Italia Nostra

Data: 4 Novembre 2010

La questione dei rifiuti in Campania

Anticipiamo un articolo che sarà pubblicato sul prossimo numero del nostro Bollettino.

“Questione rifiuti”: la posizione di Italia Nostra

Le “ecoballe” in Campania

Raffaella Di Leo

Presidente del Consiglio Regionale Campania di Italia Nostra

La posizione del consiglio regionale di Italia Nostra Campania sulla ‘questione dei rifiuti’ è frutto di anni di partecipazione ai dibattiti e alle iniziative relative alle scelte regionali sulla gestione del ciclo dei rifiuti e in particolare sullo smaltimento. A Napoli e in Campania serve: la bonifica dei territori avvelenati da sostanze tossiche e da discariche inquinanti; il controllo, in tutte le fasi, sul movimento dei rifiuti per evitare sversamenti illeciti; un nuovo piano regionale di gestione del ciclo integrato dei rifiuti basato, secondo le norme europee, sulla raccolta differenziata e il riuso, il riciclo e il recupero della materia; lo smaltimento finale in discarica dei residui trattati con tecniche a freddo pienamente rispettose della salute; che non vengano incenerite le false ‘ecoballe’ prodotte dagli impianti CDR, poiché si tratta di ‘tal quale’ tritato; che si anticipino al 2011 le misure statali per la riduzione a monte dei rifiuti.

Nella nostra regione la raccolta differenziata è ferma a percentuali irrisorie. Invece sono stati programmati per lo smaltimento finale dei residui tre grandi inceneritori, tarati su una quantità di combustibile da rifiuto che non potrà mai essere prodotto in Campania con una raccolta differenziata a regime. Lasciando da parte la frode nella costruzione e nella gestione dell’inceneritore di Acerra, di cui si occupa da tempo la magistratura, le vicende di questi giorni rilanciano l’idea che incenerire rifiuti risolverebbe il dramma delle emergenze periodiche e delle discariche inquinanti. Scelta per noi sbagliata perché gli inceneritori, che giustamente nella legislazione italiana sono classificati come industrie insalubri di classe prima, non possono essere ospitati in zone agricole con prodotti tipici e di qualità e sono al secondo posto dopo le acciaierie per produzione di diossina (24%), rendendo rifiuti pericolosi rifiuti ordinari. Un terzo del quantitativo di materiale bruciato si trasforma in ceneri tossiche, da trattare e smaltire in discariche speciali, e due terzi in polveri fini che si disperdono ampiamente sul territorio.

Sembra legittimo il sospetto che l’anomalia tutta italiana degli incentivi alla ‘termovalorizzazione’ di biomasse e rifiuti (attraverso certificati verdi e CIP6) influenzi le scelte regionali e ostacoli la raccolta differenziata e le attività economiche collegate al recupero e al riciclo degli scarti. Il caso recente dell’Abbruzzo fa riflettere. Una battaglia per l’abolizione di ogni forma di incentivo statale agli inceneritori dovrebbe avere l’impegno convinto e unitario delle grandi associazioni ambientaliste nazionali.

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