Italia Nostra

Data: 29 Giugno 2013

I ponti di Pignone, opere architettoniche “minori” distrutte dopo l’alluvione del 2011

A fulgure et tempestate libera nos Domine (dalle litanie)

Pignone  è un borgo della Val di Vara,  antica porta alle 5terre e al mare. La costa impervia e non percorribile se non con ripidi sentieri (solo pedoni o muli) aveva fin da Medioevo l’unico porto naturale di Vernazza, già allora sito di scambi per via mare (soprattutto vino, ben diverso dall’attuale). Nella retrostante Val di Vara – ricca di pievi e abbazie, più prossima quella di Brugnato -scavallata la cresta dei monti costieri, i paesi immediatamente corrispondenti erano, e sono, Corbara e Pignone. Corbara era un forte da cui i Fieschi prima e i Genovesi  poi potevano dominare i possedimenti costieri, battersi per lotte tra fazioni e difendere dai predoni; sede di una guarnigione, mantiene tuttora un centro storico con case verticali disposte in circolo su quella che fu la fortezza. Pignone, lungo il fiume omonimo,  era uno snodo importante della viabilità medioevale: mulattiere collegavano con la costa, riprendevano la via Francigena, e valicavano l’Appennino verso Parma.

Pignone era collegata a Vernazza da una mulattiera millenaria.

Sul cui tracciato, negli anni ’60, fu aperta una ampia strada che collega la Val di Vara con Vernazza e Monterosso. Come la contemporanea strada dei santuari, cioè la strada alta delle 5terre, fu foriera di grossi guai per  sbancamenti e sversamenti di terreno smosso che aggravarono i danni di alluvioni frequenti e violente (Monterosso 1966 e 2011 le principali), così la strada da Pignone al mare peggiorò una situazione già non ottima, a causa degli sbancamenti e del rovesciamento nel torrente di tutto il materiale di scavo, alterandone le dinamiche fluviali. Questo è quanto riportano gli abitanti di Pignone. La cittadina era ricca e dotata di palazzi e logge (la lapide del 1604 fa cenno alle strade costruite da Senato genovese),  e… ponti. In paese in particolare il ponte più volte rimaneggiato e sormontato nell’’800 da un’edicola marmorea con la Madonna, probabilmente di riporto, secondo la tradizione trovata miracolosamente sul greto del fiume. “I ponti di Pignone” è il titolo di un libro**  che illustra la storia, le modalità di costruzione e le storie legate ai 7 ponti di Pignone e frazioni costruiti dal medioevo al ‘700. Sempre riacconciati dopo alluvioni, le più gravi nel 1807, 1931, 1948.

Bene, cioè male: dei ponti ne resta solo uno. Danneggiato. In una piovosa domenica di giugno sono tornata a Pignone. In cerca dei ponti. Che il ponte vecchio fosse stato portato via dall’alluvione era uscito a suo tempo sui giornali. Ma la devastazione era ben maggiore, come mi ha spiegato una gentilissima e appassionata signora della Pro loco. Rita mostra le sue foto ante e durante e post alluvione. Il ponte della Madonna del Ponte o del Buonconsiglio, chiesa seicentesca lungo la ex-mulattiera, era stato portato via dall’alluvione del 1966. Resta il nome e una piccola cappella, visitata pare da Enrico VII nella sua scesa in Italia nel 1312. (l’Arrigo menzionato da Dante). Il ponte Balletto fu danneggiato e distrutto durante la costruzione della strada nel 1968.

Gli altri li ha portati via l’alluvione del 2011. In frazione Casale,  il  bel ponte a due arcate asimmetriche è crollato;  vicino é l’oratorio la cui abside prospiciente il fiume è crollata, si vedono gli affreschi del soffitto rimasto; gli arredi sono spariti. In frazione Sottovilla  il ponte sul percorso per Levanto è stato portato via. A Pignone del ponte vecchio abbiamo detto; poco fuori paese resta il ponte  settecentesco dell’Acquedotto, con arcate su due livelli e rampe di salita. Portava l’acqua potabile alle fontane del paese. Molto danneggiato, non è percorribile (a piedi naturalmente) per motivi di sicurezza. Il libro resta una testimonianza di quello che fu in un territorio, come tanti in Italia, ora marginale ma che un tempo era una via importante. Che pochi esplorano e conoscono, che si conserva, per quel che si può, grazie ad appassionati locali. Le strategie di conservazione del patrimonio storico artistico, già carenti, tendono a sorvolare su quanto è “minore” per tanti motivi, anche di carenza di fondi e di persone. Ma tutto ciò minore non è rispetto alla strutturazione della capillare presenza di opere idrauliche, percorsi, opere sacre. Un tessuto che per motivi umani o di catastrofi naturali non prevenute  si sta perdendo per sempre.

Annamaria Castellano – presidente della sezione del Tigullio

Le immagini sono di Annamaria Castellano, dall’alto l’oratorio di Casale di Pignone crollato, Pignone: il ponte dell’acquedotto danneggiato, il ponte vecchio di Pignone crollato

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* * Luisa Cascarini/Gianfranco Berghich – I ponti di Pignone – ed. Giacchè – La Spezia 2009

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