Italia Nostra

Data: 24 Luglio 2012

Osservazioni al nuovo Piano degli Interventi di Verona

I risultati dell’ultimo censimento ricavano che Verona, dal 2001 al 2011 ha perso circa 3000 abitanti, passando dai 257.000 del 2001 ai 254.607 del 2011. Dal 1975, anno della Variante Generale al P.R.G. che prevedeva un grosso aumento della popolazione veronese, sono state urbanizzate aree verdi ed edificato per una popolazione prevista di oltre 400.000 abitanti. Le proiezioni sono risultate clamorosamente errate, così si sono sprecati migliaia di mq. di territorio agricolo e accumulate circa 10.000 abitazioni sfitte, (secondo l’Istat, circa il 20% del nostro patrimonio edilizio abitativo non è occupato. Una quota quattro volte maggiore di quella tedesca). Nonostante tutto questo, l’assessore Giacino ha ritenuto opportuno destinare nuove aree all’espansione edilizia, per un ipotetico, quanto improbabile, aumento di popolazione. Non ci si spiega, infatti, su quali basi l’assessore possa ritenere che la popolazione veronese cresca di circa 10.000 unità per quinquennio, raggiungendo i 300.000 abitanti nel 2021. In realtà, quello che risulta certo è che, ancora una volta, i nostri amministratori hanno utilizzato il vecchio meccanismo che considera le scelte dei piani urbanistici sulle destinazioni d’uso, come il prodotto tra gli interessi del fattore politico-amministrativo con il gli interessi del fattore relativo agli investimenti dei privati.

Con questa logica, il nuovo P.I. firmato da Tosi e Giacino, nasce con due gravi peccati originali:

1)      il consumo inutile e dannoso del suolo, considerato come una piattaforma sempre disponibile a generare rendita. Nelle scelte di piano, coloro che hanno deciso questo tipo di pianificazione, non hanno considerato che il suolo non è una risorsa infinita e che è soggetto agli effetti ambientali che può subire e a sua volta rimandare; inoltre non hanno valutato le condizioni di un territorio sovra-urbanizzato e i conseguenti danni che potranno causare. Parecchi stati europei valutano il suolo una risorsa sostanzialmente non rinnovabile, un elemento del paesaggio e del patrimonio culturale che ci fornisce cibo, biomassa e materie prime; che svolge un ruolo fondamentale come habitat; che nel suolo sono stoccate, filtrate e trasformate molte sostanze, tra le quali l’acqua, i nutrienti e il carbonio. Purtroppo, i nostri amministratori non la pensano in questo modo;

2)      una pianificazione urbanistica più sensibile agli interessi immobiliari che alla tutela delle risorse comuni che, ancora una volta, non ha colto l’opportunità economica che il rinnovo del patrimonio edilizio esistente avrebbe potuto offrire al settore dell’edilizia. È vero che nel P.I. l’80% degli interventi presentati dai privati (300 su 418 proposte di privati accolte dalla giunta), prevedono il recupero e la riqualificazione delle aree esistenti e il 20% riguarda le aree di espansione, ma com’è stato considerato il recupero? La trasformazione delle aree dismesse è stata, di fatto, suggerita dalla partecipazione degli operatori immobiliari privati nei processi decisionali e strategici pubblici locali. Il tutto, in un contesto amministrativo in cui la questione ambientale è debolmente rappresentata e poco sostenuta e dove, demagogici provvedimenti fiscali, come la possibilità di usare più della metà degli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente, hanno creato le condizioni favorevoli per il consumo del suolo.

L’amministrazione locale si è così appropriata di una pratica, secondo la quale il suolo viene concesso alle trasformazioni immobiliari, per finanziare servizi, stipendi ed eventi locali.

In definitiva il P.I. di Verona, si basa solamente sulle manifestazioni di interesse (ex art. 6 L.R. 11) che per volumetria e per limite regolamentato di consumo del suolo agricolo, occupano l’intera possibilità edificatoria e di trasformazione del suolo agricolo prevista per i prossimi cinque anni. Non è un piano che programma il territorio, come richiesto dalla nuova legge regionale, ma un piano che si adegua alle diverse spinte dei vari gruppi di interesse privati. Il P.I. permette che siano occupate le poche aree ancora libere all’interno del tessuto urbano e si sfrangi ulteriormente con un’edificazione disordinata e diffusa. In questo modo non è stato assolutamente considerato il ruolo ed il valore dei vuoti urbani, di quelle zone libere che dovrebbero rimanere tali per delimitare la città consolidata rispetto ai borghi periferici. Il P.I. ha inoltre mancato uno dei principali obiettivi indicati dalla legge regionale; quello di mantenere e/o recuperare le funzioni agricole del territorio comunale e di valorizzare le trasformazioni se compatibili con l’assetto ambientale e paesaggistico a favore della collettività.

Giorgio Massignan

Presidente Italia Nostra Verona

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