Italia Nostra

Data: 8 Ottobre 2020

Campania le regole per i centri storici. Luigi De Falco

Le pressioni esercitate sul legislatore dalle categorie dei costruttori edili e dei professionisti sono note.
Esse lamentano tra l’altro che il dl semplificazioni ha reso la vita difficile a chi vuol intervenire nei centri storici, e sollecitano una tutela differenziata a seconda dell’interesse dell’immobile e del suo contesto, ma su questo dovremmo evidentemente concordare la giusta posizione dell’asticella che segna il limite alle possibilità di intervento nei centri storici e sul quale non collimano le nostre reciproche posizioni.
Esiste sicuramente una via risolutiva, immediata del problema cruciale per tali categorie che chiedono di semplificare le procedure autorizzative di interventi su immobili soggetti a vincoli paesaggistici, e assicurare termini certi e perentori: lo Stato ritiri la delega alle Regioni stabilita in attuazione dell’art. 82 del DPR n. 616/77.
Il ritiro della delega potrebbe apparire come un passo indietro nella logica della conquistata sussidiarietà, ma si rifletta invece sui vantaggi: superare tutte le fasi intermedie presso gli organi subdelegati (i comuni) o delegati (le regioni) e i tempi ad esse correlati.
Il meccanismo della delega, peggiorato dalla subdelega ai Comuni decisa da molte regioni (la Campania tra esse), ha di fatto trasferito la tutela nelle mani della politica e –va detto- della politica locale, determinando un aleatorio concetto di protezione del paesaggio, variabile ogni volta che si varchi un confine comunale. Oggi il nulla osta agognato dagli operatori sui progetti di trasformazione dello “stato esteriore dei luoghi” presuppone la redazione di un’istruttoria da parte della preposta autorità locale, che viene poi trasferita, col progetto, alla Commissione locale per il paesaggio i cui membri sono nominati dal consiglio comunale (nel rispetto delle attribuzioni di “cencelliana” memoria). Quasi sempre professionisti che esercitano negli stessi territori, poco propensi a tenere in giusto equilibrio le esigenze della tutela con quelle della valorizzazione, espresse nei progetti esaminati. Acquisito tale parere, gli uffici sono tenuti a inviarlo, con la preistruttoria e il parere della Commissione, finalmente al parere della Soprintendenza. Quando favorevole, di tale parere deve tener conto il responsabile comunale del paesaggio, emettendo il provvedimento finale (autorizzazione paesaggistica) da osservare in sede di rilascio del titolo abilitativo all’esecuzione delle opere. Col ritiro della delega si ridurrebbero, e di mesi, i tempi attuali di approvazione. Ma non è solo un problema di procedure. Sarebbe pure rafforzato il principio che vede la protezione del paesaggio affidata allo Stato, come uno dei principi fondanti della nostra carta costituzionale, non a caso posizionato in uno dei suoi primissimi articoli (art. 9).
Resta il grave problema del potenziamento del personale delle Soprintendenze al quale il Mibact deve assolutamente rimediare, e presto, ma questo sussiste a prescindere e non è motivo sufficiente da opporre a tale possibile soluzione.

Luigi De Falco
v. presidente nazionale di Italia Nostra

pubblicato su “La Repubblica” cronaca di Napoli del giorno 8 ottobre 2020

 

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