Italia Nostra

Data: 23 Aprile 2014

Un impianto a biogas nel Parco della Maremma

Quali aggettivi tra questi utilizzereste per promuovere il Parco della Maremma? “Bello, sano, silenzioso, profumato, naturale, verde e azzurro, oppure industriale, inquinante, rumoroso, puzzolente, pericoloso per la salute e speculativo”. Sicuramente i primi e non i secondi. Un impianto per la produzione di energia è una struttura molto complessa sia nella fase costruttiva che in quella gestionale; ad esempio in pochi ci dicono che mal si conciliano con la richiesta di installare un impianto a biogas nel Parco Naturale della Maremma, anche se può sembrare noioso vorrei spiegare, in modo che tutti possano sapere che cosa è un impianto a biogas ad evitare che si possa essere tratti in inganno da un nome così accattivante.

–    Il substrato (cioè il materiale utilizzato per la produzione del gas) è composto da liquami, prodotti agricoli e scarti agroindustriali che non sono, come si usa dire, a chilometri zero, ma devono essere trasportati dai molto distanti luoghi di produzione all’impianto di trasformazione, così come avviene in qualsiasi altro processo industriale;

–    il substrato deve essere preriscaldato nei silos fino almeno a 75 gradi con scambiatori di calore ad acqua calda, non, come si sarebbe portati a credere, per avviare la fermentazione, bensì per sterilizzare1 il materiale che, come È evidente, contiene una quantità eccezionale di agenti nocivi anche patogeni;

–    il tempo di fermentazione si protrae per alcuni mesi, durante i quali la massa biologica deve essere continuamente agitata ed i silos che la contengono devono essere costantemente riscaldati, sempre con acqua calda e sempre a settantacinque gradi (tanto per intenderci 75 gradi sono la temperatura dei termosifoni quando scottano);

–    il metano prodotto deve essere “purificato” con l’eliminazione del vapore acqueo, dell’idrogeno, della anidride carbonica, dell’idrogeno solforato e di quant’altro possa renderlo inutilizzabile; questa purificazione si attua con il post-raffreddamento del gas con acqua a zero gradi;

–    il gas deve essere bruciato in loco per produrre energia elettrica da immettere in rete e, per ottenere un megavatt di potenza, servono circa trentamila tonnellate di biomassa e due grosse turbine a gas continuamente in funzione;

–    i residui di questo processo industriale sono considerati non “concime” ma “ammendante” e sparsi sui campi solo in percentuali controllate, per cui l’eccedenza deve, ripeto deve essere trasportata altrove.

Un impianto di produzione di biogas è:

–    rumoroso,  per i motori sempre in funzione e per l’accensione dei fornelli che bruciano il metano in eccedenza;

–    maleodorante, a causa della fermentazione della biomassa e dei liquami nelle aree di stoccaggio e della caratteristica dei digestati, ovvero dei liquami e delle masse di scarto.

Produce emissioni nocive quali: ossido di azoto oltre al sospetto che possa essere l’origine del batterio killer che nel 2011 in Germania ha causato la morte di 20 persone (botulino). Per inciso vale la pena di ricordare che nell’area di produzione del Parmigiano Reggiano, la Regione Emilia Romagna ha proibito l’installazione di questo tipo di attrezzature industriali. Quindi una centrale a biogas non è altro che un impianto industriale inquinante e frutto dell’opportunismo dato che beneficiano di incentivi statali. E noi vorremmo realizzarlo all’interno del Parco della Maremma?

In questa storia, che di per sé non ha nulla di divertente, fa invece sorridere la posizione del Presidente del Parco che proviene da una Associazione Ambientalista quale Legambiente, nonché la posizione della Coldiretti, la quale, attraverso il suo Presidente Viaggi, scrive che l’impianto, tutto sommato, sarebbe grande come un annesso agricolo e farà rumore come un trattore. Come se gli annessi agricoli non fossero mai diventati villette e se i trattori normali stessero accesi tutti i giorni, notte a giorno per quattro stagioni. Sempre Coldiretti scrive che i proprietari del podere con questa scelta hanno deciso di ridurre il rischio nitrati. La scienza agraria e la tradizione ci insegnano che per ottenere questo risultato in un podere di trenta ettari basterebbero 12 tonnellate di concime naturale (stallatico) all’anno e invece per mandare avanti questo impianto, sempre che rimanga di 100Kw, serviranno 3500 tonnellate di biomassa. Quindi è una grossa bufala quella del fine ecologico e della biocompatibilità dell’impianto.

Sui giornali c’è scritto che il Comitato Scientifico del Parco la pensa nello stesso modo, ovvero è favorevole. Ci piacerebbe sapere se lo è, favorevole, per simpatia con chi ha votato la loro nomina (i richiedenti l’impianto sono consiglieri del Parco) o perché davvero hanno elementi tecnico-scientifici per essere favorevoli. Il Presidente del Parco delle Colline Metallifere, Luca Agresti, è d’accordo perché lo dice il Comitato Scientifico del Parco. Una convinzione che procede dalla fede e quindi non discutibile, una posizione quella di Agresti, che addirittura si spinge ad auspicare che di impianti come questi se ne facciano uno per ogni podere, nel Parco. Che sensibilità! Il consigliere Lolini è più pragmatico: ci sono difficoltà in agricoltura e siccome “pecunia non olet” ben vengano gli impianti di biogas che però, a differenza dei soldi puzzano parecchio, fanno tanto rumore e sono anche inquinanti.

Michele Scola

Presidente della sezione di Grosseto di Italia Nostra

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Leggi anche il documento “Attenzione alla bufala del biogas”

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