Patrimonio Culturale 2019 con la passeggiata, la visita e il sopralluogo di tutto il comprensorio ed il dibattito scaturito grazie alla partecipazione di numerosi partecipanti all’iniziativa.

RIFERIMENTI ICONOGRAFICI E LETTERARI

https://www.youtube.com/watch?v=vmq7O_tXppk

 

TESTO PRECEDENTE SEGNALAZIONE

Nel 1417, quando Matteo di Buonconte lascia per testamento all’ospedale di Santa Maria della Carità di Fermo i suoi possedimenti nel castello di Varmine, oggi territorio del comune di Carassai, trasforma parte della sua privata proprietà in bene pubblico, garantendone la preservazione e la funzione. In tal modo al lascito di Matteo di Buonconte il papa Eugenio IV nel 1431 aggiunge i beni e il monastero di Sant’Angelo in Piano. Si costituisce così già a inizio Cinquecento una tenuta agraria compatta di ben 700 ettari nella fertile media valle dell’Aso che svolge per molti secoli una importante finalità sociale alimentando e sostenendo fino agli anni Ottanta del Novecento una delle strutture più importanti delle Marche nell’assistenza a neonati e minori abbandonati, conosciuta come Opera Pia Brefotrofio.

Per oltre cinque secoli la gestione della terra di tale bene pubblico non ha previsto vendite e privatizzazioni, ha invece incrementato il patrimonio comune fino a dotare i fondi di circa 40 case coloniche, ha dato lavoro a numerose famiglie contadine senza terra (nel corso dell’Ottocento nella tenuta si sono sfiorati i 700 residenti). La “torsione” politico-culturale, che dà l’avvio ad un periodo di degrado dell’intero bene, avviene alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, quando l’Opera Pia Brefotrofio viene estinta e i suoi beni trasferiti al Comune di Fermo.

I beni dell’Opera Pia Brefotrofio sono trasferiti al Comune di Fermo con decreto del Presidente della Giunta Regionale delle Marche n. 1413 del 16 marzo 1989. La tenuta agraria di Rocca Monte Varmine diventa per gli amministratori della città un bene patrimoniale identico ad altri, trasferibile, privatizzabile, chiamato semplicemente a portare denaro nel bilancio comunale, tutt’al più da destinare – unico vincolo – ad attività e servizi sociali. Gli elementi che segnano l’impoverimento di visione possono essere individuati in:

La Rocca di Montevarmine sorge fra il fiume Aso e Menocchia. Secondo lo studioso Giuseppe Michetti il castello dall’aspetto eterogeneo trae l’origine del nome dal termine longobardo ward, guardia. Il toponimo stesso indica il ruolo di efficiente strumento di difesa esercitato contro incursioni o feroci saccheggi e convalida l’idea secondo la quale il castello fosse originariamente una proprietà del signore longobardo Longino D’Attone. Molto probabilmente, in principio si trattava di un “casalivo”, una fattoria dotata di fortificazioni e realizzata secondo i dettami di quella che attualmente è conosciuta come la “Civiltà del legno”. Mentre in quella prima fase insediativa, lo scopo del sedimen era di vigilare sul nucleo abitativo e soprattutto sulle colture fondamentali per l’economia domestica, in un secondo momento la cinta muraria assunse un aspetto più marcatamente militare. Dal 1060, anno cui risale la più antica documentazione scritta sulla Rocca, i vari vescovi di Fermo si alternarono con piena potestà giudiziale nella manutenzione del castello di origine altomedievale. Dal 1290 fino al 1397 i signori ghibellini di Massa e Montappone detennero il potere su Montevarmine, determinandone così la rovina. Acquisita completamente e ristrutturata da un tale Matteo Mattei (Matteo di Buonconte), nel 1397, fu ceduta attraverso un atto testamentario soltanto venti anni dopo. Il proprietario, difatti, la donò alla Confraternita di Santa Maria della Carità con la viva speranza che l’intera struttura potesse divenire un accogliente centro di assistenza per anziani e invalidi. La sua presenza è tuttora attestata mediante un bassorilievo raffigurante la Madonna con Bambino e uno stemma dell’ospedale databile intorno al 1421, entrambi incastonati sopra un portale del lato est.

La Rocca, a pianta rettangolare, mostra ancora oggi i segni dell’intervento di ristrutturazione disposto intorno alla fine del XIV secolo per il consolidamento del preesistente apparato difensivo. A rafforzare l’idea che la Rocca avesse particolare bisogno di difesa contro aspre scorribande di predoni, il rinvenimento di una “Bombardella manesca” del XIV secolo, una delle prime armi da fuoco maneggevoli. Costituita da un circuito murario piuttosto robusto, la Rocca era guarnita da un massiccio mastio in laterizio con merlature ghibelline. Alto circa 35 metri, ancora oggi mostra i segni di un efficace apparato a sporgere, realizzato per favorire la difesa piombante. Il camminamento militare che incorniciava la cinta muraria è andato perduto, ma verosimilmente era collegato alla torre maestra mediante un ponte su archi. L’intero impianto ha subito innumerevoli modifiche funzionali dopo l’insediamento dell’ospedale ed è stato corredato di nuove piccole strutture, come l’abitazione del cappellano andata irrimediabilmente perduta o la chiesa di San Pietro addossata alla cortina nord, dove un tempo vi era la pregevole Crocifissione di Vittore Crivelli, attualmente conservata nella Pinacoteca Civica di Fermo.

Per il pericolo di crolli, soprattutto delle mura di cinta, non tanto del maschio, Rocca Montevarmine non è assolutamente accessibile, così come la Chiesa di Sant’Angelo in Piano nella parte absidale ed il cimitero quattrocentesco con l’annessa chiesetta di San Luca. Tutti i beni menzionati sono stati interdetti al pubblico dal comune proprietario di Fermo, inibendone così la fruizione trascurando che, trattandosi appunto di bene pubblico, deve essere messo in sicurezza per garantirne la disponibilità.

Si ritiene indispensabile il recupero anche al fine di risollevare l’economia locale già duramente provata dagli effetti del sisma degli anni 2016/17, perché riferito ad un comprensorio di sicuro richiamo turistico e di assoluto valore storico-culturale. Trattasi di un bene di significativo valore che non deve essere gestito con negligenza. La sua tutela è un dovere assoluto del comune proprietario di Fermo, mentre Italia Nostra è tenuta a sorvegliare e proteggere al fine di una sua certa e definitiva preservazione.

Possibili progetti finalizzati al recupero/usi possibili

Una volta recuperata totalmente e messa in sicurezza la Rocca (ivi compresi il Cimitero di San Luca e la chiesa di origine farfense di Sant’Angelo in Piano), potrebbe essere gestita per visite guidate, incontri, conferenze, concerti, ecc. sia dai volontari di Italia Nostra delle sezioni di Fermo e di Ascoli Piceno, sia da un comitato di estimatori e volontari costituitosi a Carassai sull’onda della sensibilizzazione messa in atto dalla sezione di Fermo di Italia Nostra in occasione della Settimana del Patrimonio Culturale 2019 con la passeggiata, la visita e il sopralluogo di tutto il comprensorio ed il dibattito scaturito grazie alla partecipazione di oltre 70 partecipanti all’iniziativa.

Note ed osservazioni

Si reputa indispensabile l’interessamento da parte della Sede Centrale di Italia Nostra per avere visibilità in un contesto che ha assoluta necessità di credito e di stima, allo scopo di incoraggiare la ripresa turistica, sociale e culturale di un territorio fortemente provato dagli eventi sismici degli anni 2016 e 2017

 

Ci daresti una mano?

Regalati la tessera di Italia Nostra e donala ai tuoi amici per proseguire una storia lunga oltre 65 anni di iniziative, progetti e battaglie per il Paese.

Italia Nostra
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy