Italia Nostra

Data: 11 Ottobre 2013

Italia Nostra sul “Decreto del Fare”

Le nostre osservazioni e richieste di emendamento

Documento di indirizzo

Il Decreto Legge, passato forzatamente con la fiducia al Governo, nella logica della semplificazione volta ad aiutare la ripresa economica e favorire l’impresa, ha pecche pesantissime, che confliggono con i principi di tutela, di qualità dell’abitare, di sicurezza dell’ambiente; che porta indietro di decenni le conquiste volte a garantire i servizi con l’applicazione degli standard urbanistici  e sacrifica la fisionomia  e l’identità delle nostre città, superando vincoli puntuali e ambientali. Un legge quindi che fa male alla città storica, al paesaggio, all’acqua, all’ambiente, alla sicurezza del lavoro, che fa premio alle  opere infrastrutturali  mal gestite e in odore di collusioni, rifinanziandole,  favorendo di fatto la proliferazione incontrollata di parcheggi pertinenziali sotto suolo pubblico, incentivando   lunghi tempi  per le opere edilizie,  secondo una linea di tendenza  ormai accreditata, che, nel rapporto pubblico – privato premia quest’ultimo e penalizza la collettività.

Se è ormai lessico corrente (o nuova sensibilità?) lo “stop al consumo di territorio” (di fatto aleatorio per quanto già previsto con lunga proiezione temporale dai Piani Regolatori e  in carenza dei piani paesaggistici) è nel “costruire nel costruito” la possibilità d’impresa e in specifico nel settore delle ristrutturazioni, favorite dagli sgravi fiscali. E’ una grande opportunità se guidata della mano pubblica nella logica dell’interesse della comunità. E interesse primario deve essere il mantenimento della forma urbis, la tutela dei monumenti intesi in senso lato, la qualità del verde e degli spazi pubblici, la tutela della salute e quindi dell’ambiente, la messa in sicurezza del territorio.

La “legge del Fare”, che peraltro riprende quanto già in parte previsto dal governo Monti, disattende queste priorità, per offrire all’impresa opportunità “semplificate” nelle procedure e deregolanti nella sostanza.

Esplicitiamo i punti nodali – su cui chiediamo un serio ripensamento al governo con l’adozione dei necessari emendamenti.

In specifico, per quanto al settore edilizio (rif. art.30 titolo 1) chiediamo vengano riportati alla regolamentazione prima vigente quanto segue, e muoviamo allarmate riserve:

–       La ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma dell’edificio attuabile con semplice SCIA (senza permesso di costruire). L’unico requisito richiesto dal decreto del Fare è il mantenimento della volumetria –  non della superficie di pavimento, con conseguente aumento del carico antropico e deficit dello standard a servizi; e certo con il possibile stravolgimento dell’edificato. Il rischio è anche per i centri storici quando non specificatamente tutelati, comunque spesso perimetrati troppo stretti. E’ possibile la demolizione e ricostruzione anche degli edifici vincolati (e l’esperienza post terremoto dell’Emilia Romagna ha fatto scuola). Si può andare in deroga alle stesse tutele che il PAI – Piano dell’assetto idrogeologico –  suggerisce circa gli interventi fattibili in base alle classi di pericolosità.

Va considerato a tale proposito come la legge in oggetto non supporti quella messa in sicurezza del nostro territorio che è necessità primaria, a difesa dei nostri beni primari e possibile volano di ripresa.

Anche la prevista proroga di due anni nei termini di inizio e ultimazione lavori non è buona cosa e lascerà nella nostre città l’incompleto, mettendo comunque delle pregiudiziali in base alla SCIA o DIA presentati.

Si consente a Regioni e province autonome di approvare con proprie leggi e regolamenti disposizioni derogatorie al D.M. n. 1444/68 dettando “ disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi……”. Favorendo così la deregolazione alle distanze tra gli edifici e agli spazi pubblici minimi in base allo standard di legge (18 mq/abitante) di fatto portato in molte regioni ai 24/28 mq. abitante come vige in Europa. Si tratta quindi di un mutamento di sistema della materia urbanistica, che dovrebbe regolamentare nell’interesse pubblico e dare certezza di diritto; si inficiano quindi tali presupposti  andando a deprimere l’interesse pubblico a favore del privato.

–       Per quanto riguarda  la tutela ambientale, in specifico l’acqua, nella gestione delle acque sotterranee emunte si dice (all’art.243) dell’eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamente sostenibile; e ancora in deroga, ai fini della bonifica delle acque sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. Dalla lettura del  provvedimento si deduce che  l’effettiva bonifica del sito inquinato è subordinato alle condizioni economiche dell’impresa.

–       Per quanto riguarda Terre e rocce di scavo si limita la cogenza del D.M. n. 161 del 10 agosto 2012 solo alle terre e alle rocce di scavo che provengono da attività o opere soggetta a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione integrale ambientale. Quindi gli interventi di modesta entità si sottraggono al decreto e le grandi opere si rischia vengano sottratte alla  procedura di VAS.

–       Nelle maglie della “semplificazione” rientra il favorire i combustibili fossili (e nel contempo si liberalizzano completamente le piccole e medie aziende per ampliare l’apertura del mercato del gas naturale), lo sversamento in mare di fanghi provenienti da fondali contaminati dei Siti nazionali di bonifica, l’uso delle acque di falda nei siti contaminati e l’uso di materiali di riporto senza la garanzia che non siano inquinati.

–       Anche la sicurezza sul lavoro – nota dolente per quanto al primariato di accidentalità – è investita dalla semplificazione. E’ abrogato l’obbligo per il datore di lavoro di dare, nel termine di due giorni, notizia all’autorità locale di pubblica sicurezza di ogni infortunio che abbia per conseguenza la morte o l’inabilità al lavoro.

Nel nostro ruolo di tutela, come da statuto associativo, ci impegneremo quindi per far invertire o correggere una rotta che ci porta a sacrificare irrimediabilmente quel valore cultura, su cui il Governo sembra volersi impegnare. O forse la mano destra non sa cosa fa la sinistra (senza riferimento ad appartenenze partitiche).

Consigliere Nazionale Maria Teresa Roli

Documento condiviso dal Consiglio Direttivo Nazionale

Fermo, 11 ottobre 2013

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