La rinuncia della Guardia di Finanza ad installare i radar nei promontori di Capo Sperone, Capo Pecora, Ischia Ruja e Argentiera – comunicata dall’avvocatura dello stato al TAR Sardegna, che il prossimo 25 gennaio dovrà discutere nelmerito del ricorso presentato da Italia Nostra e dal comune di Tresnuraghes – rappresenta un’importante risultato per l’Associazione e per i Comitati NOradar della Sardegna. Di fronte ad una eventuale ulteriore sentenza sfavorevole, la GdF sceglie di ritirarsi di buon grado e di individuare altri siti. I siti individuati sono dei vecchi fari della Marina Militare per alcuni dei quali le Amministrazioni locali hanno progettato il recupero finalizzato ad un riutilizzo pubblico del bene. Questi fari, ubicati lungo la costa occidentale della Sardegna, sovrastano promontori che possiedono le stesse caratteristiche ambientali e paesaggistiche di quelli individuati in precedenza per cui non si capisce la ratio di tale scelta se non quella di dover piazzare da qualche parte radar già acquistati e conservati in magazzino. Considerati i costi di installazione dei radar GdF e di acquisto di quelli della Guardia Costiera, si risparmierebbero oltre 400 mila euro se si decidesse di rinunciare alle due reti di radar. Somme utili a dare respiro alle casse ormai vuote di parchi e aree protette. Italia Nostra, così come ha sostenuto la lotta delle comunità dei quattro siti che si sono mobilitate a difesa del proprio territorio, prosegue nel suo impegno ambientale assieme ai cittadini e agli amministratori di Cagliari, Carloforte, Cabras e Alghero e delle altre località interessate. Tre di questi siti dovranno addirittura ospitare due radar con le conseguenze negative dovute alla somma delle emissioni elettromagnetiche degli apparati. È bene ricordare che l’Associazione ha presentato qualche mese fa una denuncia alle Procure della Repubblica competenti per territorio con la quale si evidenziavano le numerose “anomalie” riscontrate nell’iter procedurale di rilascio delle autorizzazioni e i veri e propri abusi causati dall’apertura dei cantieri. Chi pagherà i costi del ripristino ambientale della collina di Capo Pecora completamente deturpata da una immensa pista realizzata senza neppure le necessarie autorizzazioni? Considerato che i siti individuati per l’installazione dei radar sono di rilevante interesse paesaggistico e ambientale (quasi tutti parchi, aree protette, zone umide di importanza internazionale e inseriti nella Rete Natura 2000) e che, come sostiene il TAR Sardegna, è necessario garantire il diritto all’ambiente salubre, si ritiene scellerata la scelta di installarvi radar e apparecchiature elettroniche che emettono onde elettromagnetiche dannose per il territorio e per la salute umana e dell’ecosistema, e che impediscono la pubblica fruizione di questi bellissimi promontori. L’Associazione esprime inoltre viva preoccupazione per i danni ambientali che i radar già installati in Sicilia, Calabria e Liguria possono arrecare alle comunità residenti, considerando che alcuni centri urbani risultano investiti dalle pericolose emissioni elettromagnetiche dei radar.
Sant’Antioco 23 dicembre 2011
Spuntano come funghi i radar anti-migranti di Antonio Mazzeo
Importante sentenza del TAR Puglia
La rinuncia della Guardia di Finanza ad installare i radar nei promontori di Capo
Sperone, Capo Pecora, Ischia Ruja e Argentiera – comunicata dall’avvocatura
dello stato al TAR Sardegna, che il prossimo 25 gennaio dovrà discutere nel
merito del ricorso presentato da Italia Nostra e dal comune di Tresnuraghes –
rappresenta un’importante risultato per l’Associazione e per i Comitati NOradar
della Sardegna.
Di fronte ad una eventuale ulteriore sentenza sfavorevole, la GdF sceglie di
ritirarsi di buon grado e di individuare altri siti. I siti individuati sono dei vecchi
fari della Marina Militare per alcuni dei quali le Amministrazioni locali hanno
progettato il recupero finalizzato ad un riutilizzo pubblico del bene.
Questi fari, ubicati lungo la costa occidentale della Sardegna, sovrastano
promontori che possiedono le stesse caratteristiche ambientali e paesaggistiche di
quelli individuati in precedenza per cui non si capisce la ratio di tale scelta se non
quella di dover piazzare da qualche parte radar già acquistati e conservati in
magazzino. Considerati i costi di installazione dei radar GdF e di acquisto di
quelli della Guardia Costiera, si risparmierebbero oltre 400 mila euro se si
decidesse di rinunciare alle due reti di radar. Somme utili a dare respiro alle
casse ormai vuote di parchi e aree protette.
Italia Nostra, così come ha sostenuto la lotta delle comunità dei quattro siti che si
sono mobilitate a difesa del proprio territorio, prosegue nel suo impegno
ambientale assieme ai cittadini e agli amministratori di Cagliari, Carloforte,
Cabras e Alghero e delle altre località interessate. Tre di questi siti dovranno
addirittura ospitare due radar con le conseguenze negative dovute alla somma
delle emissioni elettromagnetiche degli apparati.
È bene ricordare che l’Associazione ha presentato qualche mese fa una denuncia
alle Procure della Repubblica competenti per territorio con la quale si
evidenziavano le numerose “anomalie” riscontrate nell’iter procedurale di rilascio
delle autorizzazioni e i veri e propri abusi causati dall’apertura dei cantieri. Chi
pagherà i costi del ripristino ambientale della collina di Capo Pecora
completamente deturpata da una immensa pista realizzata senza neppure le
necessarie autorizzazioni?
Considerato che i siti individuati per l’installazione dei radar sono di rilevante
interesse paesaggistico e ambientale (quasi tutti parchi, aree protette, zone umide
di importanza internazionale
La rinuncia della Guardia di Finanza ad installare i radar nei promontori di Capo
Sperone, Capo Pecora, Ischia Ruja e Argentiera – comunicata dall’avvocatura
dello stato al TAR Sardegna, che il prossimo 25 gennaio dovrà discutere nel
merito del ricorso presentato da Italia Nostra e dal comune di Tresnuraghes –
rappresenta un’importante risultato per l’Associazione e per i Comitati NOradar
della Sardegna.
Di fronte ad una eventuale ulteriore sentenza sfavorevole, la GdF sceglie di
ritirarsi di buon grado e di individuare altri siti. I siti individuati sono dei vecchi
fari della Marina Militare per alcuni dei quali le Amministrazioni locali hanno
progettato il recupero finalizzato ad un riutilizzo pubblico del bene.
Questi fari, ubicati lungo la costa occidentale della Sardegna, sovrastano
promontori che possiedono le stesse caratteristiche ambientali e paesaggistiche di
quelli individuati in precedenza per cui non si capisce la ratio di tale scelta se non
quella di dover piazzare da qualche parte radar già acquistati e conservati in
magazzino. Considerati i costi di installazione dei radar GdF e di acquisto di
quelli della Guardia Costiera, si risparmierebbero oltre 400 mila euro se si
decidesse di rinunciare alle due reti di radar. Somme utili a dare respiro alle
casse ormai vuote di parchi e aree protette.
Italia Nostra, così come ha sostenuto la lotta delle comunità dei quattro siti che si
sono mobilitate a difesa del proprio territorio, prosegue nel suo impegno
ambientale assieme ai cittadini e agli amministratori di Cagliari, Carloforte,
Cabras e Alghero e delle altre località interessate. Tre di questi siti dovranno
addirittura ospitare due radar con le conseguenze negative dovute alla somma
delle emissioni elettromagnetiche degli apparati.
È bene ricordare che l’Associazione ha presentato qualche mese fa una denuncia
alle Procure della Repubblica competenti per territorio con la quale si
evidenziavano le numerose “anomalie” riscontrate nell’iter procedurale di rilascio
delle autorizzazioni e i veri e propri abusi causati dall’apertura dei cantieri. Chi
pagherà i costi del ripristino ambientale della collina di Capo Pecora
completamente deturpata da una immensa pista realizzata senza neppure le
necessarie autorizzazioni?
Considerato che i siti individuati per l’installazione dei radar sono di rilevante
interesse paesaggistico e ambientale (quasi tutti parchi, aree protette, zone umide
di importanza internazionale e inseriti nella Rete Natura 2000) e che, come
sostiene il TAR Sardegna, è necessario garantire il diritto all’ambiente salubre, si
ritiene scellerata la scelta di installarvi radar e apparecchiature elettroniche che
emettono onde elettromagnetiche dannose per il territorio e per la salute umana e
dell’ecosistema, e che impediscono la pubblica fruizione di questi bellissimi
promontori.
L’Associazione esprime inoltre viva preoccupazione per i danni ambientali che i
radar già installati in Sicilia, Calabria e Liguria possono arrecare alle comunità
residenti, considerando che alcuni centri urbani risultano investiti dalle
pericolose emissioni elettromagnetiche dei radar.
Sant’Antioco 23 dicembre 2011
e inseriti nella Rete Natura 2000) e che, come
sostiene il TAR Sardegna, è necessario garantire il diritto all’ambiente salubre, si
ritiene scellerata la scelta di installarvi radar e apparecchiature elettroniche che
emettono onde elettromagnetiche dannose per il territorio e per la salute umana e
dell’ecosistema, e che impediscono la pubblica fruizione di questi bellissimi
promontori.
L’Associazione esprime inoltre viva preoccupazione per i danni ambientali che i
radar già installati in Sicilia, Calabria e Liguria possono arrecare alle comunità
residenti, considerando che alcuni centri urbani risultano investiti dalle
pericolose emissioni elettromagnetiche dei radar.
Sant’Antioco 23 dicembre 2011