Italia Nostra

Data: 7 Novembre 2018

Assalto speculativo ai fiumi italiani

È stata depositata alla camera, il 23 marzo di quest’anno, la proposta di legge n. 260 a firma di 16 deputati (prima firma Guidesi) recante Disposizioni per la manutenzione degli alvei dei fiumi e dei torrenti“. La proposta di legge prevede di dare ai Presidenti delle Regioni, “in via sperimentale” per 3 anni, poteri speciali straordinari, per autorizzare con procedura di “somma urgenza”, il dragaggio dei fiumi. L’intento è quello di “ristabilire l’assetto plano-altimetrico degli alvei e dei corridoi fluviali tenendo conto della traiettoria evolutiva storica degli alvei (art.1) del “ripristino della sezione originale di deflusso” e che a tale fine possano essere autorizzata “l’estrazione di ciottoli, ghiaia e sabbia e altre materie dal letto dei fiumi, torrenti e canali pubblici, fino al ripristino del livello dell’alveo” (art.2). Infine prevede che il materiale cavato venga ceduto gratuitamente ai cavatori, come “compensazione” del lavoro svolto.

Dopo  circa mezzo secolo si intende riprendere in Italia  il prelievo di materiale lapideo dagli alvei dei fiumi, bagnati e di piena. Questa pratica era stata vietata per i suoi effetti devastanti dal punto di vista idrologico-idrico dagli anni ’70 e la ghiaia è stata considerata “patrimonio indisponibile dello Stato”. La ragione è semplice; il profilo delle pendenze del letto di ogni corso d’acqua è in equilibrio dinamico continuo tra la zona a monte, ad elevata pendenza, soggetta naturalmente ad erosione, quella  intermedia ad erosione-deposito e quella di pianura, a bassa pendenza, tipicamente di deposito del materiale costituente il trasporto solido naturale. L’escavazione di un tratto provoca sempre lo scivolamento, ad opera della corrente, del materiale lapideo dall’alveo a monte e in definitiva un fenomeno erosivo rimontante di materiale che va a colmare i volumi sottratti con l’attività di cava con conseguente abbassamento dell’alveo per svariati chilometri. Ne deriva che se a monte, anche a distanza di chilometri, vi sono ponti con piloni in alveo, questi vengono scalzati alla base e possono collassare anche dopo diverso tempo.

Il dispositivo della legge espone, inoltre, a consistenti abusi dal momento che non è definibile l’altimetria esatta da ripristinare con lo scavo (metri sul livello del mare) nel fondo di un fiume in un determinato luogo, né nell’intero corridoio fluviale, non essendo nota la situazione di un periodo storico indefinito. La legge, se approvata, renderebbe possibile scavare in ogni sua parte dell’intero “corridoi fluviale”, liberamente e in abbondanza.

Italia Nostra ritiene che i nostri corsi d’acqua, beni comuni, non possano essere esposti agli interessi del profitto privato dei cavatori, i quali verrebbero autorizzati da questa proposta di legge ad impossessarsi e a rivendere  ciottoli, ghiaia e sabbia  come “compensazione” del lavoro svolto. Un tempo i privati che svolgevano questa tipologia di lavoro dovevano pagare oneri di concessione, già allora bassi rispetto ai profitti realizzati vendendo un bene comune e insignificanti rispetto ai danni provocati al paesaggio e alla natura.  Tale pratica era criticata come svendita di beni comuni ma oggi una legge vorrebbe far riprendere le escavazioni dannosi per la collettività e addirittura  regalare ai privati i profitti connessi.

Per quanto riguarda la previsione di “mitigazione del rischio geologico attraverso la stabilizzazione dei versanti”, che si vorrebbe disporre con la legge, si tiene a ricordare che tale stabilizzazione, potente ed efficace, è data gratuitamente dalla vegetazione fluviale, elemento naturale fondamentale del paesaggio. Pertanto la nostra Associazione, esprime la più ferma contrarietà alla sua eliminazione per poi sostituirla con cemento e gabbioni col pietrame.

Questa proposta è pericolosa per la sicurezza dei cittadini, per i fiumi, e confligge con la Direttiva Europea 2000/60 CE e con il testo Unico Ambientale (Decreto lesislativo 152/06) che invece impongono il risanamento ecologico-ambientale e chimico-fisico dei fiumi e dei torrenti e vietano di peggiorare la situazione esistente. La distruzione delle componenti biotiche fluviali (macroinvertebrati, macrofite, microalghe diatomiche, pesci) la cui presenza equilibrata è posta dalla normativa vigente alla base del giudizio di qualità di “buono stato”, impedirà ai fiumi del nostro Paese di raggiungere gli obiettivi di qualità fissati dall’Unione Europea. È foriera pertanto di un possibile procedimento europeo di infrazione con conseguenti sanzioni. Infine, confligge con l’art. 9 della Costituzione che tutela il paesaggio.

Esistono tuttavia casi in cui per motivi di sicurezza occorre intervenire con un dragaggio degli alvei, e questo si puó fare (come avviene comunemente) nel quadro legislativo esistente ma questa è opera e competenza della Pubblica Amministrazione e non di privati interessati a impossessarsi del materiale litoide dragato. In quei casi – rari – le cose vanno fatto con criterio, con valutazione dell’impatto ambientale e con metodi ecologicamente compatibili, già normati da anni in altri Paesi come l’Inghilterra.

 

ITALIA NOSTRA

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Flavia Corsano

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