“Spetta al ministro Ornaghi presidiare la riserva del demanio culturale”
La legge (detta della spendig review) approvata con la fiducia tra luglio e agosto non modifica in alcun modo il rigoroso regime del demanio culturale come disegnato nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (articoli 12 e 53 – 55). Rimangono dunque integralmente estranei all’automatismo di quella legge, con i complessi meccanismi del suo articolo 23ter, i beni di interesse culturale, pur soltanto presunto. Ai costituendi “fondi comuni di investimento immobiliare” potranno essere trasferiti soltanto i beni immobili (la cui esecuzione risalga ad oltre settant’anni) che siano stati riconosciuti privi di alcun interesse culturale con una espressa dichiarazione negativa (che spetta alle direzioni regionali del ministero).
Se il ministro per i beni e le attività culturali non è chiamato a partecipare agli sviluppi attuativi della spending review, alla sua diretta responsabilità è però affidata la vigilanza sul rispetto della esclusione del demanio culturale dall’ambito esecutivo della nuova disciplina legislativa.
Sa bene il ministro che il patrimonio pubblico è presidiato dalla presunzione di interesse culturale in forza della quale ogni bene (se immobile) la cui esecuzione risalga ad oltre settant’anni, pur se non sia stato oggetto di formale riconoscimento, è assoggettato al regime del Codice dei Beni Culturali e che i beni immobili di interesse culturale degli enti pubblici territoriali (quindi stato e comuni) costituiscono il demanio culturale. Un patrimonio, dunque, per principio invendibile.
La vendita dei beni del demanio culturale è preclusa per quelli cui si riconosca valore identitario, come documenti della storia delle istituzioni, e l’alienazione è altrimenti ammessa (e solo su specifica autorizzazione delle direzioni regionali del ministero) quando “assicuri la tutela, la fruizione pubblica e la valorizzazione dei beni” . L’osservanza delle prescrizioni dettate al riguardo per conservazione e destinazione è rafforzata dalla clausola legale di risoluzione espressa.
Spetta al ministro per i beni e le attività culturali presidiare quella riserva con la doverosa fermezza (mettendo innanzitutto in allerta i suoi direttori regionali).
Italia Nostra vigilerà, come sempre.
Alessandra Mottola Molfino, presidente nazionale Italia Nostra
Giovanni Losavio, ex-presidente nazionale Italia Nostra
Nicola Caracciolo, vice presidente nazionale Italia Nostra
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Approfondimenti
“Patrimonio pubblico e diritti civili” un articolo di Salvatore Settis (da “LaRepubblica del 18.09.12)
Non svendiamo il patrimonio, nostro bene comune (news del 10 agosto 2012)
Italia Nostra esprime tutta la sua contrarietà a fare cassa con la vendita del patrimonio culturale, che appartiene a tutti i cittadini: il paesaggio e il patrimonio culturale sono beni comuni e non si possono privatizzare, come spiegano sia Paolo Berdini sia Nicola Caracciolo negli articoli di oggi sul Manifesto.
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