Un passo indietro di molti secoli e una concezione della civiltà che è paragonabile ai periodi del nazifascismo sotto certi aspetti e del Nerone di turno sotto altri.
Una storia e un tasso di consapevolezza buttato al vento: i deboli, i malati, gli anziani in questo caso, possono essere sacrificati senza nemmeno versare una lacrima e senza, come pure è accaduto, una persona cara vicina nel momento del trapasso.
Fieri di essere tra i Paesi più longevi al mondo, fino a solo qualche mese addietro e di avere la classe di anziani tra le migliori al mondo. All’improvviso ci svegliamo in una realtà in cui tutto ciò che abbiamo costruito risulta totalmente sovvertito, annullato, cancellato e l’anziano è tornato ad essere il vecchio affetto da gravi patologie preesistenti, in realtà patologie che nella nostra popolazione abbiamo imparato a gestire e curare efficacemente senza ridurre drasticamente l’aspettativa di vita. Ci ritroviamo inermi e disarmati ad assistere inaspettatamente al gerocidio più rapido e subdolo che la nostra storia di paese evoluto ricordi. Decenni di educazione professionale e sociale per promuovere il valore dell’età biologica rispetto a quella anagrafica, l’età sociale come indice fondamentale della qualità di vita e del livello di efficienza. Con pazienza, perseveranza e dedizione, abbiamo educato una classe medica al passo con i tempi, sempre attiva, aggiornata e formata per gestire al meglio le patologie croniche che l’individuo matura durante la propria vita e si trova ad affrontare nella longevità.Tanto da fare entrare nel senso comune l’idea che la senescenza non è il declino inesorabile, fisico e mentale. Può essere invece un’evoluzione attiva del tempo che avanza, pur mitigata dal divenire del corpo, effettuando lo scollamento tra età anagrafica e biologica. Abbiamo favorito un vero e proprio ringiovanimento delle classi di età, così come le avevamo pensate e vissute solo un ventennio fa. Per questo oggi ci ritroviamo disarmati e dilaniati di fronte alla brutalità di una patologia acuta, che porta a fare i conti con l’età anagrafica e col sacrificio silenzioso di migliaia di ultrasettantenni. Fino a un paio di mesi fa,gli anziani erano considerati il nostro migliore successo terapeutico, come quantità e qualità di vita attesa; il patrimonio nazionale più gratificante. Oggi viviamo un evento catastrofico: all’improvviso, conta il dato anagrafico, anche solo in termini di accesso alle cure. Ci rendiamo conto che i nostri padri e le nostre madri, i nostri colleghi, maestri e compagni, i nostri pazienti, sono diventati i più esposti e sacrificabili. Quella parte di popolazione che i giovani inizialmente, hanno faticato a tutelare e custodire, in nome della rinuncia al proprio stile di vita. Si sta attuando una strage , un percorso drammatico, indesiderato.
Una ingiustizia morale e sociale mai vista. Un abbattimento delle coscienze. Un fallimento di una politica che dimostra di non essere in grado di tutelare la saggezza lo stile di vita l’esperienza degli anziani. Dei nonni .Un patrimonio umano incalcolabile lasciato andare via senza rimorsi.
Il covid-19 ha,se ci fosse stato bisogno, esplicitato la povertà di animo e la carenza umana ed organizzativa di un sistema sanità che ha al bene comune sostituto quello di gruppo e privato .Con tutte le conseguenze del caso.
Giuseppe Gigliotti
Vice presidente regionale Calabria
Italia Nostra
Marinaro Giuseppe
Coordinatore malati cronici del lametino.
Rossella Tropea
Responsabile Lamezia
Giustizia e Sanità