Italia Nostra

Data: 8 Giugno 2020

Alla scopera dell’ex-Filanda Gaeta per un futuro di rinascita

L’ex Filanda Gaeta in provincia di Potenza figura tra i pochi patrimoni dell’archeologia industriale nella Regione Basilicata ospitando all’interno la presenza dei vecchi macchinari. Il bene non è ancora nelle disponibilità del Comune, essendo attualmente di proprietà privata,  ma sarebbe intenzione dell’amministrazione comunale sottoscrivere un protocollo di intesa tra le parti la cui proprietà lo metta a disposizione del Comune per 20 anni al fine di realizzare un ecomuseo della lana e della lavorazione della lana. E’ necessario ed urgente intervenire sulla struttura architettonica del bene, è necessario un intervento di consolidamento strutturale e altre opere comprese quelle murarie e latero-cementizie.Per il restauro delle macchine (carde, filatoio, arcolaio, officina di manutenzione, ecc…). Onde evitare la perdita totale di un patrimonio unico dell’archeologia industriale della Regione Basilicata.

All’interno del sito è possibile attivare un Centro multimediale per la valorizzazione dell’industria della lana in Basilicata. In questo modo si attiverebbero strategie di valorizzazione legate al Centro multimediale assumendo la funzione di un ecomuseo in situ  (il sito è già musealizzato grazie alla presenza di tutte le macchine originarie utilizzate nel processo produttivo). 

RIFERIMENTI STORICO-BIBLIOGRAFICI

Nel 1891 Matteo Gaeta nativo di Pellezzano (SA), dopo aver appreso l’arte della filatura e lavorato per diversi anni in una filanda si trasferì a Bella con la famiglia. Egli era molto esperto nell’arte della filatura e nella trasformazione della lana in filo; grazie all’esperienza maturata nell’ambiente salernitano (territorio dove si praticava a livello industriale la filatura), Matteo,  impiantò una prima filanda (intorno alla fine dell’Ottocento) in un piccolo ambiente e, in seguito, trasferì l’attività in un opificio più ampio ubicato in Vico I Campidoglio di fronte all’attuale filanda. Verso la fine degli anni venti del Novecento acquista un’abitazione (con ampio giardino) da Restaino Francesco e successivamente edifica la nuova filanda. Dopo la morte di Matteo, la filanda fu condotta dal figlio Lorenzo che aveva appreso dal padre ottime capacità tecniche e imprenditoriali; infatti nel censimento del 1936 risulta “Industriale fila lana benestante”. Nelle fasi del processo di cardatura e filatura era impegnata poca mano d’opera, generalmente cinque o sei operai tra maschi e femmine.

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