Italia Nostra

Data: 22 Dicembre 2016

Villa Aldini a Bologna: segnalazione per la Lista Rossa

Indirizzo/Località: Via dell’Osservanza 35 – Bologna

Tipologia generale: villa

Tipologia specifica: residenza di villeggiatura

Configurazione strutturale: è una delle più importanti ville neoclassiche del Nord Italia, concepita inizialmente per Napoleone Bonaparte e poi realizzata per il Segretario di Stato del Regno d’Italia, Antonio Aldini. Attualmente è un bene di proprietà del comune di Bologna sotto utilizzato e in cattivo stato di conservazione

Epoca di costruzione: sec. XIX

Comprende: 

Uso attuale: affittata ad una ONG che ne ha ricavato la sede dei suoi uffici

Uso storico: da complesso monastico tardo medioevale e villa settecentesca per la villeggiatura

Condizione giuridica: proprietà del Comune di Bologna

Segnalazione: del 29 settembre 2016 – segnalazione della Sezione di Bologna di Italia Nostra – bologna@italianostra.org

 

Motivazione della scelta: Fu il segretario di stato di Napoleone, il potentissimo Antonio Aldini, a promuovere fin dal 1805 la costruzione di una villeggiatura suburbana sulle prime pendici del colle dell’Osservanza. Qui egli aveva acquistato durante le prime soppressioni napoleoniche i beni espropriati ai benedettini della Madonna del Monte, un complesso monastico tardo medievale comprendente una chiesa romanica a pianta circolare.

Ad una prima fase dei lavori, avviati celermente dal proprietario, dovrebbe risalire l’impegno profuso dall’architetto Giovanni Battista Martinetti per la realizzazione di un edificio decoroso e aggiornato ma privo di particolari ambizioni, la cui planimetria si adattava alle irregolarità del tessuto edilizio preesistente. Solo in un secondo momento, a seguito dell’inarrestabile ascesa politica di Aldini nell’amministrazione francese, risalirebbe la stesura di un nuovo progetto, che venne affidato al giovane Giuseppe Nadi. Sotto la guida di Martinetti il cantiere procedette speditamente dal 1811 circa anche per quello che riguarda la decorazione degli interni – o almeno la loro programmazione – fino al 1816; scomparso da due anni Nadi, la crisi dell’Impero napoleonico coinvolse anche il ministro bolognese portando alla chiusura del cantiere nonostante i lavori non fossero stati ancora ultimati.

Molte furono le manomissioni apportate alla struttura dal nuovo proprietario Girolamo Bertocchi, che intendeva speculare sulla sua demolizione, dall’architetto Antonio Serra fra il 1839 e il 1847 in vista della riapertura dell’edificio al culto e, successivamente, dai restauri novecenteschi condotti da Guido Zucchini. Solo esternamente, pertanto, l’edificio conserva chiara memoria dei suoi trascorsi neoclassici. Acquistata dal Comune grazie alla pressione esercitata sull’opinione pubblica dai cultori delle belle arti fin dagli anni Trenta dell’Ottocento, pur in cattive condizioni di conservazione la villa mostra ancora il suo fronte austero verso la città dal colle dell’Osservanza. Con il suo pronao retto da otto colonne ioniche, l’ampio frontone decorato con l’Olimpo degli Dei – realizzato da Giacomo De Maria con l’aiuto di Adamo Tadolini – e l’alta base a bugnato gentile nella quale è dissimulata la scalinata bilaterale d’accesso al piano nobile, la villa Aldini costituisce un raro esempio di architettura d’ispirazione antiquaria in un contesto, quale quello bolognese di fine Sette e inizi Ottocento, che fu dominato dal neocinquecentismo d’impronta palladiana professato da Angelo Venturoli.

Lo stato di progressivo degrado della villa, attualmente in parte affittata dal Comune di Bologna a una ONG che vi ha stabilito all’interno gli uffici direzionali, è oramai tale da richiedere urgenti provvedimenti di restauro sia alle componenti lapidee del grande pronao neogreco, sia alle superfici intonacate e alle pavimentazioni. La manutenzione straordinaria dell’edificio oramai langue da molto tempo e si segnalano cedimenti e distacchi in diverse zone dell’edificio. A questo va aggiunto il completo abbandono degli spazi verdi nelle vicinanze, i quali sono diventati campi da gioco di cricket e calcio usati dai profughi che la amministrazione comunale ospita nel limitrofo edificio novecentesco dell’ex Opera Pia Giovanni XXIII.

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