Italia Nostra

Data: 10 Febbraio 2022

Ovovia a Trieste: Italia Nostra ritiene urgente lavorare ad una proposta alternativa

L’ Associazione Italia Nostra ritiene necessario e urgente lavorare per una proposta alternativa al discusso progetto della cd. ovovia, proposta che potrebbe contribuire al potenziamento della mobilità sostenibile senza arrecare danni ambientali.

Il progetto dell’ovovia infatti presenta gravi criticità ambientali e paesaggistiche, che Italia Nostra aveva già evidenziato al Comune di Trieste in occasione del PUMS e al Ministro Franceschini nel novembre scorso, inviandogli un appello, corredato da ampia documentazione, al fine di rivedere la decisione di realizzare l’ovovia.

Il progetto del Comune di Trieste, che, come è noto prevede un collegamento funiviario tra il sito storico del Porto Vecchio e la località Campo Romano di Opicina sul Carso, a circa quattrocento metri slm, ha ottenuto un finanziamento di 48 milioni di euro nell’ambito dei fondi previsti dal PNRR Italia per lo sviluppo della mobilità sostenibile e dei trasporti rapidi di massa.

Le criticità ambientali e paesaggistiche sono determinate principalmente dalla costruzione della linea, dei piloni di sostegno, delle quattro stazioni e dei parcheggi annessi, in aree tutelate in base al codice dei beni culturali e del paesaggio, e su aree e siti rientranti nella Rete Natura 2000 (ZPS – IT3341002 Aree carsiche della Venezia Giulia / ZSC- IT3340006 Carso triestino), cui si aggiunge un eventuale impatto sul potenziale strato archeologico del sottosuolo lungo il tracciato dalla stazione di Barcola Bovedo verso monte e dei boschi Bertoloni e Bidischini-Burgstaller, a monte della Strada Vicentina.

 A tal proposito si ricorda che, in base al regolamento che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza e disciplina i PNRR, gli investimenti finanziati devono rispettare il principio di «non arrecare un danno significativo» all’ambiente e, in particolare, essi non devono nuocere “allo stato di conservazione degli habitat e delle specie, comprese quelli di interesse per l’Unione” (art. 17 del regolamento UE 2020/852).

 Inaccettabile è l’impatto sul Porto Vecchio di Trieste, sito storico portuale della seconda metà ‘800, eccezionale per la sua unicità in Italia, tutelato e conservato con particolare attenzione , noto e studiato anche in Europa e nel mondo per il suo alto valore culturale.

A partire dal 2001, i vincoli di tutela diretta e indiretta lo hanno preservato da pericolose deformazioni; i vincoli di tutela diretta si riferiscono ai grandi magazzini storici e agli altri edifici storici, mentre i vincoli indiretti si riferiscono a tutto il complesso storico urbanistico.

L’inserimento in un’area di altissimo pregio storico e paesaggistico di un’infrastruttura che prevede l’edificazione di stazioni e piloni e un passaggio continuo di cabine, appare del tutto incompatibile con i criteri di tutela dei beni culturali e paesaggistici che devono presiedere alla valutazione di compatibilità ambientale degli interventi: ciò è stato ben capito non solo coloro che lo studiano e lo conoscono bene, ma anche da cittadini di Trieste e associazioni che stanno esprimendo in varie sedi la loro totale contrarietà.

L’inserimento di tralicci o piloni, di cavi e il frequentissimo transito di cabine altererebbe il panorama del Porto vecchio e l’immagine degli edifici storici, dato che produrrebbero un inevitabile impatto deformante dell’ambiente portuale ottocentesco, unico e particolare; anche le prospettive dal Porto Vecchio verso il golfo o verso monte verrebbero rovinate in modo grave e irreversibile da simili strutture.

L’edificazione nel Porto Vecchio di due stazioni di notevole impatto paesaggistico, cioè le stazioni di Trieste e di Porto Vecchio, produrrebbe un danno gravissimo all’immagine del sito storico e ai coni prospettici dell’asse viario principale causato dalla occupazione da parte delle due stazioni di quasi l’intero sedime stradale in corrispondenza dell’inizio e della fine dell’asse viario: in particolare ne verrebbe occlusa la visuale che si gode dall’ampia via in questione, da una parte verso edifici di pregio architettonico delle Rive e verso il castello di S. Giusto, e dall’altra verso il monumentale Faro della Vittoria sul pendio della costa.

Inoltre il tracciato della cabinovia in Porto Vecchio, date le necessarie fasce di sicurezza sottostanti all’impianto e le fasce di rispetto, impedirebbe sia la fruibilità pedonale sia lo sviluppo di qualsiasi modalità di trasporto sotto l’intero percorso della cabinovia, nemmeno per esigenze commerciali; sarebbe impedita anche la realizzazione di eventuali iniziative espositive.

Quindi la nuova struttura costituirebbe un elemento del tutto incongruente rispetto ai magazzini storici, una notevole alterazione dell’ambiente ottocentesco e interromperebbe la visuale prospettica dall’ingresso del Porto Vecchio, in violazione delle prescrizioni generali dei provvedimenti di tutela dei beni culturali che impongono la tutela del sito e il mantenimento degli assi viari esistenti e che formano particolari coni prospettici visivi verso gli immobili (tutelati con vincolo diretto) e da cui deriva il divieto di alterazione con nuove edificazioni.

Non minori le criticità ambientali del tratto che sale a Campo Romano e che interessa l’area naturale del Bovedo, un’ampia e bellissima zona naturale, in parte su flysch e in parte su calcare, dove le caratteristiche dei suoli e le lievi differenze climatiche determinano differenze di vegetazione. Il Bovedo è tutelato da tempo per le sue particolarità floro-faunistiche: la vegetazione arborea è costituita soprattutto dalla boscaglia di Roverelle, un tipo di quercia che predilige zone di temperatura mite e che, a differenza di quanto il nome farebbe intendere, è la più grande tra le querce del nostro territorio (farnie, roveri, cerri, lecci). Poi, ci crescono, a seconda delle due zone climatiche, anche pini neri, frassini, castagni, carpini, cornioli, allori. Il sottobosco è costituito in buona parte da eriche: Erica Calluna nel versante più caldo (fioritura agosto-novembre), Erica Carnea nel versante più fresco (fioritura dicembre-maggio). Nelle radure cresce una specie molto pregiata che, a suo tempo, ha determinato la tutela di queste zone: il Cistus salviaefolius. Il Cistus è un cespuglietto sui 50-60 cm di altezza dai bei fiori bianchi in primavera (maggio-giugno); la specie è presente in tutta Italia, ma il Bovedo è la zona più settentrionale d’Europa in cui cresce e fiorisce.

Anche la fauna è interessante: tassi, caprioli, cinghiali, scoiattoli, volpi, rettili (sul flysch non esiste la vipera) e tutta l’avifauna tra cui sono frequenti i rapaci, l’upupa, il rigogolo e tutti i piccoli silvani.

I tassi hanno tane un po’ dappertutto, ma soprattutto nel canalone dove si vorrebbe costruire l’ovovia; le loro tane, sotterranee e di grandi dimensioni, sono costituite da complesse gallerie e si possono riconoscere per la presenza dei cumuli di terra all’entrata principale. E’ frequente vedere i caprioli che scendono anche fino alle case sottostanti e i cinghiali che adesso stanno mettendo in difficoltà i caprioli.

Alcuni incontri tra i gruppi tecnici di Italia Nostra e del Comune di Trieste hanno permesso un confronto sulla proposta di studio di fattibilità una linea tranviaria celere (Viale Miramare ex Dazio di Barcola -) Barcola piazzale Vittime dell’XI settembre MMI – largo Ugo Irneri, instradata per Porto Vecchio – Stazione Centrale – Corso Cavour – Rive – Campo Marzio – passeggio Sant’Andrea, di Alberto Rutter, per la Sezione di Trieste di Italia Nostra. Proposta che è stata oggetto di una simulazione da parte del Comune per l’area del Porto vecchio in quanto presenta vantaggi rispetto al trasporto collettivo a fune aerea.

Tali vantaggi possono così riassumersi:

1) minore inquinamento paesaggistico: l’impatto paesaggistico minore specialmente in aree storico monumentali quali centri storici e settori di grande pregio archeologico-industriale:

2) maggiore integrazione tecnologico-trasportistica per favorire l’intermodalità, l’intramodalità e l’interoperabilità con infrastrutture di trasporto già esistenti.

3) minore inquinamento acustico.

La linea tranviaria celere a scartamento standard (1.435 mm), si svilupperebbe a doppio binario per la maggior parte del suo percorso. Gli organi di trazione dei quali potrebbe essere dotato il materiale rotabile, corrisponderebbero alla tecnologia, – ormai non più sperimentale – del motore a celle di combustibile, che ha raggiunto appunto uno sviluppo tecnologico affidabile.

 

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