Italia Nostra

Data: 5 Novembre 2019

Palazzo d’Avalos, quando Ferlaino disse: volevo un centro commerciale

Il primo a sollevare dubbi sull’operazione immobiliare di Palazzo d’Avalos fu il deputato Antonio Parlato: lo fece con una interrogazione parlamentare nel giugno del 1992 all’allora ministro Ronchey. Stando all’interrogazione per 35 miliardi di vecchie lire, la società di Corrado Ferlaino rilevò l’immobile per «la costituzione di un polo culturale (…) ma non è facile crederci avuto riguardo al fatto che proprio il Ferlaino non è nuovo all’acquisto di prestigiosi edifici ai quali lascia intatto l’esterno abbattendone e ricostruendone gli interni trasformandoli in lussuosi appartamenti miliardari».

Il ministro rispose per iscritto il 2 dicembre 1992: presa visione della vendita di 42 appartamenti -33 miliardi e mezzo- e dei locali a piano terra per un altro miliardo e mezzo, aveva preventivamente avvisato Francesco d’Avalos di non esercitare il diritto di prelazione sulla compravendita essendo peraltro l’immobile vincolato dalla Legge 1 giugno 1939. Un’operazione dunque regolare, da sottoporre alla Soprintendenza per qualsiasi iniziativa futura. Nell’ottobre del 1994 sul Mattino, Francesco d’Avalos chiese a gran voce allo Stato la restituzione della preziosissima collezione d’arte di famiglia donata nel 1862 già al centro di dispute ai tempi dell’Unità d’Italia. La sua intenzione era di salvare il palazzo e ricostituirne la storia; è questo il motivo dell’entrata in società con la Vasto s.r.l. di Ferlaino.

Nel 1998 Italia Nostra invitava l’allora ministro Melandri ancora all’ipotesi di acquisto del bene; l’appello cadde nel vuoto. Come apprendiamo nell’articolo di Titti Beneduce su queste pagine, nel 1995 il palazzo è ancora una nobile residenza d’arte su cui oggi indagano i Carabinieri del Nucleo Patrimonio Culturale per la scomparsa di preziosi oggetti d’arte e dell’archivio di famiglia.

Vanni Fondi ne ha riportato gli ultimi fasti: il calendario Pirelli 2001 immortala ancora la sontuosa dimora. Quattro anni dopo, sulla stampa vengono riportate le notizie di alcuni furti d’arte avvenuti a Palazzo d’Avalos a causa delle impalcature per le ristrutturazioni.

Nel 2007 Guido Donatone, presidente di Italia Nostra, denuncia il grave stato di pericolo dell’edificio per i tetti sfondati; solo qualche mese dopo Ferlaino ed altri soci dell’affare, vengono condannati per aver «fraudolentemente deprezzato le quote dei d’Avalos» dopo la denuncia di Francesco d’Avalos (Corriere del Mezzogiorno 31 gennaio 2008).

La vicenda del Palazzo si complica intorno al 2005: svariati passaggi di pacchetti azionari tra i d’Avalos e varie società tra cui la Vasto S.r.l., impegnano i tribunali fino alla sentenza della Cassazione Civile n. 9888 del 2016, in cui sostanzialmente si rigettano le richieste degli eredi dopo la morte di Francesco. A leggere la sentenza emerge una guerra di tutti contro tutti.

Nel 2015 la Soprintendenza concede il permesso di ristrutturare anche il piano nobile; che qualcosa non funzioni emerge dalle dichiarazioni due anni dopo del soprintendente Luciano Garella. A questo punto della vicenda, sia l’erede Andrea d’Avalos che Guido Donatone, fanno disperato appello al ministro Franceschini per venire a capo della faccenda.

Tra processi e passaggi di quote parte, nel 2018 sul portale delle vendite pubbliche del Ministero della Giustizia compare il 28% del capitale sociale della Vasto s.r.l. di proprietà di Francesco d’Avalos: base d’asta oltre 9 milioni di euro. Spulciando nelle cronache giornalistiche del tempo in una intervista rilasciata ai primi di dicembre 2002, l’imprenditore Ferlaino dichiarava: «Le società che ho per Palazzo d’Avalos e per i terreni di Giugliano rischiano il crac. Di Palazzo d’Avalos volevo farne un centro commerciale di alto livello: negozi, marchi, griffe. Invece la società rischia di fallire, i miei soci non mettono una lira. Bisognerebbe aumentare il capitale, io sono pronto, ma gli altri no».

Cosa sia accaduto dopo lo stabilirà l’indagine che si preannuncia complicatissima. Palazzo d’Avalos col suo piano nobile e la collezione di dipinti ricostruita stanza per stanza da Marialuigia Bugli, avrebbe potuto diventare un grandioso museo se lo Stato ci avesse investito. Invece un altro mare di carte in un’inchiesta che non si profila per nulla breve, sommergerà nuovamente il palazzo.

articolo di Rossana Poce da https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/cronaca/19_novembre_05/palazzo-d-avalos-quando-ferlaino-disse-volevo-centro-commerciale-bb86655e-ffd2-11e9-82b5-426614f2da09.shtml

Ci daresti una mano?

Regalati la tessera di Italia Nostra e donala ai tuoi amici per proseguire una storia lunga oltre 65 anni di iniziative, progetti e battaglie per il Paese.

Italia Nostra
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy