È notizia recente la pubblicazione dell’avviso di vendita per il complesso immobiliare di Piazza Tacito n. 1 che, fino all’anno 2009, ha ospitato la locale succursale della Banca d’Italia. Quel che più preoccupa, oltre al concetto di alienazione in sé, sono i criteri adottati dall’ente proprietario: la vendita potrà infatti avvenire “in blocco o in singoli lotti” e in quest’ultima malaugurata ipotesi, sono previsti un lotto direzionale di mq 2295 ed uno residenziale di mq 1316.
Al di là del rischio concreto di vedere snaturato un immobile, per altro sottoposto a vincolo di interesse storico artistico, concettualmente progettato e realizzato per un fine unitario, ancora una volta, laddove Terni non fosse stata già ampiamente depredata di cultura e di patrimonio storico, viene servito alla città, con il consueto metodo della “pappa fatta”, un piatto amaro che priva la città di ogni prospettiva di crescita.
In tal senso parrebbe ormai definitivamente accantonato l’interessamento, dimostrato già nel 2019 da parte della Fondazione Carit, di acquisire l’immobile per ospitarvi un museo di arte contemporanea. Progetto che appariva degno di nota, insieme ad altri per cui la Fondazione si è già spesa, ma che, evidentemente, non ha trovato il consenso e il fattivo appoggio degli enti locali, su cui ricade la colpa di non aver compreso che il patrimonio architettonico deve rimanere uno spazio ad uso e finalità pubbliche.
Continuando a confidare in un auspicato quanto provvidenziale colpo di coda della Fondazione Carit, si chiede nel contempo alla politica locale di attivarsi, mediante progetti chiari e credibili, spendibili sul mercato nazionale o europeo con il ricorso al PNRR, per reperire i finanziamenti necessari ad acquisire l’immobile.
Sul piano progettuale, infinite sarebbero le potenzialità della struttura: potrebbe finalmente essere l’occasione per agganciare la città al futuro, cioè alla cultura, alla ricerca, alle professioni fortemente qualificate, cominciando a insediarvi la sede istituzionale dell’Università di Terni, con un’innovativa impronta culturale per la comunità e per il suo stesso centro storico, tuttora privo di presìdi accademici statali, senza comunque dimenticare che l’attuale offerta universitaria resta ancora carente, costringendo da sempre moltissimi giovani ternani a studiare in altre città.
Quanto detto sarebbe un’ultima possibilità di dotare il centro urbano di una traccia di “cultura alta”, che gran parte delle altre città di medie dimensioni annoverano ormai da anni.
Marco Sansoni
Presidente Italia Nostra Umbria
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