Italia Nostra

Data: 27 Ottobre 2021

Pale ferme: in Europa il riscaldamento globale fa soffiare meno vento e manda in crisi l’eolico. Riccardo Antoniucci

Pubblichiamo da: Il fatto quotidiano.it l’articolo uscito il 26 ottobre 2021 a firma Riccardo Antoniucci

 

Uno dei fattori meno raccontati della crisi energetica che sta facendo impennare i costi delle bollette in tutta Europa è il fatto che quest’estate, in Europa, ha soffiato meno vento.

Soprattutto al nord del continente, nel 2021 la forza delle correnti è stata tra il 10 e il 15% inferiore alla media attesa. I dati sono stati rilevati dall’azienda specializzata in modelli meteorologici Vortex. Addirittura, in Gran Bretagna a marzo è stato toccato il più lungo periodo di bassa produzione di vento degli ultimi dieci anni. Ne hanno risentito, chiaramente, le pale eoliche.

Meno vento significa, o meglio vento meno potente significa, ovviamente, meno elettricità. La situazione è illustrata molto bene da un report sulla situazione del Regno Unito elaborato dalla compagnia energetica britannica Drax, specializzata in fonti rinnovabili. Si scopre, così, che la produzione di energia eolica tra il 26 febbraio e l’8 marzo è stata meno di un quarto della media di gennaio.

I tedeschi hanno coniato la parola Dunkelflaute, “stasi nera”, per definire un periodo prolungato di venti deboli combinati a una bassa produzione di energia solare, in cui l’unica alternativa, almeno per ora, è rivolgersi alle vecchie caldaie a gas o carbone. E infatti il Regno Unito, per esempio, nel periodo di basso vento ha riacceso la centrale di West Burton, uno degli ultimi impianti a carbone rimasti. A fine settembre la multinazionale energetica SSE, che fornisce elettricità e gas nel Regno Unito ha lamentato che la produzione da energia rinnovabile è calata di un terzo. Tra gli investitori sui mercati dell’energia, riporta il Financial Times, circola il timore che il cambiamento climatico abbia cambiato in modo strutturale le mappe del vento.

C’entra il cambiamento climatico

Può sembrare paradossale, guardando ai singoli casi di catastrofi naturali avvenute in Germania, Francia ed est Europa, spesso associate a fenomeni di vento forte, ma l’aumento delle intemperie e la diminuzione della potenza dei venti da sfruttare a fini energetici sono connessi.

Diversi scienziati identificano la diminuzione della velocità media dei venti in superficie come un effetto del cambiamento climatico. Lo hanno mostrato un articolo su Nature firmato da Simon H. Lee e Paul D. Williams, professore di scienze dell’atmosfera all’Università di Reading. “Sebbene la velocità del vento nella corrente a getto polare del Nord Atlantico non sia cambiata dal 1979, secondo tre diversi set di dati la diminuzione della corrente è stata del 15% (con un intervallo tra l’11 e il 17%)”, scrivono gli autori. “Questa tendenza è attribuibile alla risposta del vento termico all’aumento del gradiente di temperatura meridiano a livello superiore. I nostri risultati indicano che il cambiamento climatico potrebbe avere un impatto maggiore sulla corrente a getto del Nord Atlantico di quanto si pensasse in precedenza”.

Una proiezione molto simile si trova nel report dell’Ipcc. Il Panel intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico prevede che la velocità del vento sull’Europa occidentale, centrale e settentrionale entro il 2100 diminuirà di oltre il 10%, nello scenario di un riscaldamento di 1,5 C. Peggio, ovviamente, se l’aumento fosse di 2 gradi.

Quello che è successo quest’estate è che siccome la produzione di energia eolica è stata al di sotto della media, per via delle alterazioni delle correnti ventose, anche durante la stagione calda gli Stati hanno dovuto attingere alle loro riserve di gas per sopperire al deficit energetico. E ora è scattato l’allarme riserve. È chiaro che se l’indebolimento dei venti dovesse risultare un effetto costante del cambiamento climatico la situazione si ripresenterà uguale l’anno prossimo. “Questa crisi è diversa”, come dicono diversi analisti del mercato dell’energia.

Nonostante il calo dell’energia eolica, comunque, un istituto indipendente come il Centro indipendente per la ricerca sull’energia e l’aria pulita (Crea) ha comunque rilevato che le energie rinnovabili hanno comunque evitato una bolletta del gas di 33 miliardi di euro in tutta Europa. Negli anni, i costi delle energie rinnovabili (solare ed eolico) sono scesi drasticamente e sono diventati competitivi con i combustibili fossili. Le batterie stanno risolvendo i problemi di stoccaggio, inoltre, l’innovazione tecnologica sta provando a risolvere altri problemi.

La nuova scommessa: l’eolico senza pale

Mentre la nuova frontiera degli investimenti guarda ai parchi eolici in mezzo al mare, con la Cina capofila, esistono diversi progetti che provano a ridurre l’impatto ambientale e i costi dell’energia prodotta col vento. Tra questi c’è anche un prototipo spagnolo di una turbina eolica senza pale. Al momento la turbina installata è piccola e produce poca energia, ma l’obiettivo della start-up è trovare finanziamenti per costruire impianti più grandi. Un progetto analogo è in sviluppo negli Stati Uniti, e si chiama Invelox, che secondo l’azienda che la produce, la Sheerwind, è sei volte più efficiente rispetto alle solite e più comuni turbine.

Tutto questo, se il cambiamento climatico non ci costringerà a rivedere le mappe del vento sulle nostre coste.

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