Italia Nostra

Data: 13 Febbraio 2019

Vendita e ipotesi di demolizione di Villa Tombari a Fano

Si pubblica l’appello al sindaco di Fano, inoltrato anche alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche con richiesta di ripristino del vincolo di conservazione su Villa Tombari, già inclusa tra gli esempi di architettura rurale di particolare interesse nei precedenti strumenti urbanistici

Gent.mo Signor Sindaco,

ci è pervenuta notizia della recente vendita del “Casino di Villa Tombari”, oggi Villa Tombari, sito in via della Giustizia,  importante e significativo esempio di architettura padronale, sopratutto se la si pensa in un contesto unitario formato dalla Villa, dalla casa colonica di recente restaurata e dalla schiera storicamente abitata da salariati e artigiani, che  ancora oggi delimita il contesto sull’omonima via che da lei prende il nome: via di Villa Tombari, un tempo la via per l’Arzilla lungo la collina di Belgatto.

Importante e significativo esempio di architettura padronale che unitamente alle altre due ville, Casino Torelli e villa Paleotta, presenti su quel tratto di campagna, rappresentava un momento di valorizzazione agraria ma anche di particolari scelte residenziali fuori porta che esprimevano la nobiltà e la borghesia di allora.

Certamente la più interessante per il fronte porticato a cinque archi,  per l’ampio giardino e per la sua presenza imponente, che giustifica non solo il nome che dà alla via, ma costituisce anche un preciso riferimento urbanistico, che valorizza quella parte di città.

Le cito come già il prof. Aldo Deli e l’arch. Virginio Fiocco nello studio storico a loro commissionato dall’allora Giunta Comunale e poi compreso nelle analisi propedeutiche alla variante al PRG della Giunta Aguzzi, fin dalla prima adozione, avevano descritto la nostra Villa al punto 2.5:

In via della Giustizia,  al civico n.6,  presso la curva che piega verso la Trave c’è una costruzione denominata, ora, Villa Tombari: nel brogliardo 1818 e nella carta IGM 1894 “Casino Tombari”.  E’ un bell’esempio di costruzione rustica  e, insieme, residenziale.  L’edificio è di impostazione simmetrica con corpo centrale elevato di due piani, con sottostante porticato a cinque archi  e due piccoli corpi laterali di minore altezza.  Ha dato il nome ad una strada laterale: Via di Villa Tombari.  

Inoltre nella tavola allegata, contenente la sintesi delle loro proposte, evidenziavano le tre ville come architetture da conservare: la nostra era cerchiata  ed  individuata con  2.6.ER.

Alla luce di queste inequivocabili e precise indicazioni e suggerimenti, dopo che nei primi due passaggi amministrativi, adozione ed adozione definitiva, le annotazioni cartografiche nella carta dei vincoli in scala 1:5000  mantenevano  sull’immobile – unitamente a quelli circostanti – una campitura che faceva riferimento agli edifici presenti nel Catasto Pontificio e quindi da vincolare alla conservazione; dopo tutti questi passaggi burocratici di rito, all’approvazione definitiva  anziché rafforzarsi la volontà di tutela di questo bell’esempio di costruzione rustica, tutto è scomparso ed è rimasta una generica destinazione B1.2. Come se questi edifici fossero banali costruzioni residenziali ormai superate, da assoggettare ai  purtroppo divenuti consueti abbattimenti  per ottenere  premiate ristrutturazioni con incremento del 40% del volume esistente, come in base al famigerato “piano Casa”.

Ci si domanda perché sia stata tolta l’annotazione di edificio presente nel Catasto Pontificio, perché sia stata negata a queste ville l’evidenza che le attribuiva il PPAR,  ma anche e sopratutto l’indagine dei due studiosi che ne aveva evidenziato la singolarità; perché questa leggerezza inaccettabile degli uffici preposti ai vari livelli nel valutare le indicazioni dei due curatori dell’indagine storica? Hanno capito che con simile zonizzazione Villa Tombari era spacciata?

Vista la gravità della scelta di piano e le iniziative in corso, che stante  l’indifferenza dei livelli burocratici per la tutela di interessi collettivi possono portare alla cancellazione di questo notevole episodio di architettura rurale, chiedo in qualità di Presidente della Sezione di Italia Nostra di Pesaro di rivedere la scelta, fatta dalla precedente amministrazione di non far valere  quanto la presenza dell’edificio nelle due citate cartografie richiedeva e di rideliberare nuovamente  ripristinando per l’edificio il vincolo di conservazione correttamente contenuto nel piano adottato  definitivamente ma poi scomparso in approvazione.

Certa che l’amore che la lega alla sua Città, alla luce di tutti gli elementi che le abbiamo evidenziato, le faccia comprendere la nostra richiesta e decidere di correggere scelte sbagliate, sostanzialmente illegittime, che possono far perdere  a Fano quel senso di città dove passato e presente convivono in armonia, per dare un senso al suo futuro.

Federica Tesini – Presidente Italia Nostra Pesaro e Fano

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