In vista dell’imminente stagione estiva la città di Fermo deve presentarsi al meglio, per non deludere italiani e stranieri, ma anche gli stessi residenti, che vanno alla scoperta dei monumenti e degli angoli più caratteristici della città.
Ci sono prestigiosi complessi come la chiesa di San Filippo Neri e il Fontevecchia per i quali è partito il restauro, spazi che ci potremo godere tra qualche anno. Ma tutti i monumenti cittadini devono essere oggetto di attenzione, manutenzione e valorizzazione. Ce n’è uno, in particolare, molto importante per la storia di Fermo, che è in totale abbandono: la Fonte di San Francesco di Paola che si trova all’ingresso principale della città, di lato a viale Trento, all’inizio della Castiglionese, che per lo stato in cui si trova, verrebbe voglia di recintarla. La Fonte fu costruita nel 1320 su sette archi a tutto sesto e vasche comunicanti. Sulla facciata ci sono stemmi in pietra scolpiti e sotto quattro rostri. Questo luogo, per i fermani, è anche detto “lu sfumicu” perchè, anticamente, in tempi di epidemie, chi doveva entrare in città, per precauzione veniva prima sottoposto a suffumigi disinfestanti e risciacqui con l’acqua pura della fonte. Nel tempo, questo spazio, fu anche utilizzato come luogo per esecuzioni capitali. Ebbene, questo posto, che rappresenta una straordinaria testimonianza di arte e di storia di questa città, è lasciato alla totale e completa rovina. Oggi la Fonte è diventata il gabinetto, o meglio il cesso di coloro che passano da quelle parti e che hanno delle necessità impellenti. In particolare nei giorni di sabato, quando la gente si reca al mercato nell’ex campo della fiera. In piazzale Tupini ci sarebbero servizi igienici, ma pare non sempre restino aperti. Inoltre, nella Fonte, le basse colonne che sorreggono le arcate sono preda di vandali, di ladri o di nostalgici amanti di souvenir che, con martello e scalpello, vanno a rubare i preziosi mattoni romanicheggianti, tutti rigorosamente in cotto, compromettendo anche la staticità delle stesse. Le vasche interne sono una discarica abusiva, un ricettacolo di lattine, cartoni, legname, escrementi umani. La maestosa facciata, per gran parte, è coperta da erbacce e da edera rampicante (anche di un privato?) che nasconde gli stemmi e la lapide commemorativa tradotta dal professor Filippo Eugenio Mecchi. In questo luogo, gli sposi, usciti da chiesa, vengono a fare le foto ricordo. Molti anche i turisti d’estate. E non sarà gratificante rivedere quelle foto con sullo sfondo non la facciata della Fonte, ma un accumulo di erbacce. Un paio di volte all’anno un operaio con la tosa erbe falcia il prato antistante nel quale era posizionato un potente faro che, di notte, illuminava in modo suggestivo la facciata. Ora, in quel punto, emerge solo un telaio di ferro arrugginito. E’ ostruito anche il tombino per lo scorrimento delle acque piovane e quando piove il prato è totalmente allagato. Un’offesa a un monumento così ricco di storia, che si trova in bella vista, all’ingresso del centro storico, in un posto strategico: un biglietto da visita per chi viene in città.
Ci appelliamo al Comune di Fermo, alla Soprintendenza ai Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Marche e ai privati affinchè, ciascuno per la propria competenza, intervengano presto almeno per il decoro e la manutenzione, e successivamente per il restauro.