Italia Nostra

8 Maggio 2024

IN viaggio nel trapanese

Ancora una gita fuori porta per un gruppo di soci della sezione IN Melilli nel lungo fine settimana del 25 aprile, scaturita dalla collaborazione con la Sezione IN di Castelvetrano. 
 
Ad attenderli quel lembo di terra della Sicilia occidentale percorsa dal fiume Belice, dove hanno realizzato un itinerario geografico e insieme culturale, fitto di luoghi e di atmosfere che fanno emergere una Sicilia ricca di storia, cupa e solare, una terra unica e impenetrabile.
 
La prima tappa del viaggio non poteva che essere la Riserva naturale orientata della foce del fiume Belice: scesi dalla macchina e percorsi pochi metri sul finire del giorno, un’ampia pianura sabbiosa, ricca di vegetazione palustre sul litorale, e di macchia mediterranea verso l’interno, si mostra in tutto il suo vigore naturalistico.
 
Percorsa da dune rivestite di piante psammofile che le proteggono dai venti dominanti, presenta, come in ogni foce fluviale, numerosi specchi d’acqua che rifrangono la luce del tramonto con riverberi verdastri e cerulei.
Istituita nel 1984 per favorire la conservazione della flora e della fauna tipica degli ambienti sabbiosi, la Riserva ha una estensione territoriale di 241 ettari, situata nei comuni di Menfi e Castelvetrano, è una delle più conservate zone costiere siciliane.
 
Si intravede poco lontano una linea ferroviaria dove passava la littorina Agrigento -Selinunte, funzionante fino a trenta anni fa. La guida, che accompagna il gruppo, aggiunge che la particolarità dei luoghi li presta ad ambientazioni cinematografiche.
Un’ambientazione lasciata dalla storia sono le rovine dell’antica città di Selinunte e il suo Parco Archeologico: fondata dai coloni greci di Megara Iblea, nel 650 a.C., sorgeva sulla sommità di un promontorio, la cui vista, oggi, lascia senza fiato, non a caso all’ingresso della biglietteria del Parco si scorge, posta in alto, la scritta: “Interrogavamo i templi di Selinunte, il loro silenzio aveva più peso di tante parole. Jean Paul Sartre”. La presenza di due fiumi assicurò la certezza abitativa al nuovo insediamento che, in poco tempo, divenne una polis molto ricca e fiorente come testimonia la ricostruzione reale e in scala dei templi, che erano grandiosi ed imponenti, di dimensioni colossali, tanto da superare quelli della madrepatria.
La riscoperta del tempio E – Heraion, che ammiriamo in tutta la sua magnificenza sulla sommità della collina del Parco archeologico, risale al 1823 quando due giovani archeologi britannici ritrovano le famose metope scolpite del tempio. Ma è negli anni Cinquanta del Novecento che una imponente operazione di anastilasi (tecnica costruttiva utilizzata in archeologia) riporta il santuario all’attuale assetto. Pare che alcuni archeologi americani stiano lavorando al progetto di ricostruzione degli altri templi in rovina da tempo codificati.
Le maestranze dell’antica Selinunte per procurarsi la pietra da impiegare nella costruzione dei santuari si recavano presso le Cave di Cusa che sorgono poco lontano dalla città.
Visitate dal gruppo, sono delle latomie a cielo aperto, dove è possibile ancora vedere i resti di blocchi di colonne, in parte ritagliati nel sedime originario con profonde incisioni di forma circolare. Per il trasporto in cantiere si fissavano delle ruote di legno ai blocchi già modellati.
La città nel 241 a. C. subisce l’assedio e la conquista di un popolo che in queste terre aveva messo radici ben salde: i Cartaginesi, o Punici, esperti nell’arte del commercio ed abili navigatori, avevano disseminato, in prossimità delle coste, numerose roccaforti.
 
Tracce ben visibili della loro civiltà sono i reperti custoditi nel Museo Archeologico di Mozia, fatto nascere da Giuseppe Whitaker, attento studioso ed appassionato di archeologia, che nei primi anni del secolo scorso acquistò l’isola e vi condusse i primi scavi sistematici.
 
Mozia, isola dello Stagnone, una piccola laguna che si trova quasi di fronte alla città di Marsala, fu fondata alla fine del sec. VIII a. C. circondata da bassi fondali, che permettevano un sicuro attracco delle navi; divenne una delle più floride colonie fenicie, costituiva un punto di transito per le rotte commerciali verso la Spagna, la Sardegna e l’Italia meridionale. Una particolare attività industriale praticata a Mozia era quella della tintura delle stoffe. La celebre porpora sidonia veniva estratta da molluschi marini della specie murex trunculus, che possiedono una ghiandola ricca di colorante violaceo. La distruzione di Mozia avvenne nel 397 a, C. ad opera del tiranno Dionisio di Siracusa. Al Museo Archeologico Baglio Anselmi di Marsala si trova esposta, dal 2007, il relitto di una nave punica recuperata tra gli anni 1971 e 1974 1 al largo delle acque dello Stagnone.; rivela particolari interessanti sulla tecnica messa in atto nella costruzione delle navi: fabbricavano i pezzi singoli, dei prefabbricati, che venivano contrassegnati con lettere e segni particolari, per, identificarli nella fase dell’assemblaggio dell’oggetto unico.
 
Quest’angolo estremo dell’occidente siciliano è riuscito a realizzare, in questi ultimi anni, una ricca realtà museale, che assicura un apprezzabile tour culturale concentrato in cosi poco territorio.
Un capolavoro dell’arte greca, risalente al IV sec. a. C. e, con molta probabilità, da attribuire a Prassitele, grande scultore ateniese, si trova esposto all’interno dell’ex chiesa di Sant’Egidio, trasformata in museo, a Mazara del Vallo: è la famosa statua in bronzo del Satiro danzante. Rinvenuta nei fondali marini del Canale di Sicilia, nel 1998, dall’equipaggio di un peschereccio; come spiega il film documentario che è possibile guardare all’ingresso del museo, l’imbarcazione ritrova prima la gamba del Satiro, e successivamente il resto del busto. Dopo un restauro durato quattro anni e realizzato dall’Istituto centrale per il Restauro di Roma, – il Satiro danzante – nel 2005 fa il suo ingresso al museo, per mostrare al turista tutta la perfezione e l’abilità tecnica nel rappresentare il reale dell’arte scultorea degli antichi Greci. Lo vediamo nell’atto di accompagnare un rito orgiastico in onore del dio Dionisio; la sua ebrezza trova compimento nei suoi gesti: la testa abbandonata all’indietro, le ciocche dei capelli al vento e lo sguardo rivolto verso l’alto, mentre è sul punto di compiere un salto.
Il viaggio continua in un vortice di immagini di chiese barocche, di piazze antiche ben conservate, di lunghi filari di uliveti arsi dal sole africano.
 
Nella città di Marsala, con le sue belle chiese, troviamo custodito al Museo civico il ricordo della presenza di Garibaldi nell’isola, avvenuta nel 1860 durante la fatidica impresa dei Mille; le varie esposizioni danno molto risalto al contributo fornito dai cittadini marsalesi alla costruzione dell’unità d’Italia.
L’itinerario della memoria continua: Gibellina e il suo tremendo terremoto del 1969.
Il luogo dove avvenne il disastro che seppellì gli abitanti tra le macerie delle case è il “Grande Cretto” di Alberto Burri: un’opera d’arte ambientale, iniziata negli anni ’80 del secolo scorso e completata nel 2015, l’enorme costruzione è fatta di blocchi di cemento, che coprono le rovine, disgiunti dagli spazi vuoti delle strade. Un enorme sudario in memoria di una tragedia.
 
Per la ricostruzione della nuova Gibellina si decise di scegliere un sito a una ventina di chilometri di distanza, e per dare un bellissimo aspetto alla nuova città vennero chiamati grandi artisti e architetti da tutto il Paese che hanno lasciato il segno della loro arte. Un’altra dislocazione decisa in quegli anni riguardò il paesino terremotato di Poggioreale. Dopo oltre 50 anni dal tragico evento le strutture murarie degli edifici di Poggioreale Vecchia “sono in piedi”; una scelta, quella, che configura non soltanto un vero “consumo di suolo” ma anche l’aver sottratto alla comunità la tradizione e la memoria del loro abitato.
Il sito archeologico di Monte Adranone, arduo a raggiungere, a quasi mille metri di altezza, conserva le rovine di un insediamento greco-punico risalente al periodo compreso tra l’VIII e il III secolo a.C., è stato sede di importanti ritrovamenti funerari, fra questi il corredo della Regina che è possibile ammirare al Museo Archeologico di Palazzo Pannitteri, a Sambuca di Sicilia. Degne d’ interesse, sempre a Sambuca di Sicilia le sculture tessili dell’artista francese Sylvie Clavel e i quadri del pittore siciliano Gianbecchina che racconta con sentimento puro e occhi attenti, la bellezza della sua terra.
 
Un viaggio, questo, nel cuore della Sicilia occidentale che ha tanto affascinato ed emozionato i suoi visitatori.
 
Felicia Saraceno
Segretaria Consiglio Direttivo
 
 
Marsala Museo
Selinunte
Poggioreale Vecchia Dall’alto
Cave Di Cusa
Efebo Di Mozia
Gibellina Chiesa Madre
Gibellina Al MAC
Gibellina Vecchia Tombata Da Cretto Di Burri
Ingresso Parco Di Selinunte
Mazzara Del Vallo Copia
Mazzara Del Vallo Satiro Danzante
Mazzara Del Vallo
Riserva Fiume Belice Ferrovia Ponte Di Ferro
Riserva Foce Del Fiume Belica
Portale Poggioreale Vecchia.jpg
Poggioreale Vecchia.jpg
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