Italia Nostra

Data: 27 Novembre 2013

Il problema dei cambiamenti climatici e della fragilità idrogeologica del territorio

I tragici eventi di questi giorni rimettono in primo piano il problema dei cambiamenti climatici e della fragilità idrogeologica del territorio. Temi che questa associazione ha sempre messo in primo piano negli ultimi anni, ma di cui l’agenda politica si accorge solo in caso di emergenza, ripiombando poi nell’oblio al cessare di questa.

In particolar modo, manca una visione integrata ed olistica del problema, e gli enti competenti tornano a proporre, per bocca di politici che invece non hanno alcuna competenza, le solite ricette riduzionistiche, semplificatorie e impregnate di ottocentesco positivismo, quando si credeva che l’uomo fosse pienamente in grado di calcolare e dominare la natura. E mentre il mondo scientifico, unanime, grida al vento le opportune direzioni da intraprendere, la politica fa orecchi da mercante, per incompetenza, oppure perché tutto sommato le emergenze a qualcuno forse tornano comode.

Anche nel nostro territorio, come denunciamo da anni, si va in direzione diametralmente opposta a quanto il mondo accademico e scientifico raccomanda. Si parla di fermare il consumo di suolo, e la classe politica maremmana continua a devastare ambiente e paesaggio con nuove costruzioni, autostrade inutili e trasversali ai deflussi, aree urbane, quartieri commerciali, centrali fotovoltaiche massicce, impianti industriali per incenerire rifiuti e produrre energia “pulita”, come il biogas, che in realtà prosciuga le riserve idriche con la coltura del mais.

Si discute della rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e delle aree umide, per ricreare le naturali casse di espansione e le fasce fluviali di protezione, ma la classe politica della Maremma permette che i fiumi siano disboscati per produrre biomassa, e che i loro alvei siano rettificati con le ruspe.

Si raccomanda di non permettere tagli boschivi per superfici superiori a 5 ettari, ma la classe politica della Regione permette che si disboschino a raso fino a 20 ettari di bosco, lasciando denudare in realtà, con la ridicola condizione delle “fasce di rispetto”, interi bacini idrografici di quei piccoli corsi d’acqua, che poi sono i più violenti quando si verificano i fenomeni estremi. E se in ogni caso gli scienziati parlano ormai di una tropicalizzazione del clima, con sempre più frequenti periodi di siccità estiva ed eventi di piogge violente, l’impressione che si ha dal mondo tecnico e politico, è quella di una grande confusione, dove nessuno sa in realtà dove andare, dove i sindaci, i presidenti di provincia e regione,dei consorzi di bonifica, delle comunità montane, sparano in pubblico intenti e affermazioni che, nella migliore delle ipotesi, fanno solo sorridere quei cittadini che hanno almeno un minimo di conoscenze o competenze in materia idrologica.

A questo punto poco ci importa se alla base di tale comportamento c’è solo incompetenza, oppure malafede. E’ l’ora che gli amministratori che hanno sbagliato paghino, non solo in ambito penale, ma soprattutto è necessario che riparino il grande danno erariale che, con le  loro scelte, hanno determinato alla collettività.

Michele Scola

Presidente della Sezione di Grosseto di Italia Nostra

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Leggi l’articolo da Il Tirreno del 26.11.2013

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