Le considerazioni recentemente espresse dal sig. Mario Zurli, presidente dell’Associazione “Amici della Miniera” (La Sicilia – Caltanissetta”, martedì 11 ottobre 2011) circa il recupero del patrimonio minerario del nostro territorio, non nuove, meritano un commento. Ciò, se non altro, nell’attesa di una replica da parte delle Istituzioni locali, chiamate in causa dallo stesso Zurli.
L’idea che le tracce del nostro passato minerario costituiscano un valore, e che questo valore possa potenzialmente generare anche un beneficio economico, ha guidato da decenni l’azione della Sezione nissena di Italia Nostra, al punto che oggi alcuni di questi siti minerari dismessi (Trabonella, Giumentaro e Giumentarello) rientrano nell’area protetta della Riserva naturale orientata Monte Capodarso e Valle dell’Imera Meridionale. Attraverso una molteplicità di iniziative, quali ad esempio incontri culturali, visite guidate, pubblicazioni, il tema delle miniere di zolfo è stato da sempre al centro dell’azione di conoscenza e valorizzazione da parte della nostra Associazione, a tutti i livelli.
Nel merito quindi vorremmo invitare a riflettere su quanto segue. La possibilità di una fruizione più o meno ampia del sotterraneo di una miniera costituisce certamente un plus nel potenziale di richiamo turistico della stessa. Tuttavia, poiché la materia è estremamente delicata, per ovvi motivi legati alla sicurezza, forse sarebbe opportuno rimettersi al parere di chi istituzionalmente ne ha di competenza: il Corpo Regionale delle Miniere. Peraltro, per quanto a conoscenza di chi scrive, proprio il sotterraneo della miniera Trabonella, chiuso e quindi privo di manutenzione anch’esso dal 1975, non è tra i più “tranquilli”, essendo nota la miniera proprio per le gravi e clamorose esplosioni dovute alla venuta di considerevoli quantità di grisou. Basti qui ricordare il cosidetto “Grande disastro” del 1911. E’ vero che la tecnologia attuale consentirebbe di mettere in sicurezza almeno parte di quel sotterraneo, ma questo, probabilmente, a fronte di un totale rifacimento e stravolgimento dello stesso, cosa che introduce un altro tema giustamente evidenziato dal sig. Mario Zurli, ovvero quello legato al restauro dei siti minerari in generale.
Sicuramente uno degli elementi che più attraggono il visitatore appassionato di miniere è quell’aura particolare che avvolge i luoghi, forse proprio in forza del loro stato attuale di abbandono. La miniera viene “esplorata” piuttosto che “visitata”, restituendo senza alcun filtro il senso di un’esperienza speciale. Un elemento fortissimo di coinvolgimento è l’atmosfera per così dire “indefinita e indeterminata” dei siti dismessi, indeterminatezza che lascia spazio, in ciascuno di noi, per una immaginaria e personale rappresentazione interiore di un mondo passato.
Il recente recupero di alcuni fabbricati della miniera Trabia Tallarita, nel territorio di Sommatino, cui fa riferimento il sig. Mario Zurli, a prescindere da considerazioni di natura economica, impone di tornare a riflettere su questo delicato aspetto. Il restauro degli edifici e delle macchine, senz’altro accurato, ha per forza di cose prodotto un taglio, una cesura irreversibile, ha spezzato per sempre quel respiro silenzioso che proveniva direttamente da un mondo passato: quale senso ha vedere, oggi, dei capannoni perfettamente e magistralmente rimessi a nuovo? Quali emozioni sono in grado di trasmetterci? Quali sentimenti di memoria sono in grado di suscitare? Certamente qualcosa è mutato. Forse è sparito quel “mistero dell’assenza”, di cui parla Vittorio Gregotti che, probabilmente, è il principale richiamo di questi luoghi. L’argomento merita particolare attenzione, a nostro avviso.
Un altro tema che bisognerebbe considerare è quello della diversificazione dei siti minerari. Probabilmente si cade in errore nel cercare un singolo sito “prototipo” su cui concentrare tutta l’attenzione e gli eventuali investimenti. Quando nel 2006, a noi di Italia Nostra venne chiesto di avanzare delle osservazioni circa la proposta di istituzione di un Parco minerario, invitammo a considerare come proprio la pluralità e la molteplicità della casistica dei siti dismessi costituisce uno dei motivi di maggiore interesse dell’area mineraria del Nisseno. Oggi non si può che confermare quanto detto, e questa differenza di strutture, di paesaggio, di dimensioni tra un sito e l’altro costituisce uno degli elementi che maggiormente interessano e attraggono il visitatore, come è stato ripetutamente possibile constatare. Né sembra corretto discriminare i siti minerari in funzione della possibilità, o meno, di accedere al sotterraneo: vi sono molti altri motivi di interesse e di richiamo in una visita. Gli stessi siti citati dal sig. Mario Zurli (Gessolungo, Juncio-Tumminelli, Giumentaro) presentano elementi di sicuro interesse, come egli ben sa, a prescindere dal sotterraneo. Dal castello in muratura della miniera Gessolungo (uno dei pochi rimasti dopo la sciagurata demolizione di quello della miniera Gallitano) alla particolarissima cappella della miniera Juncio-Tumminelli, o al fabbricato della riserva esplosivi della miniera Giumentaro, ricavato all’interno degli affioramenti. E si potrebbe continuare.
Italia Nostra ha più volte pubblicamente avanzato proposte per la valorizzazione di questo peculiare patrimonio. A breve presenteremo un dettagliato dossier alla Soprintendenza ai BB.CC.AA. e al Comune di Caltanissetta. Nel frattempo ci si domanda quali siano, se esistono, i programmi delle Istituzioni locali nel merito dell’argomento, a cominciare dal Distretto turistico delle Miniere.
Arch. Michele Lombardo – Caltanissetta
Leandro Janni – Consigliere nazionale di Italia Nostra
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