Italia Nostra

Data: 6 Dicembre 2022

Sul Museo diocesano di Faenza

Il recente articolo de “Il Resto del Carlino” ha posto all’attenzione uno dei problemi delle realtà museali della città, quella della chiusura del Museo Diocesano, che si aggiunge al problema cronico dell’assenza di un Museo Archeologico e a quello dell’esistenza purtroppo di una sola mezza Pinacoteca, considerando che tante opere precedentemente esposte sono nei depositi per assenza di spazio oltre all’impossibilità di avere un percorso completo e organico fino al ‘900, oggi purtroppo limitato a piccoli “assaggi”.

Il problema del Museo Diocesano, per il quale in due diverse riprese furono impegnati considerevoli fondi da parte dell’ente proprietario, non può essere liquidato tout court con la giustificazione sia pur reale della mancanza di fondi per la messa a norma, che di per sé esclude perfino le visite prenotate, tranne che per visitatori singoli. Poiché non si tratta di un semplice deposito ma di un museo, anche se le attuali condizioni ne impongono la chiusura, ci sembra corretto proporre che venga valutata l’opportunità di una attività attinente le opere conservate, che devono comunque essere fatte conoscere con piccole mostre, conferenze, interventi, sfruttando anche la prossimità della Sala San Carlo, dovendo anche stimolare approfondimenti, studi, ricerche, nella consapevolezza dell’importanza della raccolta che comprende opere fondamentali per la conoscenza della storia artistica del territorio.

Vogliamo sperare che l’abbandono dell’interesse negli ultimi tempi per una politica culturale in funzione delle collezioni del museo sia dovuta a fondati motivi che ci sfuggono, come pure vogliamo sperare che il dinamismo e l’iperattivismo dimostrato nelle recenti raccolte fondi, di cui tra l’altro non ci sarebbe stato bisogno se si fosse colta l’occasione giusta al momento giusto, vengano ora impiegati per una seria ricerca delle somme necessarie per rendere possibile l’apertura del museo. È avvilente del resto che il nome del museo venga ora esclusivamente speso come ente patrocinatore di eventi in altra sede e non relativi alle collezioni dello stesso museo, tranne un breve infelice episodio di mostra di opere restaurate.

Del resto, si impone necessariamente anche una riflessione sulle modalità di utilizzo come spazio espositivo della Chiesa di Santa Maria dell’Angelo, insigne edificio del XVII secolo ben noto per l’importante Cappella Spada con altare realizzato su disegno del Borromini, ancora dotato di tutti gli arredi, testimonianza di storia, arte e anche di devozione, aspetto che la differenzia da tante “chiese chiuse” oggi destinate ad altri usi e in gran parte prive di arredi. In merito agli svariati eventi espositivi che da qualche tempo vengono qui realizzati sotto l’egida del Museo Diocesano, proponiamo gli allestimenti nel solo spazio centrale assolutamente ben delimitato, indipendente e autonomo anche concettualmente, al fine di consentire il rispetto dei beni culturali conservati, cappelle, pale d’altare e arredi, ognuno con una propria storia che merita di essere considerata, anzi valorizzata e fatta conoscere; si sottolinea tra l’altro che nelle chiese l’utilizzo e finanche la copertura di altari o cappelle in certi periodi (es. Natale o Pasqua) è comprensibilmente limitato ai “pochi” giorni del periodo.

Questo consentirebbe sia di sgombrare il campo dall’imbarazzante equivoco dell’utilizzo della chiesa come location di prestigio per enfatizzare o giustificare eventi, sia dall’ambiguità del pretestuoso dialogo tra eventi espositivi ed arredi originari, sia infine di legittimamente rivendicare da parte dell’ente religioso l’importante compito di far conoscere e rispettare i beni culturali conservati all’interno degli spazi religiosi per la loro dignità e il valore intrinseco delle testimonianze.

Faenza, 6 dicembre 2022

 

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