Italia Nostra

Data: 15 Aprile 2019

La terra e l’uomo

La concreta possibilità d’un significativo aumento della popolazione umana già da qualche tempo sta ponendo in primo piano una sommatoria di problemi ambientali nel pensiero degli uomini, questo perché la volontà e la possibilità dell’uomo di modificare (ed inquinare) l’ambiente in cui vive e respira si sono sviluppate molto, ma molto più in fretta della sua capacità di comprendere “bioempaticamente” come funzioni, in modo che ogni individuo, in qualsiasi posto del mondo, sia a conoscenza di quei processi e di quella condizioni dell’ambiente che rendono possibile la vita e la salute di singoli organismi quali noi siamo.

Già E. Fromm osservava come l’uomo moderno, cibernetico, monocerebrale e freneticamente legato alla “sua” tecnologia, specie nelle regioni che affacciano sul mediterraneo, abbia un rapporto un po’ problematico con la “bioempatia” (la capacità, cioè, di comprendere le cose anche dal punto di vista della Natura al fine d’imparare a rispettare i suoi principi), complice una Scuola, una pedagogia e in generale una tipo di cultura che ha sostituito la curiosità e l’interesse verso il mondo naturale con un approccio culturale “demoetnoantropologico” molto diffuso.

Recenti, personali escursioni naturalistiche in alcuni parchi regionali e nazionali già in “itinere”, segnatamente in quelli localizzati nelle estreme regioni meridionali, isole comprese, mi hanno convinto di come sia difficile ancor oggi creare un forte legame, emotivo e culturale, tra le comunità umane del territorio e le risorse floro-faunistiche, ancor più microfaunistiche, di un’area protetta. Lo  dimostrano, per esempio, relativamente anche al nostro territorio naturale pugliese, i continui sversamenti di acque reflue nel paleo alveo di alcune importanti gravine, l’abbandono di rifiuti d’ogni genere e resti di cartucce ovunque, in molte anche un pascolo eccessivo ( i ruminanti si nutrono di molte erbacee, eliminando così moltissime uova e larve d’insetti, fondamentali per l’ecosistema), per proseguire con gli incendi e persino l’accensione di luci al margine o addirittura all’interno di esse che sortiscono un gran danno specie per la microfauna a volo crepuscolare e notturno, non escludendo, infine, anche interventi della criminalità e alcune forme di turismo chiassone, irrispettoso e senza alcuna attenzione alla salvaguardia delle nidificazioni, specie nel periodo primaverile. Una situazione resa ancor più grave dalla mancanza di un vero e proprio Ente di Gestione che abbia funzioni normative, di controllo e di salvaguardia dei territori medesimi.

Occorre far capire, come affermava il noto Parenzan, l’assoluta necessità della presenza sul territorio di un museo di scienze naturali e ambientali, un luogo della conoscenza dove si costruisca “bioempatia”,  posto che, con i tempi che corrono, non basta semplicemente avere alcune persone che siano informate su quello che sta succedendo ai nostri ambienti naturali, ma deve esservi anche e soprattutto, direi, una popolazione vigile che faccia pressione sui decisori politici affinché bioempatia e azione siano integrate opportunamente.

La “cecità”, passatemi il termine, da cui sembriamo un po’ tutti colpiti, è causa prima delle non buon condizioni in cui versa questo nostro Pianeta-Astronave, prima ancora di questi nostri territori naturali ecologicamente preziosi. Che possono, anzi devono diventare, anche in siffatto contesto sociale, fonte d’autocritica per una società alquanto immatura e possessiva e ancor oggi incapace di autocorreggere i propri impulsi distruttivi, preziosa palestra per il ristabilimento di un ritrovato ed armonioso legame tra Uomo e Natura.

Valentino Valentini – Sezione di Taranto

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