Italia Nostra

Data: 30 Aprile 2020

I Vincoli della Soprintendenza: un’opportunità per lo sviluppo di una vera ricchezza per il territorio viterbese

Italia Nostra, sezione di Viterbo, apprende da un articolo del Corriere di Viterbo del 15 aprile scorso che anche il Comune di Viterbo ha aderito al ricorso al TAR avverso il decreto ministeriale relativo alla dichiarazione di notevole interesse pubblico del MIBACT. L’area interessata è quella che da Porta Faul e dalla Cassia Sud si estende fino all’area delle Masse di San Sisto e del Bullicame. Il ricorso era già stato presentato dall’ANCE, dalla Free Time e dall’Università della Tuscia.

Perché tanta avversione da parte del Comune, degli imprenditori, e dell’Università nei confronti della “dichiarazione di notevole interesse pubblico” che ha lo scopo di inquadrare l’area storico-paesaggistica entro la quale promuovere il futuro sviluppo urbano ed extraurbano di Viterbo? Sviluppo sì, ma in un quadro di regole condivise che rispettino la realtà paesaggistica e storico-culturale del territorio e che rappresenta la sua vera ricchezza attuale da preservare. Al contrario nell’articolo del Corriere di Viterbo del 15 aprile 2020 si legge: “Secondo i costruttori viterbesi e anche secondo il Comune si tratta (di) un’ipoteca pesantissima non solo sullo sviluppo termale, ma anche su quello edilizio in una città dove, che piaccia o no, il cemento ha rappresentato negli ultimi decenni il principale volano economico.”

Italia Nostra osserva quindi quanto segue:

  1. Oggi è auspicabile che lo sviluppo della Tuscia non sia impostato sull’erosione della bellezza naturale, storico-paesaggistica e rurale. Se negli anni passati si è puntato sullo sprawl urbano (sviluppo disordinato di abitazioni e capannoni agricoli e industriali senza soluzione di continuità), questo non vuol dire che ancora oggi questa sia la strada migliore per i cittadini: la crescita economica ed umana deve essere, in primis, sostenibile per un territorio particolarmente fragile. Dall’altro, si è visto che altre parti d’Italia e d’Europa hanno addirittura raddoppiato il proprio valore commerciale grazie alla preservazione del territorio.
  2. Viterbo, con la sua ricca storia papale, poteva essere valorizzata come la provenzale Avignone, sua gemella nel periodo medievale, e diventare il punto focale di uno sviluppo turistico sostenibile (slow tourism) e non di turismo ”mordi e fuggi”. Basti prendere a modello le altre province limitrofe: Grosseto con il promontorio dell’Argentario; Siena con il Chianti; Terni con le aree di fama mondiale di Todi e Orvieto.
  3. Proprio in virtù della sua bellezza ed unicità, la Tuscia viterbese è stata immortalata da grandi registi italiani come Pasolini, Fellini, Risi e Comencini ed è stata per secoli l’ultima tappa del Gran Tour o della Via Francigena nell’itinerario dall’Europa verso Roma. Perché il Comune di Viterbo non ha promosso l’idea di far dichiarare quest’area “patrimonio dell’UNESCO”, preservando così il centro storico di Viterbo, il palazzo Farnese di Caprarola, il palazzo Papaqua di Soriano, la necropoli di Norchia, il santuario della Madonna della Quercia, i borghi di Vitorchiano, Bagnaia e Bomarzo, e tanti altri siti e monumenti oggi alla mercé di possibili interventi urbanistici che potrebbero compromettere una eventuale candidatura?
  4. Nell’area coperta dalla dichiarazione di pubblico interesse del MIBACT strutture di grande suggestione non mancano e sarebbero sufficienti per ospitare il turismo termale che deve essere necessariamente regolato e calibrato anche considerando la reale capacità delle acque termali. Se ci fosse la necessità di aumentare le capacità ricettive lo si potrebbe fare recuperando edifici anche storici in rovina, o costruendone di nuovi rispettosi del paesaggio e storia circostanti. Al tempo stesso perché le vestigia romane dell’area che va dalle Masse di San Sisto/Paliano fino alle terme del Bagnaccio e oltre, passando per l’area delle terme dei Papi e del Bullicame, finora non sono state riportate alla luce, valorizzate con illuminazione ad hoc, rese accessibili alla visita dei turisti ed evidenziate adeguatamente con pannelli didattici?
  5. Al tempo stesso si rileva che il reticolo viario che collegava Roma con l’Etruria settentrionale e l’Europa con le vie Clodia, Cassia Vetus e Cassia Nova, è stato fino ad oggi ignorato, sommerso dalla terra o addirittura in parte rimosso e cancellato, nonostante esso coincida in parte con l’itinerario della Francigena, valorizzato in Francia e Spagna e a sud di Roma fino a Monte Sant’Angelo e Brindisi. Sarebbe auspicabile promuovere un progetto di “Strada delle Terme” o percorso termale, ristrutturando e salvando i numerosi casali e manufatti antichi presenti, apportando cosi ricchezza al territorio. Le vie antiche sono documentate e provate da mappe, da archeologi italiani e stranieri, dalla testimonianza della Carta Archeologica d’Italia (1881-1897) di Gamurrini, Cozza e Pasqui, dai rilievi aerei dell’ultima guerra e dall’emersione anche recente di parti di basolato splendidamente conservate. Resti di un grande passato che attendevano la dichiarazione di pubblico interesse, merito non del Comune ma dei dirigenti e funzionari del MIBACT. Tale dichiarazione MIBACT permette oggi di censire, inquadrare, per poi preservare e valorizzare tutte queste tracce che rischiano altrimenti la sparizione, come avvenuto in questi ultimi decenni. Perché allora il Comune di concerto con il Ministero dei Beni Culturali, anziché impugnare il vincolo, non valuta invece la possibilità di istituire il “Parco archeologico della Cassia Antica e della Francigena” (simile al Parco dell’Appia antica)? Italia Nostra, sezione di Viterbo, ha intenzione di presentare un progetto di sviluppo in tal senso che possa coinvolgere lo stesso MIBACT, la Regione Lazio, il Comune di Viterbo con i suoi cittadini e imprenditori.
  6. Infine, una considerazione di ordine più generale in relazione al concetto di “beni comuni”, concetto giuridico che ha già preso piede persino in Paesi neoliberisti come gli Stati Uniti ed è ora stato introdotto anche in Italia, sulla base della recente legge n. 168/2017 sui domini collettivi. Il paesaggio e, in esso, le risorse o fonti idriche fruite dalla popolazione da tempo immemorabile (documenti dell’Archivio storico del Comune attestano la fruizione gratuita e incondizionata da parte della popolazione e dei forestieri delle acque termali viterbesi da almeno un millennio), sono a tutti gli effetti un esempio chiarissimo di risorse collettive prima ancora che beni concessi in fruizione ai singoli in base a meri rapporti di tipo concessorio. Recenti sentenze della Corte Costituzionale vanno proprio in questa direzione.

Perché il Comune di Viterbo impugna un vincolo nel cui ambito si inquadra anche la preservazione e tutela della fruizione dell’acqua termale da parte di tutti i cittadini il cui accesso deve essere favorito e non ostacolato da nuove costruzioni “hollywoodiane”? In altre parole, Il Comune dovrebbe collaborare con chi cerca di valorizzare il territorio preservandone il suo valore intrinseco rispettando storia e natura. Altrimenti viene lecito chiedersi: da che parte sta?

per chi volesse consultare il Decreto per l’ampliamento del Vincolo:

https://www.regione.lazio.it/rl_urbanistica/?vw=contenutiDettaglio&id=243

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