Italia Nostra

Data: 8 Febbraio 2019

Puglia: criticità nelle gravine

Le “gravine” costituiscono grandi e meno grandi canaloni di erosione di acque alluvionali e di dilavamento superficiale, veri e propri canyon di casa nostra che caratterizzano il paesaggio pugliese, altrove troppo spesso antropizzato.

La tettonica ha dato certo l’avvio ai processi carsici da cui le nostre gravine hanno avuto origine, su di un territorio tormentato da un reticolato di faglie (= fratture) e di diaclasi (= spostamenti di giacitura) di varia entità, quale quello delle Murge.

In estrema sintesi, attualmente l’attività erosiva delle acque al fondo delle gravine è limitata, in pratica, a brevi periodi di intense precipitazioni atmosferiche, divenute anche queste sempre più rare a causa dei cambiamenti climatici.

All’accattivante aspetto geomorfologico si affianca quello vegetazionale e faunistico.  Completa un quadro già abbastanza nutrito il ritrovamento nelle nostre gravine d’innumerevoli “nicchie ecologiche” in cui si sono insediate, addirittura relitte, flore e faune preziosissime e rivenienti, come abbiamo visto, dai più disparati scacchieri geografici.

E’ infatti estremamente interessante assistere alla coesistenza, anche in pochi metri, di ambienti tanto diversi, come greppi rocciosi ed assolati, rupi umide e stillicidiose, boschi, prati umidi, siepi, pantani ed effimeri torrenti, aree a macchia e pietraie, cavità e grotte più o meno ombrose, persino antichi orti e giardini abbandonati, ruderi, e non mancano certo prati fioriti e suggestive cascate d’acqua, che fanno delle nostre gravine “prezioso rifugio di flore e faune altrove annientate” (Tassi F., 2011). Ma tale magico e variegato mondo ecosistemico non sempre è al sicuro: già da qualche anno, infatti, è stato rilevato un netto decremento delle acque al fondo delle gravine nelle quali sono presente corpi idrici importanti e forieri di biodiversità, stiamo parlando soprattutto di quelle di Laterza, Castellaneta, Montemesola e Riggio per es., carenza che fa certamente seguito al generale andamento delle attuali intemperanze climatiche globali: da noi, specie in alcuni anni, piogge scarse e siccità.

A tal proposito, e per quanto riguarda l’attuale diffusione degli incendi boschivi dovuti in buona parte alla scarsa o inesistente manutenzione dei boschi e delle macchie, devesi rilevare l’assoluta mancanza di attenzione in cui versano alcune gravine, come per es. quella di Ginosa, nella quale una vecchia pineta di pino d’Aleppo sta creando condizioni di criticità a causa di numerosi tronchi caduti al suolo e con essi ingenti cumuli di rami e fogliame secco.

Non bisogna dimenticare che circa il 30% della biodiversità complessiva dell’ecosistema “gravina” è costituito da flora e fauna saproxylica, elementi che sono in forte declino a causa di una vecchia e sistematica gestione forestale basata su tagli a ciclo breve e tendenti a eliminare il legno morto: a difesa di tale ricchezza di biodiversità la stragrande maggioranza degli autori è comunque concorde col suggerire, in presenza di boschi e a beneficio delle innumerevoli specie saproxyliche, la creazione di “isole di invecchiamento”, grandi possibilmente sino al 5% della estensione dei boschi medesimi, consacrando comunque speciale attenzione a tronchi e a legname di consistenza in via di decomposizione, assicurando così la futura rigenerazione: poiché “nulla muore nel vero senso della parola” (Tassi F., 2017), e tale processo resta fondamentale per ricreare tutto quel bios, quella vita che siamo chiamati oggi a difendere, costi quel che costi, a maggior tutela e fortuna del nostro territorio, delle nostre straordinarie gravine e della loro biodiversità.

Valentino Valentini – Sezione di Taranto

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