Dall’inizio della campagna referendaria Italia Nostra si è schierata chiaramente per invitare a votare sì ai due quesiti referendari abrogativi relativi alla privatizzzione dell’acqua, riaffermando l’inalienabile valore pubblico del bene comune “acqua”.
In alcune parti d’Italia l’acqua viene già gestita da società private o in in prevalenza private, con la conseguenza che il prezzo dell’acqua è salito del 68% a fronte del 22% registrato dal dato sull’inflazione, mentre gli investimenti privati nel settore idrico sono calati (da 2 miliardi a 700mila euro/anno). L’occupazione nel settore idrico è diminuita del 30% e lo spreco annuo è aumentato di più del 20%.
Per comprendere meglio cosa si andrà a votare ai referendum sull’acqua del 12-13 giugno si è così pensato di riassumere nel modo più chiaro possibile i due quesiti:
Quesito 1: “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione”
Il testo del quesito recita: “Volete voi che sia abrogato l’art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall’art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99 recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” e dall’art.15 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea” convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della Corte costituzionale?”.
Che cosa vuol dire:
Votare sì comporta l’abrogazione dell’art. 23 bis della Legge n. 133/2008, relativo alla definitiva privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica.
È l’ultima normativa (decreto Ronchi). Stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%.
Si vogliono in questo modo mettere sul mercato le gestioni dei 64 ATO (su 92) che o non hanno ancora proceduto ad affidamento, o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%. La norma inoltre disciplina le società miste collocate in Borsa, le quali, per poter mantenere l’affidamento del servizio, dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015.
Quesito 2: “Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma“.
Il testo del quesito recita: “Volete voi che sia abrogato – Art. 154, comma 1 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 ‘Norme in materia ambientale’, limitatamente alla seguente parte: ‘dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito’?”.
Che cosa vuol dire:
Votare sì comporta l’abrogazione dell’’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.
La parte di normativa che si chiede di abrogare è quella che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio. Abrogando questa parte dell’articolo sulla norma tariffaria si impedisce, in sostanza, di fare profitti sull’acqua.