Italia Nostra

Data: 7 Marzo 2022

Rapporto ISPRA dissesto idrogeologico: focus sui beni culturali

Il Rapporto ISPRA 2021 sul dissesto idrogeologico presentato ieri mette in risalto alcuni aspetti specifici del fenomeno con effetti sui beni culturali. In particolare lo studio analizza le problematiche afferenti i borghi storici, spesso interessati da fenomeni franosi, e quei siti che sono oggetto di alluvioni.

Degli oltre 213 mila beni architettonici, monumentali e archeologici, quelli potenzialmente soggetti a fenomeni franosi sono oltre 12 mila nelle aree a pericolosità elevata; raggiungono complessivamente le 38.000 unità se si considerano anche quelli ubicati in aree a minore pericolosità. I Beni Culturali a rischio alluvioni, poco meno di 34 mila nello scenario a pericolosità media, arrivano a quasi 50 mila in quello a scarsa probabilità di accadimento (eventi estremi). 

Fenomeni franosi

Numerosi sono i borghi storici interessati da fenomeni franosi innescatesi o riattivatisi anche negli ultimi anni, quali ad esempio la rupe di San Leo (RN), con il crollo del versante nord il 27 febbraio 2014, Volterra (PI), con il crollo di una porzione delle mura medievali nel 2014, e Civita di Bagnoregio, in provincia di Viterbo, ubicata su una rupe tufacea interessata da un progressivo arretramento delle scarpate con distacchi di roccia e colamenti lungo i sottostanti versanti argillosi. Il Santuario di Gallivaggio (comune di San Giacomo Filippo) il 29 maggio 2018 ha subito danni al tetto e alle mura, a causa del distacco di una massa rocciosa di circa 5.500 m3 dalla parte sommitale della parete di metagranito di Gallivaggio, monitorata dal 2011 dal Centro di Monitoraggio Geologico (CMG) di ARPA Lombardia. Prima del crollo, a causa dell’accelerazione delle deformazioni misurate sulla parete rocciosa, i Vigili del Fuoco e la Protezione Civile avevano rimosso e trasferito in un luogo più sicuro le opere asportabili presenti nel Santuario. Negli ultimi decenni diversi centri storici sono stati oggetto di interventi di consolidamento e riduzione del rischio idrogeologico, come a Certaldo (FI), Todi (PG) e Orvieto (TR). (Rapporto p. 147).

Il numero più elevato di Beni culturali a rischio frane in aree a pericolosità P3 e P4 si registra in Campania, Toscana, Marche, Emilia-Romagna, e Lazio e nelle Province di Napoli, Isernia, Viterbo, Siena e Genova. 

Beni Culturali a rischio alluvione

I valori e la distribuzione dei beni culturali nelle aree allagabili (beni culturali a rischio di alluvione) per i tre scenari di pericolosità da alluvione, derivanti dalla Mosaicatura ISPRA 2020, sono di seguito riportati in termini assoluti (numero di beni culturali) e in termini percentuali per i livelli territoriali amministrativi: nazionale, regionale, provinciale e comunale. Si rammenta che il numero di beni culturali è stato calcolato con riferimento ai beni culturali catalogati nel progetto Vincoli in rete (VIR) realizzato dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR) e scaricati alla data del 30 ottobre 2019, data in cui risultava presente nel progetto un totale di 205.670 di beni culturali sull’intero territorio nazionale. In Italia il 7,8% dei beni culturali ricade in aree a pericolosità/probabilità elevata (HPH) per un totale di beni culturali esposti di 16.025; in caso di scenario di pericolosità/probabilità media (MPH) i beni culturali esposti sono 33.887 ossia il 16,5% del totale nazionale, per arrivare a 49.903 beni culturali esposti in caso di scenario di pericolosità/probabilità bassa (LPH) con una percentuale di beni culturali ricadenti in aree allagabili pari al 24,3% del numero totale di beni culturali alla scala nazionale

Le Regioni con percentuali di beni culturali esposti a rischio di alluvione superiori ai valori calcolati alla scala nazionale per tutti gli scenari di pericolosità, sono Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria ed Emilia-Romagna.

Le maggiori percentuali di beni culturali esposti a rischio di alluvione si registrano per lo scenario di pericolosità media (MPH) in Emilia Romagna (55,4%) e in Liguria (27,1%). (Rapporto p. 198).

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