Nel giugno del 2021 la Cassazione ha emesso la sentenza conclusiva sullo scandalo
urbanistico-giudiziario dell’ex-Argentina, accertando la realizzazione abusiva di 4883 metri
cubi residenziali oltre il limite stabilito dal piano di recupero. Tuttavia, gli imputati ritenuti
colpevoli hanno potuto evitare la condanna penale (ma non il risarcimento civile) per
sopraggiunta prescrizione del reato.
Nella loro difesa, gli imputati hanno sostenuto che il volume eccedente sarebbe
magicamente sparito con il suo “tombamento” in seguito alla trasformazione in albergo degli
edifici di via Calvario, ma il Tribunale non ha condiviso la tesi.
Si apprende ora che gli edifici di via Calvario saranno abbattuti e la parte alberghiera – già
prevista in forme incompatibili con le prescrizioni del PRG – non sarà realizzata. Quindi, dopo
la sentenza della Cassazione si compie una seconda violazione del piano regolatore che
obbliga (tutt’ora) a destinare ad albergo (destinazione primaria) almeno un quarto del
costruito. Viene al pettine la contraddizione da tempo denunciata: la realizzazione della
parte alberghiera nei modi previsti dal piano di recupero violerebbe il piano regolatore; la
mancata realizzazione, a sua volta, costituisce una palese violazione del PRG.
Il tribunale non ha potuto giudicare un’inadempienza non ancora avvenuta, ma oggi quella
violazione è sotto gli occhi di tutti. In proposito, si rammenta che le norme del PRG
rimangono in vigore anche se il piano attuativo è “scaduto” e che non vi è alcun obbligo di
una generale ripianificazione. Essendo le opere di urbanizzazione in gran parte realizzate, la
legge urbanistica obbliga il Comune a predisporre entro un anno (ne sono trascorsi quattro)
un nuovo “piano attuativo per la parte rimasta inattuata” che coincide con il rudere su via
Calvario, una superficie di nemmeno 500 metri quadri inedificabile per specifico vincolo del
piano regolatore, che quindi può essere solo una zona di verde pubblico o privato.
Mentre ripianifica i 500 metri quadri inattuati, l’amministrazione comunale ha però l’obbligo
di contestare agli esecutori del piano entrambi gli abusi – quello accertato dal Tribunale e
quello successivamente compiuto – valutando le sanzioni da comminare. Da un lato, infatti,
vi sono quasi 5 mila metri cubi abusivamente realizzati, dall’altra non vi è traccia dell’albergo
al quale, secondo il PRG attualmente in vigore, si deve riservare obbligatoriamente “almeno”
il 25 percento del volume costruito sul sito dell’ex Argentina.
È del tutto inaccettabile che i cittadini debbano sanare onerosamente anche la più modesta
difformità edilizia, e il più grave abuso mai compiuto ad Arco venga gratuitamente
“cancellato” da una variante urbanistica che è, di fatto, una sanatoria tanto impropria
quanto illegittima. Paradossalmente, con l’accordo urbanistico annunciato i responsabili dei
due gravissimi abusi non solo non vengono sanzionati ma addirittura premiati con la
possibilità di costruire edifici per quasi 2000 metri quadri su un terreno di loro proprietà che
il PRG attuale destina a “verde privato”.
È evidente l’interesse dell’amministrazione comunale a trovare una via d’uscita dallo
scandalo urbanistico di cui è corresponsabile, non fosse altro per aver a suo tempo suggerito
ai lottizzatori come aggirare il piano regolatore per mezzo di interpretazioni capziose e
insostenibili delle sue norme. Ma l’attuale amministrazione, fin qui solo sfiorata dallo
scandalo, ha l’obbligo di concludere questa vicenda incresciosa – che lascerà definitivamente
sfregiato uno dei più preziosi paesaggi arcensi – senza ulteriori travisamenti delle leggi, dei
piani urbanistici e dell’interesse pubblico, con una sanzione esemplare che restituisca ai
cittadini piena fiducia nell’integrità e imparzialità delle istituzioni pubbliche.
Il Consiglio Direttivo
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