Italia Nostra

Data: 30 Gennaio 2017

No agli olivi “feticcio”della Sarparea

Nella conferenza stampa di presentazione del nuovo progetto di Resort previsto a S. Isidoro, l’imprenditrice inglese Alison Deighton ha espresso (bontà sua) comprensione per il “timore che gli abusi perpetrati in passato si possano ripetere…” e che “… è arrivato il momento di guardare al futuro con la certezza che il vostro amore per gli ulivi è anche il nostro amore per la bellezza della natura del Salento, che intendiamo preservare e valorizzare”. A dimostrazione di ciò sono previste – a suo dire – minori volumetrie, la tutela degli ulivi, la costruzione di muretti a secco, la tinteggiatura bianca delle villette, la collocazione di pergolati, di piante spontanee fino alla possibilità che gli ospiti raccolgano le olive per produrre olio biologico. Di fronte a tali scelte risulterebbe consequenziale “convincersi” della bontà dell’intervento teso (a suo dire) a un turismo sostenibile, esperienziale e nella natura.

Al netto degli aspetti di carattere urbanistici e autorizzativi adottati o che saranno adottati, risulta opportuno per un momento entrare nel merito dell’intervento e della sua effettiva corrispondenza con le aggettivazioni dei proponenti, facendo alcune analisi e considerazioni.

L’area interessata dal progetto, estesa per un totale di 17 ettari e di cui 4.5 destinati a Parco, impegna bel 12.5 ettari che saranno utilizzati per la realizzazione di strade, parcheggi, per un albergo, la reception, una scuola di cucina e per 70 villette a due piani  (il tutto per 95.000 mc) e a cui vanno aggiunte una serie di altre opere complementari che comportano rilevanti alterazioni. Pertanto, se per favorire il turismo sostenibile può risultare coerente cementificare il territorio (anche se in forma minore), è come dire che una sostanza tossica può essere salutare ad un organismo malato, basta ridurne la dose!

Come ben sappiamo infatti il territorio della provincia di Lecce (anche quello di Nardò) è un “organismo malato”, anzi gravemente malato, per l’enorme consumo di suolo (tra le prime aree in Italia), per il gran numero di discariche (prima in Puglia), per l’inquinamento dei terreni e delle falde, per le ridotte aree boscate, per la pesante cementificazione della costa, per l’enorme rete stradale, per l’invasione del fotovoltaico nelle campagne, per l’inquinamento luminoso e la diffusa alterazione del paesaggio. Pertanto qualsiasi intervento di nuova edificazione, soprattutto fuori dai centri abitati, risulta del tutto insostenibile (anche con progetti di qualità), ancor meno se l’intervento ricade in un’area come quella della “Sarparea” ove gli ulivi secolari sono la matrice del territorio in termini agricoli, paesaggistici e storici.

Oltre alla sostenibilità ambientale risulta importante valutare la sostenibilità economica dell’intervento, per il territorio in primis e per gli stessi operatori. Infatti, se consideriamo che in provincia di Lecce vi sono ben 50.000 appartamenti inutilizzati (escluse le seconde case di villeggiatura e quelle sottoutilizzate), ci rendiamo conto di quanto è assurdo economicamente aggiungere ancora altre volumetrie al territorio che dispone di un enorme patrimonio immobiliare che va valorizzato e non inflazionato e, restando invenduto, non essere mai recuperato. Se consideriamo poi che molto di questo patrimonio è collocato nei centri storici (vedasi quello di Nardò) allora la domanda sorge spontanea: come mai i “nostri” imprenditori inglesi, così sensibili alla bellezza e alla tutela della natura salentina, non hanno pensato (o non sono stati consigliati) di investire i 70 milioni di euro nel recupero del patrimonio immobiliare del bel centro storico di Nardò realizzando comunque una ricettività di lusso? Sarebbe stata questa (e può essere ancora) un’alternativa sostenibile in termini ambientali ed economici nonché meritoria perché ridarebbe vita e dignità al nostro patrimonio storico-artistico-architettonico che è poi una delle risorse primarie per il turismo. D’altronde basta cliccare su internet “turismo sostenibile” per riscontrare che esso privilegia gli alloggi dell’entroterra, usufruisce di servizi esistenti, raggiunge il mare con servizi navetta o in bici e fa vivere gli ospiti a contatto con i residenti. Nulla toglie che ai turisti si consentita poi la raccolta delle angurie, dell’uva o delle olive e per cui l’uliveto della Sarparea, restando tale, consentirebbe veramente di far vivere un’esperienza speciale.

Purtroppo in questo progetto l’uliveto della Sarparea interessa come cornice, come feticcio di un territorio (xilella permettendo) utile ad “attirare” turisti a cui vengono propinate identità edulcorate per fargli vivere quella “vacanza da sogno tra gli ulivi e il mare”. In questo scenario non è strano pensare di vedere domani sotto gli ulivi secolari, magari per evitare che il vento di scirocco impolveri di terra gli ospiti del resort che prendono il sole, un bel prato. Ovviamente inglese!

Ulteriori aspetti da non trascurare sono gli effetti indiretti di tale infrastruttura su una costa già satura urbanisticamente (per i villaggi esistenti e per la diffusa edificazione degli anni passati) e che – tra l’altro – vedrà la spiaggetta di S. Isidoro ancor più intasata come le infrastrutture stradali. Pertanto è necessario che le istituzioni valutino attentamente la bontà dell’intervento sotto tutti i punti di vista e che l’Amministrazione di Nardò non si limiti ad applicare passivamente le norme, ma adotti la stessa sensibilità per le vicende della condotta a mare dei reflui e per le ricerche di idrocarburi nello Ionio, perché in ecologia tutto si tiene reciprocamente.

L’auspicio è che la vicenda della Sarparea possa diventare un’opportunità per Nardò e per il Salento; è questa l’occasione per un reale ripensamento su un modello di sviluppo per il nostro territorio che va profondamente rivisto e per cui le azioni da mettere in atto (pubbliche e private) non possono più essere quelle di trent’anni fa (se pur edulcorate) ma quelle indirizzate al risanamento ambientale, al restauro e recupero del patrimonio esistente e alla rinaturalizzazione del territorio di cui in questi anni ne abbiamo fin troppo abusato. Solo così si potrà preservare la bellezza e la natura del Salento. Quella che è rimasta almeno!

Marcello Seclì

Presidente Italia Nostra –  Sezione Sud Salento

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