Italia Nostra

Data: 26 Dicembre 2017

L’isola pedonale nel centro storico: una sfida per tutti noi cittadini maceratesi

Da qualche giorno è ripartita la discussione sull’opportunità dell’isola pedonale che, faticosamente, si sta costruendo nel centro storico di Macerata: nonostante le festività e l’effettiva opportunità per quel po’ di tempo libero in più di cui si può disporre, il centro storico sembrerebbe incapace di attrarre persone rimanendo poco frequentato se non, addirittura, a tratti, completamente deserto.

Post sui social, con foto e condanne di fallimento annesse si susseguono copiosamente, come se un’istantanea personale scattata da un punto particolare ad un orario particolare potesse raccontare compiutamente un organismo complesso quale è il centro storico di una città. Povera Macerata, come la stanno riducendo!…

Insomma, si è riaccesa l’attenzione sul nostro centro storico e vorremmo cogliere l’occasione e l’atmosfera forse propizia per lanciare un nuovo spunto e ampliare il dibattito sulla pedonalizzazione del centro storico, un progetto che riteniamo completamente condivisibile e a cui proviamo a dare il nostro piccolissimo contributo.

Da molte parti si rileva il fatto che lo spazio pubblico è oramai diventato esclusivamente uno spazio del consumo. Alcuni esempi a sostegno di questa affermazione. Un bando regionale di qualche anno fa per la riqualificazione dei centri storici marchigiani si intitolava: centro storico, centro commerciale naturale. Le gallerie climatizzate dei centri commerciali sembrano essere gli unici spazi pubblici che funzionano e, in fondo, anche i commenti dei post summenzionati parlano di strade vuote del centro e negozi che non vendono. Sembrerebbe che la comunità in cui viviamo e di cui facciamo parte non riesca a vedere lo spazio pubblico se non in termini di spazio espositivo, di luogo dove consumare qualcosa, sia esso un pezzo di pizza o un evento culturale, un concerto…

Ma non è stato sempre così, e non bisogna andare troppo lontano nel tempo: è vivida nella memoria di chi scrive l’immagine dei sabati pomeriggio di meno di trent’anni fa in corso della repubblica, con migliaia di ragazzi (e non solo) che erano lì “esclusivamente” per vedersi e stare insieme. Magari una volta ci si comprava una camicia, un’altra volta un blue jeans, un gelato o un’aranciata, ma il motivo era sempre quello: si andava in piazza perché era lì che ci si vedeva e ci si incontrava. Il consumo era insomma presente, ma rappresentava un ingrediente, tra i tanti, del vivere insieme.

Poi, come sempre accade, pian piano, le cose son cambiate. Sono stati costruiti i centri commerciali. I cinema multiplex. Sono arrivati i telefonini. Internet. I siti social… e, in centro storico, se non occasionalmente, sempre meno persone.

Oggi, con questo fluire delle cose che, agli occhi di molti, appare quasi naturale e, in quanto tale, inevitabile, si presenta un’anomalia, una rottura di questa evoluzione, rappresentata proprio dall’isola pedonale. Una rottura che, per qualcuno potrebbe essere un anacronismo, ma che, comunque, ci interroga come comunità: cosa è che ci tiene insieme? Lo spazio pubblico che una volta si riempiva riconoscendosi come un tutt’uno, ora che lo abbiamo liberato dalle auto, come lo riempiamo di nuovo? Solamente come luogo di passaggio per andare a comprare qualcosa? Non riusciamo a trovare nessun altro motivo?

La contrarietà che in questi giorni sta riuscendo fuori risiede forse anche in una momentanea mancanza di risposte a quei quesiti.

Diverse associazioni cittadine, da qualche tempo, stanno proponendo le proprie risposte di appropriazione dello spazio pubblico, senza nostalgie, cogliendo dal passato gli spunti da riaggiornare nel presente. Pensiamo, tra le varie, al gruppo Spiazzati con i suoi eventi di utilizzazione degli spazi urbani del centro, o ai gruppi di nordic walking che organizzano frequentate camminate nel verde o in città, ma anche alla scuola popolare di filosofia con la sua proposta di agorà o il gruppo di acquisto solidale in cui l’acquisto diventa un atto di condivisione. Questa ricerca di risposte credibili a domande decisamente impegnative sul nostro essere comunità avviata dalle varie associazioni, ma a cui ognuno di noi, in qualsiasi forma, dovrebbe dare un contributo, richiede, per il suo ruolo, una presenza forte dell’amministrazione comunale, e che si metta in comunicazione con tutti i soggetti, attivamente e in trasparenza, in maniera che i singoli contributi si trasformino da eventi sporadici (in qualche modo oggetti di consumo loro stessi) in prassi quotidiana.

L’istituzione dell’isola pedonale non deve essere vista quindi come un fine (e alcuni suoi sostenitori commettono questo errore), ma come mezzo per giungere alla costruzione di una comunità maggiormente coesa e articolata, capace di cogliere e di affrontare le complessità dell’epoca che stiamo vivendo. Essa rappresenta, nel suo piccolo, una sfida reale che ci investe tutti, come cittadini. Se la si perdesse, non sarebbe una sconfitta per questa o quell’altra amministrazione ma il segno della nostra debolezza come comunità.

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