Dunque. E’ successo a una cena, poco prima che il virus tornasse a bloccare la vita sociale. Stavamo parlando del più e del meno, e il tono dei discorsi non era troppo ottimistico, ma non ci aspettavamo quel che a un tratto ha dichiarato il padrone di casa, volgendo al plurale la famosa frase di Luigi XV: “Amici miei, diciamolo francamente: après nous, le déluge!”. Questa frase, anche se pronunziata fra serio e faceto, ci ha lasciati prima interdetti e poi…, poi, sì, consenzienti.
Dunque: con quel “nous” egli si riferiva a “noi”, suoi coetanei. Intendeva dire che, quando noi, nati alla vigilia della guerra, durante la guerra, o subito dopo, saremo usciti di scena, è probabile che la nostra scomparsa determini un contraccolpo in seguito al quale l’umanità si troverà ancor più a rischio d’alienazione. E non perché la nostra generazione sia stata “migliore” delle successive, ma per quel che abbiamo vissuto e non possiamo scordare.
Allora, primo punto: noi vecchi abbiamo fatto in tempo a veder un mondo in cui la bellezza regnava intatta. Chi è venuto dopo non può immaginare cosa fossero Napoli o la costiera fino agli anni cinquanta. Prima che la speculazione e gli equivoci estetici s’accanissero a deturpare e banalizzare prospettive incantate a cui ogni epoca aveva dato un contributo, ma senza guastarne l’armonia. Certo: è successo quasi ovunque, ma non è vero che “mal comune” sia “mezzo gaudio”. Chi è nato dopo, non potendo immaginare la realtà scomparsa, non è motivato a reagire salvando il salvabile. Noi vecchi potremmo. Anzi dovremmo. Tanto più che noi pure siamo colpevoli. Perché abbiamo soggiaciuto a troppi malintesi: basti pensare al dogma marxista che definiva “radical chic” il culto della bellezza, e a quanti di noi, di fronte a quel giudizio derisorio, si son bloccati, dicendosi: “Mio Dio, forse sbaglio…” Invece non sbagliavamo. La catastrofe estetica di oggi ce lo conferma e ci incita a far sentire la nostra voce: voce fievole e roca, voce di vecchi, ma che può aiutare a scansare il baratro. Infatti è un baratro quello verso cui ci avviamo, e non solo estetico, pure intellettuale e etico, perché non sarà più a misura d’uomo un mondo che non apprezza la bellezza.
Numero due: noi ci siamo affacciati alla vita in una realtà appena emersa dalla dittatura e a cui due guerre atroci avevano mostrato le conseguenze dell’odio tra i popoli. Una realtà quindi in cui regnava la certezza che, per evitare nuovi orrori, a ogni costo bisognava difendere la democrazia e dire no al nazionalismo, la droga subdola che, deformando l’idea di patria, induce a ritener nemico chiunque viva oltre le proprie frontiere. Tuttavia è poi successo che in tanti ci siamo lasciati sedurre dal messaggio marxista, anche se era evidente come l’URSS fosse refrattaria ai valori democratici e non indenne da un “identitarismo” sconfinante nel nazionalismo. E l’ammaliamento non è durato poco: per decenni ci siamo rifiutati di ammettere che in Russia, mentre l’uguaglianza restava un miraggio, realtà innegabile era la soppressione del pensiero libero. Un successivo equivoco ci ha spinto a mitizzare l’altrettanto liberticida rivoluzione maoista. Ma ora le delusioni ci hanno aperto gli occhi, e quasi tutti abbiamo capito che democrazia e solidarietà son indispensabili non solo al progresso, ma alla sopravvivenza stessa del genere umano. E con raccapriccio assistiamo allo spettacolo di un pianeta in gran parte del quale, tra regimi di destra o presunta sinistra e dittature religiose, il pensiero autonomo è vietato e il pensiero unico trionfa, accettato passivamente o volenterosamente, perché esime dall’onere della responsabilità personale. Un pianeta dove continua a far proseliti un ottuso nazionalismo che spinge i popoli a blindarsi nei loro confini. Sicché a noi vecchi tocca un compito essenziale, anche se abbiamo voce fievole: ribadire quello di cui siamo certi. E cioè che, in un mondo a misura d’uomo, ognuno ha il diritto-dovere di formulare e esprimere la sua opinione, ma, sia chiaro, basandola su documentazione e riflessione e non su chiacchiere a vanvera e dati distorti. E che a essa urge s’associ un’effettiva responsabilizzazione in merito alle conseguenze che ne scaturiranno, allorché si rifletterà nel voto. Perché è il divieto o il rifiuto di opinione autonoma e responsabilizzante che rende attuabili gli affronti alla vita e alla sua dignità.
Insomma: è probabile che nazismo, stalinismo e maoismo non avrebbero sparso tanto sangue, che la persecuzione dei dissidenti e la violazione dei diritti umani avrebbero smesso di verificarsi, se il pensiero unico, imposto dall’alto e acriticamente accolto, non persistesse a offuscar le coscienze.
In conclusione: siamo noi anziani, o almeno quelli tra noi a cui è chiara la lezione della storia, a dover scendere in campo per spiegare cosa questa lezione comporti.
Sarebbe indispensabile, anzi, è indispensabile, se vogliamo che “après nous” il diluvio non travolga i nostri nipoti.
Giovanna Mozzillo
giornalista, scrittrice e membro del direttivo della sezione Napoli di Italia Nostra
L’articolo è stato pubblicato su Il Corriere del Mezzogiorno del giorno 31.12.2020


Giovanna Mozzillo
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