Italia Nostra

Data: 2 Aprile 2014

I parchi nazionali: alcune considerazioni

Una breve premessa: nel 1991, a seguito delle battaglie del movimento ambientalista italiano è approvata in Parlamento la legge quadro 394 per disciplinare l’istituzione, gestione e valorizzazione delle aree protette. In circa vent’anni sono istituiti 23+1 parchi nazionali che oggi coprono una superficie di oltre 1.500.000 ettari (15.000 km²) corrispondente a circa il 5% del territorio nazionale.

L’art 1 della legge, richiamandosi agli articoli 9 e 32 della Costituzione,  individua nei parchi gli strumenti per la conservazione in situ della biodiversità, della tutela del paesaggio e dei beni comuni in essi situati, della valorizzazione del patrimonio naturale (comprese le formazioni geologiche e geomorfologiche, la biodiversità nei sui diversi livelli: genetica, specie, popolazioni, ecosistemi, habitat, paesaggi, cultura) e la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici.

Ciò che invece non approfondisce è che nei parchi nazionali italiani insiste una straordinaria realtà di pari valore rispetto alla biodiversità e conservazione della flora: una importante testimonianza del patrimonio paesaggistico, archeologico e monumentale italiano. Un contesto culturale che è parte  integrante e inscindibile dal  contesto naturale.

In Italia i beni culturali sono infatti una realtà che caratterizza significantemente il Paesaggio. Questo patrimonio, quando è inserito nella realtà dei parchi, costituisce un insieme esemplare per documentare il rapporto secolare tra uomo e natura . Questa particolarità delle aree protette italiane è confermata dalla circolare del Ministero dell’Ambiente, del 21 ottobre 2013, firmata dall’ex Ministro Orlando (Direttive agli enti parco nazionali e alle aree marine protette per l’indirizzo delle attività dirette alla conservazione della biodiversità)  nella quale viene richiesto “a completamento del quadro conoscitivo dei valori salvaguardati, ogni ente parco dovrà fornire la mappatura dei beni archeologici e di quelli storici e architettonici (alla luce di appositi vincoli apposti dall’Amministrazione centrale e periferica per i beni culturali) presenti nel territorio del parco”.

Non è un caso dunque che questo sia stato uno dei temi dai quali è partito il confronto delle Associazioni Mountain Wilderness, Italia Nostra, Touring, CTS, quando nel 2010 ci si è riuniti a discutere e valutare con FAI, WWF, LIPU e Pro Natura il merito e l’opportunità di modificare la 394/91.

In quasi 20 anni di vita,  infatti, l’esperienza dei 23+1 parchi nazionali (con declinazioni e storie diverse) ha dimostrato che un’ottima  legge non sempre corrisponde ad una buona attuazione.

Così quando, circa 4 anni fa , il senatore D’Ali (PdL) appoggiato dai senatori Della Seta e Ferrante (PD) hanno proposto in Commissione ambiente di modificare la legge quadro in nome di una modernizzazione delle sue funzioni, le 8 associazioni hanno più volte rivolto un  appello al Parlamento perché si mettesse mano solo alla parte veramente critica della legge (quella delle aree marine protette non dotata di un capitolo di spesa adeguato per farle funzionare) e , prima di cambiare il testo, fossero favorite le condizioni per avviare un confronto tra tutte le parti interessate sul rilancio del ruolo dei parchi e delle riserve naturali a garanzia di un’efficace conservazione del patrimonio naturale e culturale del Paese.

Questo non è avvenuto e proprio in questi giorni la Commissione Ambiente del Senato è impegnata a discutere il  testo unificato di tre ddl presentati nella XVII Legislatura da parte dei senatori D’Alì, De Petris e Caleo.

L’analisi del testo unificato dei 3 ddl, la valutazione di una proposta di legge (iniziativa dei deputati Valiante e Realacci, ddl n. 941/2013) alla Camera per modificare l’art.145 del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (decreto legge 42/2004) in materia di coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione, la discussione maturata tra le 8 associazioni sui temi della tutela e governance nei parchi, hanno evidenziato la necessità di fare quadrato rispetto ad alcuni aspetti che espongono criticamente l’attuale missione conservativa dei parchi nazionali e del patrimonio in essi situato (aree archeologiche, centri storici, complessi monumentali).

Il lavoro dei due rami del Parlamento sembra infatti orientato a convergere verso una visione di amministrazione delle aree protette tesa ad un’impostazione più attenta agli interessi localistici della comunità del parco e pronta a subordinare “in nome dello sviluppo”  le disposizioni a garanzia della tutela paesaggistica e del patrimonio naturale e monumentale per legge (Titolo V) affidata istituzionalmente allo Stato tramite l’operato delle Soprintendenze.

Nel corso degli ultimi mesi, le Associazioni  hanno sottolineato all’unisono il proprio dissenso nell’ipotesi di attribuire il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche da parte degli Enti Parco esautorando il ruolo delle Soprintendenze che, in base alla norma attuale,  devono esprimere un parere vincolante sugli interventi da eseguire su immobili ed aree sottoposte a specifica tutela paesaggistica. Tale proposta  potrebbe infatti portare ad un indebolimento delle procedure di verifica dei possibili impatti su progetti concernenti opere, beni ed aree di elevato valore culturale e paesaggistico (difficile non considerare la criticità delle strutture tecniche degli Enti Parco attualmente privi di personale con competenze specifiche in materia di beni culturali e paesaggio). Il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche esula inoltre dalle finalità istituzionali e dalle competenze tecnico-scientifiche degli Enti Parco (l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio. Il cambiamento del soggetto preposto al rilascio delle autorizzazioni non farebbe venir meno la necessità di valutare, con specifiche analisi tecnico-discrezionali, la compatibilità paesaggistica degli interventi).

Altro elemento di criticità emerso nell’analisi del testo unificato è la composizione dei consigli direttivi a  garanzia di una buona governance delle attività svolte nei parchi.

Le associazioni hanno chiesto  di recuperare i termini descritti nel collegato ambientale della legge di Stabilità approvata alla Camera nel dicembre 2013 dal Governo Letta e sancita dal Decreto del Presidente della Repubblica n.73 del 16 aprile 2013. La proposta delle 8 associazioni è mantenere la riduzione dei membri del consiglio direttivo da 12 a 8 membri. Eliminare l’accordo Minambiente-Regioni per la designazione del Presidente del Parco che è stato problematico nel passato e spesso conseguenza di commissariamenti. Subordinare la designazione del Direttore ad una selezione attraverso bando per titoli su indicazioni del Minambiente.

In merito alla composizione dei membri del direttivo degli enti parco si è richiesta  una valutazione delle competenze e una modifica dei soggetti coinvolti . Nell’organo di governo degli enti parco devono infatti prevalere gli interessi pubblici generali rispetto ai pur legittimi interessi particolari e di settore (es proposta inserimento rappresentante delle associazioni degli agricoltori che, a ns parere, già può trovare la sua espressione nel membro designato dal Ministero delle Politiche Agricole). A tale proposito si è chiesto di valutare l’inserimento di un esperto del Mibact per compensare le necessarie competenze in materia di tutela paesaggistica e beni culturali.

La composizione e le competenze del consiglio direttivo in questo modo risulterebbero più equilibrate con:

  • Il Presidente

a) Quattro membri su designazione della Comunità del parco, con voto limitato;

b) uno, su designazione del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ;

c) uno, su designazione del Ministero dei beni ed attività culturali e del turismo;

d) uno, su designazione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) o su designazione dell’Accademia nazionale dei Lincei, della Società botanica italiana, dell’Unione zoologica italiana o delle Università degli studi con sede nelle regioni nei cui territori ricade il parco;

e) uno, su designazione delle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

Concludendo:

Per le 8 associazioni le aree naturali protette proprio perché espressione del valore straordinario del  patrimonio naturale e paesaggistico italiano  esigono  un regime speciale di tutela e gestione.  I parchi nazionali devono essere messi in relazione attraverso le reti ecologiche e la pianificazione paesaggistica (l’articolo 9, in quanto incardinato tra i Principi generali della Carta costituzionale, è sovraordinato   all’intero Titolo V). Ciò perché la  valorizzazione non riguarda solo il comparto economico,  ma anche il riconoscimento del valore materiale ed immateriale che essa è capace di esprimere come patrimonio naturale,  paesaggistico  e monumentale.

Realtà come il Parco archeologico dell’Appia Antica o, forse l’ormai possibile, Parco Fori-Appia debbono divenire occasioni di momenti di confronto proficuo tra il Minambiente e il Mibact.  Assicurare una gestione efficace e unitaria delle aree protette rispetto alla loro missione   può infatti rivelarsi la vera opportunità per le comunità locali che su esse insistono.

Ebe Giacometti

Consigliere Nazionale di Italia Nostra

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