Italia Nostra

Data: 15 Luglio 2021

Castello del Catajo: il Consiglio di Stato riafferma la cogenza del vincolo indiretto

Padova, Castello del Catajo

Il 30 giugno 2021 il Consiglio di Stato ha pubblicato la sentenza con la quale respinge l’appello della società immobiliare Deda srl contro il vincolo indiretto apposto dalla Soprintendenza nel 2018 sulle aree intorno al castello del Catajo ai piedi dei Colli Euganei, ivi compresa l’area di circa 150.000 mq dove la società Deda intendeva costruire un mega centro commerciale di 433.500 mc. In appoggio alla Soprintendenza si erano costituite in giudizio varie associazioni culturali, ambientaliste e di categoria, tra le quali Italia Nostra, patrocinate dall’avvocato Davide Furlan. A seguire una breve cronistoria e alcune immagini che pregherei di inserire nella pagina di Italia Nostra Padova.

Breve cronistoria

La vicenda ha inizio nel 1994, quando il Comune di Carrara San Giorgio (dal 1995 diventato Comune di Due Carrare) in provincia di Padova trasforma da agricola a commerciale la destinazione d’uso di un’area di 150.000 mq prossima al casello autostradale di Terme Euganee, distante circa un chilometro dal castello del Catajo e qualche centinaio di metri dalla villa Dolfin Dal Martello detta la Mincana. Nel 1995 la Regione Veneto stralcia il cambio di destinazione, ma per difetto procedurale la decisione della Regione viene annullata dal Tar del Veneto su ricorso della società proprietaria dell’area. Nel 1998 la nuova Amministrazione comunale di Due Carrare ripristina la destinazione agricola ma soccombe di fronte al ricorso al Tar e al Consiglio di Stato della società proprietaria.

Nel 2002 il cambio di destinazione d’uso da agricolo a commerciale diventa definitivo. Negli anni  vengono approvati due progetti di centro commerciale, poi non realizzati, finché nel 2017 la Società Deda, potendo contare sui finanziamenti del fondo anglo-americano Orion,  ne propone un terzo più ampio (433.500 mc) che richiede una nuova variante urbanistica adottata nel novembre dello stesso anno. Si manifesta nel frattempo una forte opposizione che travalica di molto i confini comunali. Si costituisce un comitato spontaneo e scendono in campo le associazioni del commercio, quelle culturali e ambientaliste, i sindaci dei Comuni limitrofi, alcuni parlamentari padovani del PD e dei 5S, il proprietario del Catajo.

Il 5 novembre 2017 circa mille persone partecipano a una marcia di protesta che vede la presenza di numerose associazioni e comitati di tutta la provincia di Padova, compresi sindaci e rappresentanti politici locali e nazionali. Il 20 dicembre 2017 il Soprintendente Andrea Alberti dà avvio al procedimento per l’apposizione del vincolo di tutela indiretta del Catajo, vincolo ampio tre kmq, che coinvolge tre comuni e si estende anche all’area commerciale. La finalità esplicitata dal decreto è quella di “garantire il mantenimento degli elementi costitutivi del paesaggio, degli accessi prospettici e della percezione da diversi punti visuali è vietata qualsiasi edificazione e la modifica della morfologia del terreno”.  

Nel 2018 la società Deda, proprietaria dell’area commerciale, ricorre al Tar del Veneto, assieme alla società Devar Claims srl. A sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali si costituiscono in giudizio sette associazioni (Italia Nostra, Legambiente, Ascom, Confesercenti, Cia, Confagricoltura, Comitato popolare lasciateci respirare). Il 10 aprile 2019 il Tar del Veneto respinge le richieste di annullamento del vincolo.  Subito dopo la società Deda, insieme alla Devar Claims, ricorre in appello al Consiglio di Stato. Ancora una volta le associazioni, con il proprietario del Catajo, ricorrono in giudizio a sostegno del Ministero.

Infine il 30 giugno 2021 la sentenza del Consiglio di Stato conferma il vincolo. Dopo quasi trent’anni di battaglie, il paesaggio del Catajo e della Mincana è salvo. Le responsabilità in tutta questa lunga vicenda sono delle pubbliche Amministrazioni locali, da quelle comunali, pronte a svendere i valori paesaggistici e identitari dei loro territori, a quella regionale, tuttora inadempiente nella redazione del Piano paesistico. Come chiosava il Tar Veneto nella sentenza del 2019: “Se una rigorosa salvaguardia dei beni ambientali e culturali fosse un’esigenza condivisa nella prassi dalle amministrazioni comunali non vi sarebbe neppure la necessità dell’apposizione di vincoli da parte dell’Amministrazione statale”.

 

Renzo Fontana

Presidente sez. di Padova

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