In questi giorni si discute in Puglia sul disegno di legge presentato dalla Giunta regionale dal titolo “La bellezza del territorio pugliese”. Sul provvedimento, di emanazione dell’assessore all’Urbanistica Alfonsino Pisicchio, è in corso il processo partecipativo con gli Ordini professionali e le Associazioni portatrici di interessi diffusi, tra cui Italia Nostra. Dopo attenta lettura e discussione, Italia Nostra segnala che alcune delle norme previste nel disegno potrebbero avere l’effetto contrario di quello auspicato nelle premesse stesse del DdL (Disegno di Legge). Infatti si legge in premessa che esso ha una “funzione educativa”, vuole rendere consapevoli i pugliesi della bellezza dei propri territori e paesaggi, che formano il “Mosaico identitario della Puglia”. Mentre i principi, le finalità generali, gli obiettivi e l’analisi dello stato di fatto elencati nei titoli I e II del DdL sono largamente sottoscrivibili, quando si scende nel dettaglio delle norme operative si notano alcune discrepanze con i precedenti e sovraordinati Piano Paesaggistico Regionale e Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Così compare un nuovo strumento urbanistico/umanistico, che non è un Piano ma una “Strategia delle trasformazioni urbane” (STU), per la quale la Giunta regionale entro 180 gg dall’entrata in vigore della legge, elaborerà le Linee guida tenendo conto di una molteplicità di fattori sociali, urbanistici, ambientali.
Le linee guida faranno riferimento ai Piani Articolati delle Trasformazioni (PAT) e alla partecipazione civica e di enti, introducendo una “Carta della qualità urbana e della Valorizzazione del paesaggio” che forse fissa criteri già definiti dal PPTR approvato da regione e MiBACT. Fino a qui le norme della “grande bellezza”, ma da qui in poi comincia l’altra faccia della norma, quella relativa alla “bruttezza”.
Il Titolo III, “Competenze e provvedimenti”, prevede la condivisione degli obiettivi e delle strategie dei piani, il coordinamento delle azioni amministrative degli enti pubblici nell’ambito dello STU e promuove Accordi di Partenariato (AdP) di iniziativa Pubblica e/o Privata, ma condivisi con soggetti del terzo settore e della società civile. Così si scopre che lo STU è approvato in variante agli strumenti e non è un Piano ma una sorta di “programma pluriennale di attuazione” che può comportare variante allo strumento urbanistico.
Al Titolo IV, “Qualità delle trasformazioni e criteri relativi”, sono riportati gli ambiti di “riqualificazione urbana” da attuarsi attraverso interventi di riuso, di rigenerazione del costruito e di miglioramento della qualità urbana ed ambientale. Italia Nostra vorrebbe chiarimenti su cosa si prevede per le aree con previsioni urbanistiche inattuate dei PRG sovradimensionati. Si scopre anche che i Comuni possono individuano contesti urbani periferici e marginali, ma anche il 5% di aree agricole contigue, dove prevedere interventi di Trasformazione Urbana (TU) All’art.12 i Comuni possono proporre Piani Articolati di Trasformazione (PAT), basati su “un’idea guida di rigenerazione”, applicati a tutto il territorio (dai Centri storici a Parchi naturali) e fondati sui bisogni ed alle istanze dei cittadini. I PAT vengono definiti “interventi organici d’interesse pubblico” ed infatti possono essere promossi da imprese di costruzione private, che come è noto sono portatrici di interessi privati e non pubblici. Tra l’altro i PAT sono considerati conformi allo strumento urbanistico generale vigente, semplicemente qualora conformi agli atti di pianificazione della trasformazione comunale approvate in base all’ambigua procedura di variante sopra indica. E sebbene sia positivo il censimento degli “ecomostri” (detrattori), non viene chiarito che l’edilizia abusiva va demolita, ripristinando lo stato dei luoghi. Positive sono anche le disposizioni che prevedono che gli edifici “incongrui” (legittimi o sanati) possano essere rimossi e delocalizzati: in linea di principio infatti il recupero e “il costruire sul già costruito” riduce o meglio può arrestare il consumo di suolo agricolo.
Il Titolo V “Misure premiali”, prevede incentivi edilizi che nominalmente dovrebbero servire a ridurre il consumo di suolo per i nuovi edifici “sostenibili” ma, di fatto, contemplano un aumento volumetrico del 10% (che per fortuna non viene aggiunto al Piano Casa) che contraddice quanto in premessa. Per fortuna gli interventi di rimozione/sostituzione edilizia non sono previsti per gli edifici nei centri storici, i beni monumentali e l’architettura moderna o contemporanea con più di 50 anni. Si precisa che per non “snaturare” la bellezza, la ricostruzione di edifici demoliti non può avvenire sulla stessa area di sedime, se questa ricade in zone a vincolo paesaggistico, aree protette, oasi, zone umide, geositi ed aree ad alta pericolosità idraulica-geomorfologica. Va bene demolire e fare il ripristino ambientale, ma delocalizzando e ricostruendo con edilizia sostenibile non si riduce il consumo di una risorsa non rinnovabile come il suolo. I comuni sono, inoltre, liberi di assegnare anche “a privati” le aree a servizi in esubero per destinarle a Edilizia residenziale sociale, oppure consentire un surplus di capacità edificatoria in ambiti già residenziali. Si ampliano le deroghe e gli incentivi sine die per i fabbricati esistenti nel territorio urbanizzato già previsti dal Piano Casa e si introducono derogare anche alla destinazione urbanistica. La Regione riconosce risorse finanziarie per i comuni e prevede anche la creazione dell’Osservatorio regionale della Bellezza per monitorare la legge, pur previsto già dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, istituito con legge regionale 20/2009. Infine vengono abrogate alcune leggi regionali assorbite dal DdL, ma restano in vigore le norme LR n.20/2001 “Norme generali di governo ed uso del territorio”, LR 20/2009 “Norme per la pianificazione paesaggistica” e soprattutto le norme del Piano Paesistico Territoriale Regionale (PPTR) che contrasteranno con i nuovi strumenti (Carta, STU, PAT, TU e misure premiali).
Una norma ambigua e “double face”
Giacinto Giglio
Consigliere Nazionale di Italia Nostra