Italia Nostra

Data: 28 Ottobre 2016

Complesso ex Fonderie di Ghisa a Genova: segnalazione per la Lista Rossa

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Indirizzo/Località: via Multedo di Pegli 2 – Genova

Tipologia generale: archeologia industriale

Tipologia specifica: edifici

Configurazione strutturale: costruito nel 1917 su progetto dell’architetto Ravinetti e dismesso a metà degli anni Ottanta. Articolata in tre volumi: prospiciente la via il fabbricato dei servizi generali, disegnato con un’impostazione geometrica e uno stile tardo secessionista, la sequenza di tre capannoni di notevoli dimensioni, destinati alla formatura dei grandi pezzi

Epoca di costruzione: sec. XX

Comprende:  la fonderia che è affiancata da altri edifici industriali di grande importanza, in parte riconvertiti, quali le ex Fonderie di Bronzo Ansaldo e le Officine Gio. Fossati, anch’esse a suo tempo acquisite dal gruppo Ansaldo

Uso attuale: tre fabbricati del complesso in ristrutturazione, mentre per il Fabbricato Servizi Generali, non è stato presentato alcun progetto

Uso storico: testimonianze più significative del passato industriale genovese, dismesso negli anni Ottanta del ‘900

Condizione giuridica: proprietà privata

Segnalazione: del settembre 2016 – segnalazione della sezione di Genova di Italia Nostra – italianostra.genova@libero.itgenova@italianostra.org


Motivazione della scelta

Il complesso delle Fonderie di Ghisa della società Ansaldo & Co a Ge-Multedo, costituisce una delle ultime grandi aree industriali dimesse del Ponente genovese.

La costruzione delle Fonderie di Ghisa venne realizzata dai Perrone nell’ambito della politica di espansione che, da Sampierdarena e Cornigliano, si era estesa a Sestri Ponente.

Nel 1916, Ansaldo acquistò il terreno, di notevole interesse dal punto di vista logistico, che confinava a sud con il parco ferroviario di Sestri Ponente, dove alla fine del 1917 decise di collocare le Fonderie di Ghisa; il progetto architettonico di questo, come degli altri opifici della società, venne affidato ad Adolfo Ravinetti, con cui la collaborazione si rivelò assai fruttuosa e di grande interesse, giungendo a definire per i nuovi stabilimenti uno stile rappresentativo, con l’adozione di un linguaggio formale che richiamava la comune matrice aziendale.

Nello stabilimento venivano fusi principalmente pezzi per la componentistica navale per i cantieri navali Ansaldo a Sestri Ponente. La struttura originaria (13.000 m2) era articolata in tre volumi: prospiciente la via il fabbricato dei servizi generali, disegnato con un’impostazione geometrica e uno stile tardo secessionista, la sequenza di tre capannoni di notevoli dimensioni, destinati alla formatura dei grandi pezzi, alla lavorazione delle anime e delle sbavature dei getti, e una serie di capannoni di servizio di minor volumetria. La struttura in cemento armato presenta nei capannoni interni una interessante successione di archi parabolici a sezione variabile a sostegno della via di corsa dei carriponte da 30 e 60 tonnellate.

Con la riorganizzazione del 1949, le Fonderie vennero inserite nella nuova Ansaldo e nel 1966, a seguito di un’altra grande ristrutturazione aziendale, l’impianto entrò a far parte dell’AMN, che nel 1974 lo chiuse definitivamente. Dismesso a metà degli anni Ottanta, il complesso venne acquisito nel 1989 dalla società Panorama per realizzarvi un supermercato; la sua sorte è stata a lungo al centro di un contenzioso tra gli Enti pubblici e la proprietà.

Nel novembre del 2009, a seguito di una richiesta di Italia Nostra e Aipai l’immobile viene dichiarato di interesse culturale particolarmente importante ai sensi dell’art 10 del citato D. Lgs. 42/2004, quindi sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nel decreto stesso.

Nel 2010 viene presentato un progetto per la riqualificazione dell’edificio, che ne prevede parziale demolizione e ricostruzione con analoga volumetria ma altri materiali che, dopo aver ottenuto il benestare della Soprintendenza, viene bloccato a seguito di una serie di osservazioni circostanziate di Italia Nostra e Aipai.

Le vicissitudini che hanno segnato l’iter procedurale hanno consentito, nonostante la situazione di notevole degrado causato dalla dismissione, di conservarlo pressoché integro nei modi e nella volumetria originale fino al 2015.

Dal 2014 per il complesso delle Fonderie vengono presentati e autorizzati: un nuovo progetto da TALEA Soc di Gest Immobiliare proprietaria dell’immobile che prevede per l’edificio vincolato un ‘recupero’ ad uso produttivo, con demolizione delle coperture in cemento armato e loro ricostruzione in legno lamellare, attuato in conformità alle autorizzazioni rilasciate dalla Soprintendenza, cui segue nel 2015 la presentazione di un progetto di ‘risanamento conservativo’ delle strutture, inerente in particolare le coperture e la contestuale demolizione di alcuni corpi di fabbrica pericolanti, oggetto due mesi dopo di un ulteriore progetto di variante, che prevede l’insediamento di una grande struttura di logistica leggera nelle tre navate (quindi svincolate dal Fabbricato Servizi Generali) con la necessità di attrezzare i fronti con marciapiede di carico (e conseguente rialzamento della pavimentazione interna), pensiline perimetrali e 5 baie di carico e scarico per l’accosto dei TIR.

Per i lavori, che sono stati autorizzati, ed oggi in corso, purtroppo non è possibile intervenire, ma si dovrà porre attenzione al progetto delle parti del complesso per cui non è ancora presentato un progetto (il Fabbricato Servizi Generali) e per le aree limitrofe, dove insistono anche altri edifici di interesse storico architettonico, significativi per l’archeologia industriale: quelli della Fossati, oggi occupati dalla Coop, della Koerting poi Teknit, della Cohen, per cui è allo studio un progetto di riqualificazione che prevede una riconversione dell’intero comparto.

Italia Nostra stigmatizza, ancora una volta, l’acquiescenza della Soprintendenza e della Amministrazione a una consolidata e censurabile prassi delle società immobiliari che sono proprietarie di edifici di archeologia industriale: ovvero presentare non progetti complessivi e omogenei sull’intera area di proprietà, composta spesso di numerosi edifici collegati, ma diversi progetti parziali, disomogenei, soggetti peraltro a continue richieste di varianti a seconda delle esigenze del compratore o affittuario di volta in volta trovato. In questo modo si perde completamente il disegno unitario di un progetto che miri sì a recuperare a fini produttivi antichi manufatti, ma anche a restituirne la bellezza architettonica monumentale, e con essa la memoria di un grande passato.

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