Italia Nostra

Data: 14 Novembre 2017

Perché non va fatta l’Autostrada Tirrenica

L’«Autostrada Tirrenica» che si mangia l’Aurelia da Livorno a Civitavecchia è nata male e con gli anni — 40 — migliora di poco. Le ultime dichiarazioni del sottosegretario ai Lavori pubblici Nencini e del presidente della Regione toscana Rossi rimescolano le carte. Nel punto più danneggiato dalla minaccia autostradale, Capalbio, sabato 18 novembre nella sala cinema di Borgo Carige, Italia Nostra, Legambiente, Fondo per l’Ambiente Italiano, Wwf e altre associazioni ambientaliste impegnate a salvare la Maremma, ribadiscono in un incontro pubblico l’appello al governo perché si metta in sicurezza l’Aurelia e non si faccia l’Autostrada Tirrenica. Né poca, né molta.

Né corta, né lunga. In breve la situazione attuale si riassume così: da documenti informali fatti circolare ad arte dalla Regione e dall’Anas, e in parte ripresi dalla stampa nazionale, a Roma sarebbe stata messa a punto un a strategia per il Corridoio Tirrenico che consenta al governo di aggirare le conseguenze del deferimento alla Corte Europea per l’infrazione che la Commissione europea ha constatato.

Questa la strategia: riducendo, ma non eliminando, la concessione alla Sat, più della metà dell’opera inizialmente prevista andrebbe a carico dello Stato, il quale provvederebbe alla messa in sicurezza dell’Aurelia accorciando la durata della stessa concessione. Il tutto arricchito dal formale impegno del Concessionario a mettere in gara (europea) ogni lavoro di costruzione dell’opera, e a eliminare il pedaggio sulla parte di tratte eseguite dal Concessionario per conto dell’Anas, indicate ambiguamente come «tratte a caratteristica autostradale» di competenza Anas, pronte in realtà a divenire presto «opere autostradali».

Con il pacchetto di variazioni, lo Stato ritiene di poter evitare le multe dell’Europa e le penali per danni da versare al concessionario Sat. Sono variazioni molto complicate, ma fare della Società Autostrada Tirrenica una struttura economica trasparente è certo difficile. Come? Il governo pensa di affidare a una società pubblica — l’Anas — il rifacimento di un tratto dell’Aurelia che rimarrebbe a tutti gli effetti strada pubblica senza pedaggio. Una società pubblica ricostruisce una strada pubblica? Per l’Europa non ci sono problemi. Ma rinunciare alle delizie del privato, con i suoi profitti e talvolta le sue tangenti, è un sacrificio eccessivo.

Il governo, quindi, richiama la Sat, società privata particolarmente impasticciata, per affidarle il tratto da Ansedonia a Tarquinia (dove il pedaggio è cosa ricca). Qui, invece, ci sono problemi: per la legislazione europea lo Stato deve far sì che l’affidamento di questo tipo di lavori debba essere aperto a tutte le aziende, non solo italiane, ma anche europee, che vogliano concorrere. Oltre che rifare da capo la valutazione di impatto ambientale. Questa è la legge europea, ma di questo bando nella storia dell’Autostrada Tirrenica non c’è traccia. Italia Nostra denunciò la grave mancanza mesi fa e l’Europa si è mossa, ha chiesto chiarimenti. Ma non sappiamo quale sarà la conclusione di questa storia. L’Europa accetterà di chiudere un occhio nella convinzione che imbrogli in Italia siano comunque inevitabili? 0 sarà fedele alle sue regole di onestà pubblica? Come ambientalisti ci battiamo perché questo avvenga.

Lettera di Nicola Caracciolo, presidente onorario di Italia Nostra, al Corriere della Sera (del 14 novembre 2017) 

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