Italia Nostra

Data: 26 Aprile 2024

Un ponte esposto ai quattro venti

Tutte le opinioni e i pareri sono rispettabili, soprattutto se sostenuti in maniera pacata e argomentata da persone qualificate; in alcuni casi però si rischia di somigliare all’ultimo giapponese nascosto nella jungla, ignaro della fine del II conflitto mondiale.

Parliamo dell’intervento su stabilità del ponte e ventosità nello Stretto di Messina dell’ingegnere Devitofranceschi e del professore emerito di Ingegneria meccanica del Giorgio Diana, pubblicato in questi giorni. I due tecnici, che fanno parte dell’Expert Panel della Stretto di Messina SpA, sostengono che non vi sono problemi legati all’azione del vento.

Troviamo valutazioni molto differenti nel documento “Criticità di carattere strutturale” di Mario De Miranda, ingegnere progettista di ponti e già professore ordinario di Progettazione strutturale presso lo IUAV di Venezia; Federico M. Mazzolani, professore emerito di tecnica delle Costruzioni – Università Federico II di Napoli; Santi Rizzo, già ordinario delle costruzioni Università di Palermo, preside della Facoltà di Ingegneria 1999 – 2004 Università di Palermo e componente del Comitato Scientifico della Stretto di Messina SpA, 2003- 2005. Documento allegato alle “Osservazioni nell’ambito della procedura di VIA” elaborate dalle associazioni ambientaliste (Italia Nostra, Legambiente, Lipu, MAN e WWF Italia) e da associazioni e comitati locali (“Invece del ponte” e “Noponte Capo Peloro”).

Nel documento, appena citato, non si sostiene che il ponte non reggerà al vento; si rileva piuttosto come nel Progetto Definitivo del ponte lo spostamento trasversale per il vento possa essere di circa 10.50 metri e la rotazione torsionale massima dell’impalcato per carichi mobili possa produrre un dislivello trasversale pari a 2.60 m. “La elevata deformabilità è proporzionale alla luce (3.3 km) del ponte; i ponti a luce unica presentano caratteristiche in contrasto con le esigenze di minima deformabilità dei ponti ferroviari”, dato questo che suscita più di una preoccupazione. Gli esperti precisano: “la travata del ponte subisce una deformazione trasversale, ossia si dispone secondo un profilo curvo nel piano del vento, di profondità dell’ordine di 10.5 m di cui 7.50 m dovuti alla velocità media del vento e 2.50 m. alle raffiche” e inoltre “l’impalcato si deforma per resistere al vento e oscilla sopravento e sottovento…con movimenti macroscopici che destano inevitabili
preoccupazioni”. Il c.d. Progetto Definitivo non fa approfondimenti esaustivi su questi aspetti e sugli effetti di “violente vibrazioni dell’impalcato, dei cavi accoppiati e delle torri”, anche perché si stanno affrontando problematiche per realizzare un’opera senza precedenti per dimensione, che prevede la realizzazione di “estese saldature di grosso spessore a grandissime altezze ed in presenza di vento e sensibili oscillazioni”.

A proposito degli studi in galleria del vento, i tre esperti affermano: “i risultati delle sperimentazioni sulla stabilità aerodinamica dell’impalcato fanno emergere criticità e incertezze”, domandandosi “quale concreta affidabilità può darsi a risultato derivanti da prove realizzate su modelli di diversa scala del medesimo componente strutturale?”. Traduzione dal linguaggio tecnico: volete costruire il ponte più lungo mai realizzato al mondo e credete che le prove del vento su un modellino fughino tutti i dubbi? I tre esperti aggiungono: “come pensate che siano affidabili i risultati ottenuti con bassi numeri di Reynolds mentre ancora dovete effettuare prove a maggiori numeri di Reynold?”. Traduzione: avete calcolato (con i numeri di Reynolds) il moto turbolento, ma sinora avete effettuato prove su valori bassi; quando pensate di fare verifiche esaustive? Infine, i tre esperti sottolineano come le prove sul vento fatte da vari laboratori abbiano fornito risultati diversi e, in alcuni casi, contrastanti; “non andrebbero applicati coefficienti che tengano conto della disuniformità di prove e imprecisioni dei risultati?”.

Speriamo che i due tecnici della SdM SpA non rimandino tutte le risposte a queste domande al progetto esecutivo, perché se fosse confermato che il ponte rischia di non stare in piedi o di non poter essere pienamente funzionale, l’unico a trarre vantaggi dalla sua costruzione sarà il GC Eurolink (capeggiato da Webuild), non il Paese, né la comunità scientifica.

Immaginiamo che i due tecnici sappiano quanto può pretendere una società di progettazione per aver messo su carta, un’infrastruttura irrealizzabile, il cui costo di investimento è attualmente stimato in 13,5 miliardi di euro. Poiché su aspetti così essenziali devono averse risposte certe e chiare, inviteremo a breve l’ingegnere Devitofranceschi e il professore Diana ad un confronto pubblico su questi temi.
Anche il soldato giapponese si arrese all’evidenza, noi non disperiamo.
23/04/2024

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