Italia Nostra

Data: 10 Aprile 2014

Italia Nostra Toscana: considerazioni per il Parco delle Apuane

Italia Nostra Toscana apprezza l’impianto generale e i contenuti del PIT e del Piano Paesaggistico. Nella fattispecie, del PIT si apprezza l’art. 7, commi 3 e 4 (Disciplina del Piano), che prevede che il rilascio delle autorizzazioni di attività estrattive e di recupero ambientale e paesaggistico sia subordinato al preventivo parere favorevole di conformità del PIT con valenza di Piano Paesaggistico, e che le attività estrattive nelle aree contigue intercluse nel territorio del Parco Regionale delle Alpi Apuane, in applicazione delle direttive  correlate agli obiettivi 1, 2 e 3, vengano progressivamente ridotte. Che non siano ulteriormente alterati la morfologia e il profilo delle vette, le linee di crinale, le visuali del paesaggio storico, le antiche vie di lizza e gli antichi sentieri; che ci si limiti a estrarre il materiale di eccellenza tipico; che si eviti l’apertura di nuove cave e si promuova la chiusura progressiva e la riqualificazione delle cave di crinale e di alta quota; che si tutelino le risorse idriche superficiali e sotterranee e la natura carsica della montagna, sono tutti obiettivi che devono essere assolutamente perseguiti.

Si ricordi che il Parco Regionale delle Apuane è stato istituito per “il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali; la tutela dei valori naturalistici, paesaggistici ed ambientali; il restauro dell’ambiente naturale e storico; il recupero degli assetti alterati in funzione del loro uso sociale; la realizzazione di un equilibrato rapporto tra attività economiche ed ecosistemi”.

Italia Nostra, che pur comprende e apprezza l’intento di ricondurre a normalità una situazione che appare eccezionale e paradossale, quella cioè di un Parco che, pur avendo il compito di salvaguardare il paesaggio e l’ambiente, permette l’escavazione nel suo interno, non può fare a meno di notare che la mancata estensione di tali norme anche al distretto di Carrara, è un puro non senso. Coloro che contrastano il PIT e il Piano Paesaggistico, lo fanno agitando pretestuosamente la “retorica” occupazionale e quella della “cultura del marmo”.

A tale proposito non si può fare a meno di notare che, da decenni, l’escavazione viene eseguita con macchinari e tecniche che sostituiscono in grandissima parte il lavoro dell’uomo, permettendo di realizzare, in tempi brevissimi, enormi volumi di escavato. A questo vertiginoso aumento di marmo escavato, corrisponde una altrettanto vertiginosa diminuzione di manodopera. Le tecnologie attuali stanno letteralmente sbancando e sbriciolando le montagne, di cui vengono attaccate creste, crinali, circhi glaciali. Non è solo la morfologia a subire intollerabili alterazioni, è lo stesso assetto idrogeologico a subire modificazioni al di là della soglia della reversibilità e della sostenibilità. Ad accompagnare il degrado di paesaggio e ambiente è la diminuzione del livello dell’occupazione: la maggior parte del marmo escavato non viene più lavorato in loco (con buona pace della “cultura del marmo”), ma viene esportato per essere lavorato in paesi dove la manodopera costa meno (per essere poi, eventualmente, reimportato): con doppio guadagno per pochi e doppio danno per molti.

In realtà gli imprenditori, guidati dalla logica del profitto, agiscono in una sorta di regime “coloniale”, che ricorda le “7 sorelle” e il petrolio. Vogliamo ricordare anche la necessità di tutelare la biodiversità, minacciata (in un territorio veramente eccezionale) dall’escavazione in SIC e ZPS, e gli obblighi che derivano dal fatto che le Apuane sono un geoparco. Il Piano Paesaggistico viene tardi a limitare e sanare i danni subiti dalla Apuane, ma “non è m<ai troppo tardi”.

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