Italia Nostra

Data: 1 Giugno 2017

Eremi di Pulsano a Monte Sant’Angelo (Foggia): segnalazione per la Lista Rossa

Indirizzo/Località: Valli di Pulsano – Monte Sant’Angelo – Foggia

Tipologia generale: edifici di culto

Tipologia specifica: eremi

Configurazione strutturale: incastonati negli anfratti rocciosi delle valli circostanti l’abbazia madre di Santa Maria di Pulsano ubicata a circa 8 km dalla città di Monte Sant’Angelo

Epoca di costruzione: sec. X

Comprende: chiesa abbaziale madre dedicata a Santa Maria di Pulsano e sfruttando profonde grotte naturali, gli eremi di Pulsano tra le pareti scoscese delle tre valli, Monteleone – Mattino, dei Romiti e Campanile

Uso attuale: grave stato di conservazione e di abbandono e la fragilità delle strutture delle grotte degli eremi

Uso storico: Il cenobio e le adiacenti valli di Pulsano vennero a popolarsi di monaci seguaci di Sant’Equizio. L’abbazia divenne, per importanza, il secondo santuario garganico dopo la grotta dedicata all’Arcangelo Michele

Condizione giuridica: bene pubblico di proprietà del Comune di Monte Sant’Angelo

Segnalazione: del 23 aprile 2017 – segnalazione della Sezione di Terre dell’Angelo – montesantangelo@italianostra.org


Motivazione della scelta:
 Incastonati su un anfratto roccioso sul versante meridionale del Gargano, a pochi chilometri dalla città di Monte Sant’Angelo, i numerosi eremi dell’abbazia di Pulsano, alcuni dei quali di proprietà privata, stupiscono il visitatore per la bellezza del paesaggio, per la storia dei luoghi costruiti e la spiritualità che trasmettono. Il cenobio e le adiacenti valli di Pulsano vennero a popolarsi di monaci seguaci di Sant’Equizio che ricercavano, nella unicità e bellezza dei luoghi, una vita ascetica e contemplativa tant’è che in breve tempo l’abbazia divenne, per importanza, il secondo santuario garganico dopo la grotta dedicata all’Arcangelo Michele.

Quasi a voler imitare l’architettura della chiesa abbaziale madre dedicata a Santa Maria di Pulsano e quella della Basilica di San Michele in Monte Sant’Angelo, entrambe realizzate sfruttando profonde grotte naturali, gli eremi di Pulsano utilizzano, anch’essi, gli anfratti rocciosi e le numerose grotte che si aprono sulle pareti scoscese delle tre valli, Monteleone – Mattino, dei Romiti e Campanile, che limitano il pianoro su cui sorge l’abbazia madre. Ubicati in posti inaccessibili e impervi, i ventiquattro e più eremi, nei periodi di maggiore splendore, dovevano costituire un complesso monastico “territorialmente diffuso”.

Ciò è testimoniato dalla presenza di una capillare rete viaria, che ancora collega le numerose celle eremitiche, dalla efficace rete idrica idonea per raccogliere e convogliare le acque piovane in cisterne interrate e per la attività svolta dell’imponente eremitaggio denominato “Mulino”, per via della presenza di una grossa macina e per un’ampia conca di conservazione del grano, che con i suoi numerosi ambienti circondati da mura, doveva assolvere al compito di produrre pane, alimento indispensabile per la povera ed austera dieta dei monaci. San Giovanni da Matera, Rondinella, Santa Margherita, Pietre, Mulino, Pinnacolo, Studium, Carceri, San Nicola, sono solo alcuni dei nomi degli eremi che ancora si possono visitare e, nonostante le pessime condizioni in cui versano le strutture murarie e gli affreschi delle cappelle cenobie, la natura incontaminata dei luoghi, l’ innaturale silenzio, ci riportano a quella ricercata originaria dimensione contemplativa che ancor oggi rende percettibile e palpabile il “sovrannaturale”. Per la loro ubicazione, l’accessibilità di alcuni eremi risulta davvero “ardita” (Rondinella, Carceri, Mulino, Pinnacolo) mentre per gli altri è agevole.

Il grave stato di conservazione e di abbandono e la fragilità delle strutture, impongono interventi di immediato puntellamento delle parti più a rischio di crollo in attesa di un auspicabile intervento di restauro. Per la pericolosità dei luoghi tutti gli eremi andrebbero vietati alla visita. Le poche notizie storiche, forse dovute anche al ricercato isolamento in cui visse e vive il cenobio, ci proiettano nell’anno 912, allorquando Walfredo, primo vescovo della unificata diocesi di Benevento-Siponto, insedia in quei luoghi i monaci Cluniacensi con dipendenza diretta dalla francese abbazia madre di Cluny. Le incursioni saracene del X e XI sec. portarono al decadimento dell’abbazia che durò fino al 1129, anno in cui il Monaco Giovanni da Matera, dopo aver ricostruito le mura dell’abbazia, fonda l’ordine monastico autonomo dei Pulsanensi che crebbe sia in adepti che in proprietà tant’è che papà Alessandro III, in occasione del suo pellegrinaggio al Gargano, il 30 gennaio 1177, consacra la chiesa abbaziale dedicandola alla Vergine Maria e santifica le spoglie dell’abate San Giovanni da Matera morto nel 1139 deponendole sotto l’altare principale.

Le alterne vicende ci proiettano nel XV sec. allorquando l’abbazia, retta da un cardinale commendatario, viene amministrato da Roma; è questo il periodo in cui nel complesso abbaziale si susseguono i monaci Cistercensi, Francescani, Domenicani e Celestini. Il catastrofico sisma del 1646, che danneggiò gravemente i locali del cenobio con la sua importante biblioteca e il successivo editto di Giuseppe Bonaparte del 1806 diedero inizio all’inesorabile decadimento e abbandono dell’intero complesso monastico che si concluse nel 1997, anno in cui si assiste all’insediamento di una nuova presenza monastica, quella dei Pulsanensi, che tutt’ora regge il complesso abbaziale.

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