Italia Nostra

Data: 29 Agosto 2017

Trent’anni di abusi e condoni edilizi in Italia e in Sicilia

Il respiro del piccolo Ciro sotto le macerie di una casa abusiva di Ischia conta gli anni, i decenni di uso irresponsabile e criminale del territorio. E’ ora di dire basta! La natura non si può dominare. Le concessioni edilizie sì. O meglio: si potrebbero, si dovrebbero dominare. Governare.

Nel Belpaese ci sono oltre 5 milioni di pratiche di condono edilizio da evadere. Un terzo del totale di quelle presentate a partire dalla prima legge di sanatoria, varata oltre trent’anni fa dal governo Craxi (la Legge 47 del 1985). Per l’esattezza 5.392.716 pratiche, su un totale di 15.431.707. Volendo calcolare il danno per l’erario italiano in termini di mancati incassi di oneri concessori, oblazioni, diritti di istruttoria, segreteria e sanzioni da danno ambientale, si parla di 21,7 miliardi di euro. Praticamente il denaro equivalente a circa 1,4 punti del Pil. E a dispetto di luoghi comuni sulla territorialità del condono edilizio, le domande riguardano – di fatto – qualsiasi Comune (solo lo 0,9% non ne è interessato), con picchi rilevantissimi a Roma, ma con cifre importanti anche a Milano, Firenze, Venezia e Napoli. Questi i dati contenuti nel Rapporto del Centro Studi Sogeea, presentato in Senato in occasione del convegno “Trent’anni di condono edilizio in Italia: criticità, prospettive e opportunità”, nell’aprile del 2016. Il dossier è stato redatto raccogliendo ed elaborando i dati di tutti i capoluoghi di provincia, di tutti i Comuni con una popolazione superiore ai 20.000 abitanti e di un campione ponderato e rappresentativo del 10% di quelli con popolazione inferiore a tale cifra.

Dunque, a livello territoriale Roma (Capitale d’Italia) è nettamente in testa alla graduatoria, sia delle istanze presentate sia delle pratiche ancora da portare a termine. Per ciò che riguarda il totale delle domande, la Capitale ne conta 599.793 e precede Milano (138.550), Firenze (92.465), Venezia (89.000), Napoli (85.495), Torino (84.926), Bologna (62.393), Palermo (60.485), Genova (48.677) e Livorno (45.344). Sul fronte del numero delle istanze ancora da evadere, invece, Roma ne ha 213.185, vale a dire quasi quattro volte Palermo (55.459). Più in basso troviamo Napoli (45.763), che si attesta davanti a Bologna (42.184). Più staccate Milano (25.384), Livorno (23.368), Arezzo (22.781), Pescara (20.984), Catania (20.249) e Fiumicino (20.055), unico Comune non capoluogo di provincia ad entrare nelle prime dieci posizioni.

“Portare a termine la lavorazione delle domande di condono ancora inevase e incassare le spettanze rappresenterebbe per i Comuni una preziosissima fonte finanziaria”, ha affermato Sandro Simoncini, direttore scientifico del Centro Studi Sogeea.  Ed ha aggiunto: “Considerando la consistenza dei tagli lamentata spesso dagli enti locali nei trasferimenti di denaro da parte di Stato e Regioni, le notevoli cifre di cui si è parlato potrebbero essere restituite ai cittadini sotto forma di servizi o, ancora meglio, impiegate per la messa in sicurezza del territorio. Lo stretto rapporto esistente, ad esempio, tra abusivismo edilizio e dissesto idrogeologico è di tutta evidenza ed è testimoniato da quanto accade in vaste zone del nostro Paese con cadenze sempre più preoccupanti. Quasi il 90% dei Comuni italiani è a elevato rischio di frane e alluvioni e addirittura 7 Regioni e 51 Province presentano un territorio a totale pericolosità idraulica. Ben 7 milioni di persone potrebbero trovarsi da un momento all’altro in condizioni di estrema insicurezza a fronte di fenomeni meteorologici di intensità leggermente superiore al normale. Va da sé la necessità di arrestare la cementificazione selvaggia del territorio e inasprire i vincoli paesaggistici e ambientali, ma concludere l’iter delle pratiche di condono consentirebbe anche di avviare una seria campagna di demolizioni di ciò che è stato costruito in spregio delle leggi e del buon senso. Il denaro incassato permetterebbe ai Comuni di realizzare interventi che in certi territori possono cambiare totalmente le prospettive di vita di migliaia di cittadini: argini per fiumi e torrenti, canali di scolo per la pioggia, impianti idrovori, consolidamento della piantumazione”.

In Sicilia le case abusive sono tante. Chi le ha realizzate è in gran parte impunito ma rischia la vita e quella dei propri figli. Così come accaduto a Ischia pochi giorni fa. Questo perché ha costruito, senza alcuna verifica tecnica e giuridica, in zona sismica o in aree a rischio frane. Dal 1985 a oggi, a causa della pessima burocrazia isolana, di politici compiacenti e in assenza di controlli, quasi il 60 per cento delle case abusive dell’Isola è in attesa di sanatoria. Se prendiamo in considerazione i nove capoluoghi di provincia e quattro città ad alta densità di abusi edilizi (Gela, Licata, Bagheria e Carini), su 207mila pratiche di condono presentate negli ultimi trent’anni (gli anni caratterizzati delle sanatorie edilizie – 1985, 1994, 2003 – dei governi Craxi e Berlusconi), ben 133mila domande sono inevase. Ovvero lo Stato non ha fornito alcuna risposta riguardo a questi abusi. Dunque, nessuna risposta in ordine al fatto che possano essere sanati o meno, in ordine al fatto che gli abusi siano stati commessi in zone di inedificabilità assoluta o in aree a rischio sismico o a rischio dissesto idrogeologico. In tale contesto, chi ha realizzato un alloggio abusivo può persino vendere l’immobile, concederlo in eredità ai familiari perché, a quanto pare, “con domanda di sanatoria pendente gli atti di compravendita si possono registrare. E comunque, la norma può essere aggirata con facilità”, aggiunge Sandro Simoncini.

E’ amaro costatare che soltanto dal Rapporto realizzato dal Centro Studi Sogeea abbiamo contezza numerica delle domande di sanatoria nei Comuni italiani. Dalle Regioni, dall’Istat, dalla Presidenza del Consiglio, dal Ministero delle Infrastrutture non risulta alcun dato riguardo agli ottomila Comuni italiani. E secondo i dati dello studio Sogeea, al secondo posto in Italia, dopo Roma, come Comune con il maggior numero di pratiche inevase troviamo Palermo dove, su 60mila domande presentate negli ultimi trent’anni, oltre 55mila attendono risposta. Al secondo posto, nell’Isola, c’è Catania, con 20mila pratiche su 28mila ancora inevase, seguita da Messina con circa 11mila pratiche da smaltire su 18mila, poi Siracusa con 10mila su 16mila e Carini con oltre 9mila su quasi 13mila. Peculiare, grave il caso di Bagheria: il grosso centro palermitano vanta una costa sfregiata da ville e villette abusive anche a ridosso del mare (entro i 150 metri dalla linea di costa), costruite quindi dopo il 1976. Dal 1985 a oggi sono state presentate quasi 7mila domande di condono, ma ancora oltre 4mila sono in attesa di una risposta da parte del Comune. Ad Agrigento su 12mila domande quasi 7mila sono inevase. A Trapani su oltre 10mila domande più di un terzo sono inevase. A Ragusa su 8mila domande di sanatoria circa 1.600 sono inevase. Nella speciale classifica regionale relativa alle case abusive e alle domande di condono inevase, la città di Caltanissetta è all’ottavo posto: su 7mila domande di sanatoria circa 4mila attendono risposta. Un dato confortante, tutto sommato. Infine: a Licata su circa 11mila domande di sanatoria quasi 4mila sono inevase, mentre a Gela su oltre 15mila domande di sanatoria 7mila non sono state risolte.

Di certo in Sicilia ci sono tantissime aree a rischio sismico, esattamente come lo è Ischia, e se le pratiche di condono edilizio non sono state esaminate è perché politici e amministratori  non amano i dinieghi. Non amano avviare le demolizioni perché – è chiaro – si tratta di scelte fortemente impopolari. E rischiose. Emblematico il caso del valoroso sindaco di Licata Angelo Cambiano. E di certo l’espressione “abusivismo di necessità” è soltanto una formula ingannevole e fraudolenta. Semmai, gli abusivi sono necessari ai politici. A certi politici. O meglio a certi politicanti che hanno impoverito e danneggiato la Sicilia e l’Italia.

Leandro Janni – Presidente del Consiglio Regionale di Italia Nostra Sicilia

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