Italia Nostra

Data: 20 Aprile 2020

Italia Nostra Sulmona: che il Paese riparta dai Borghi.

Le giornate passate in casa per proteggerci da un nemico invisibile, cercando di limitarne il contagio, valutando le drammatiche conseguenze sull’economia inducono anche noi di Italia Nostra, Sezione di Sulmona/Castel di Sangro,  ad una riflessione. Innanzi tutto cosa abbiamo imparato da questa crisi, capire quali debbano essere i nuovi comportamenti una volta sconfitta la pandemia, e come affrontare ed evitare nuovi casi simili se non cambiamo modello di sviluppo.

 Il coronavirus ci ha messo di fronte alle nostre fragilità.

Questo invisibile virus ha ridotto la nostra libertà di movimento e di azione; a volte fragile e perciò soccombente,  altre volte aggressivo e agguerrito fino alla fine.

Questo invisibile virus ha dimostrato che “siamo una parentesi nell’Universo e apparteniamo tutti alla stessa specie”.

Questo invisibile virus ci ricorda che la natura è più forte di noi. Non siamo noi a dominare il pianeta, è lui che ci sopporta.

 Però…. quello che potrebbe sembrare il male assoluto, potrebbe trasformarsi in risorsa. Come?

Dovremmo innanzitutto ripensare il nostro modo di vivere, riflettere sul nostro rapporto con l’ambiente, di non far prevalere gli interessi economici sopra la sopravvivenza: serve una svolta culturale. Di certo, il coronavirus si sta rivelando, a un prezzo altissimo, un’opportunità unica per ripensare a stili e modelli di vita più sostenibili. Secondo alcuni  scienziati mentre è in corso la pandemia da coronavirus, e si accavallano le strategie degli stati sulle misure sanitarie e ambientali da intraprendere, si apre, però, una nuova sfida, per migliorare la nostra futura qualità della vita. E’sempre più evidente che la vita nelle grandi città è molto difficile:la qualità della vita è condizionata dal traffico, dallo smog velenoso, dai rumori, dalla fretta, dalla scarsa pulizia, dal lavoro, da servizi elefantiaci che fanno perdere giornate intere a moltitudini di persone,ecc. I costi delle case sono indecenti sia se si acquistano che se si affittano. Abitare a Milano, Torino, Venezia, Roma, Napoli, non è più sinonimo di vita qualitativa elevata, anzi. Milioni di persone vivono in luoghi che non apprezzano dove le relazioni sono ridotte al minimo e spesso sono quotidianamente conflittuali.
Alla eccessiva concentrazione abitativa delle grandi città ha fatto seguito un costante abbandono dei paesi e di borghi, con un inarrestabile depauperamento delle campagne. Oggi abbiamo un patrimonio abitativo, economico, culturale in grave e pericoloso abbandono. Un territorio a rischio idrogeologico con inevitabile perdita di identità.
Questi luoghi potrebbero diventare la salvezza per molti, per quei tanti che non sopportano più le grandi città e anelano verso una nuova qualità della vita.
Nel frattempo la città, come luogo vasto, ha perso la sua iniziale attrazione, fatta di opportunità, perchè la globalizzazione e la rete internet, come è stato dimostrato al tempo del coronavirus (con lo smart working), hanno dilatato gli spazi di comunicazione e le opportunità sono diventate quelle del mondo globale, raggiungibile con mezzi di trasporto sempre più presenti ed efficaci ma sopratutto con la rete.

Dunque: si può vivere in un piccolo borgo e lavorare con il PC a livello internazionale.

Perchè allora non cerchiamo di lavorare a questa prospettiva? Perchè non proponiamo di creare quei servizi necessari per far vivere bene le persone che tornano o ritornano a vivere nei piccoli borghi? Servizi che vanno dalla fibra ottica, alla sanità locale, ai trasporti semi-veloci, alla scuola ecc.
I governi che non programmano nulla su un tale sviluppo sono gravemente responsabili del deperimento delle risorse immobiliari, economiche e culturali di questo paese. Sono, altresì, responsabili di non offrire condizioni di scelta per una qualità della vita valida per i cittadini.

I piccoli borghi, quindi,”non come un peso ma come una opportunità (torniamo alla lungimiranza di Realacci). Parliamo di 5.567 comuni che amministrano più della metà del territorio nazionale, di oltre 10 milioni di cittadini che ci vivono e di almeno altri 10 milioni che vi hanno un rapporto privilegiato.  E’ importante poter guardare ora ai piccoli comuni da un’altra prospettiva che” ….  non sta nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi”..

Lo si può fare sfruttando il potenziale “dei piccoli centri, riguardo alla cultura, all’archeologia, all’ambiente, ai cibi, alle tradizioni e alla solidarietà”. Per produrre Pil e indurre sempre più persone a spostarsi dalle città, rinunciando a qualche servizio ma guadagnando in tranquillità, vita sana, aria buona, semplicità, maggiore solidarietà umana e bellezza, realizzando un diverso modello di vita insomma.

Quella di puntare sui piccoli borghi è dunque un ritorno di prospettiva di grande orizzonte per il nostro Paese, che più di altri può farvi affidamento. Non per nulla, di recente, Daniel Libeskind, il grande architetto che ha ricostruito Ground Zero a New York, ha dichiarato: “I piccoli centri italiani racchiudono il DNA dell’umanità. La loro evoluzione parla della dignità dell’essere umano perché tutto, dalle scale agli edifici e alle strade, è nato per facilitare le relazioni, è il senso di una cultura che mette l’uomo e i suoi bisogni al centro, creando dialogo e sprigionando colore e bellezza”. Difficile dargli torto. E per questo siamo chiamati a guardare con nuovi occhi ai nostri cari piccoli borghi”.

Ci piacerebbe conoscere il vostro pensiero prima di accingerci nella redazione di un vero progetto al quale potrebbero dare il loro contributo le autorevoli professionalità di cui Italia Nostra è onorata di avere tra gli iscritti.

                                                                                     Rosa Giammarco

                                                                  Presidente della Sezione di Italia Nostra

                                                                                Sulmona/Castel di Sangro

 

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