Italia Nostra

Data: 13 Luglio 2012

Due news importanti per due nostre battaglie!

Lo sosteniamo da sempre: la vera grande opera è la manutenzione e la tutela  del territorio.

TAV L’ITALIA RESTA SOLA
di Ferruccio Sansa e Carlo Tecce
“Il Fatto Quotidiano”, 13 lug. 2012

“Le Figaro”: la Francia riesaminerà il progetto In autunno incontro bilaterale tra i due governi

Non possiamo dire di no al Tav perché abbiamo preso impegni con la Francia”. In tanti, sul versante italiano, spiegavano così la decisione del governo Monti di andare avanti con la grande opera. Ma ieri ecco la sorpresa: Le Figaro annuncia che la Francia si prepara a riesaminare dieci progetti di linee ad alta velocità. “Lo Stato – scrive il quotidiano – ha previsto una serie di progetti senza averne fissato i finanziamenti . Il governo non avrà altra scelta che rinunciare ad alcune opzioni”. Non una voce di corridoio, ma parole del ministro del Bilancio, Jerome Cahuzac. Secondo Le Figaro, sotto esame ci sarebbero la Nizza-Marsiglia, la Rennes-Brest e la Torino-Lione. Certo, quest’ultima creerebbe qualche problema, per via degli impegni con l’Italia, ma sarebbe “squalificata per il suo costo (12 miliardi di euro)”. Non solo: c’è anche il calo su quella tratta nel “trasporto merci, sceso a 4 milioni di tonnellate contro gli 11 di vent’anni fa”.

Una notizia che, ovviamente, in Italia ha creato un terremoto. Dopo anni di battaglie. E dopo che il governo Monti a marzo ha risposto a muso duro che l’opera è indispensabile e ci sono impegni presi con la Francia.

Fonti del governo italiano cancellano i dubbi e cerchiano di rosso un appuntamento fondamentale, dopo che palazzo Chigi ha chiesto un chiarimento all’ambasciatore francese che ha cercato di tranquillizzare Roma: “In autunno ci sarà un bilaterale Francia-Italia sul Tav, proprio a Lione. Sarà un incontro molto importante”. Dalla Francia, però, arrivano solo mezze smentite: sull’eventuale stop del “progetto della Torino-Lione non bisogna trarre conclusioni affrettate”, dicono dal ministero del Bilancio francese. Precisano: non c’è ancora nessuna rinuncia, ma soltanto “una missione che sta valutando la correttezza degli investimenti pubblici”. E aggiungono: “C’è ancora tempo. Molti progetti di linee ad alta velocità sono previsti oltre il 2017”. Difficile capire se la Torino-Lione ne faccia parte. Il punto è che, fanno notare al ministero del Bilancio, “numerosi progetti annunciati dallo scorso governo (il centrodestra di Sarkozy, ndr) non sono stati sufficientemente preparati e i costi sono stati sottovalutati”. Un minimo più rassicurante per i fan della Torino-Lione è Bernard Soulage, responsabile Trasporti dei socialisti francesi: “La linea non sarà rimessa in questione per via degli accordi presi a livello internazionale e degli impegni del presidente Francois Hollande”. Strana storia: italiani e francesi sostengono di dover proseguire l’opera anche per via degli impegni reciprocamente assunti. Ma forse la verità non è tutta nelle dichiarazioni ufficiali. A Parigi, nei corridoi della politica, più d’uno sostiene che il Tav non scaldi il cuore di Hollande.

Secondo qualcuno, però, l’eventuale retromarcia dei francesi potrebbe essere una tattica per ottenere un aiuto da Bruxelles. Questa settimana si discute l’aumento di bilancio europeo che tanti paesi aspettano. Poi a ottobre dovrebbe arrivare l’approvazione dei project bond per le grandi infrastrutture. A palazzo Chigi non sono eccessivamente preoccupati, ma fanno sapere che il progetto è valido soltanto se svolto insieme: “Rispettiamo i pensieri e anche i ripensamenti di un altro Stato, ma noi continuiamo a credere che l’opera sia necessaria e non ci debba essere alcun passo indietro perché altrimenti perderemmo fondi europei già stanziati. É ovvio che qualora la Francia dovesse lasciarci soli, ma non ci sembra questa la circostanza, il Tav non sarebbe più possibile. E ci comporteremo di conseguenza”. Al ministero per lo Sviluppo economico di Corrado Passera, che segue da diretto interessato la vicenda, raccontano la genesi dei movimenti francesi: “Il nuovo governo ha nominato una commissione per analizzare i vari progetti infrastrutturali per capire le disponibilità finanziarie, ma non hanno preso alcuna decisione. Sanno che è impossibile fermare un’opera del genere, e noi continueremo a fare la nostra parte”. Mario Virano, il Commissario straordinario per il Tav, giura e spergiura: “É una tempesta in un bicchier d’acqua. Le autorità francesi mi hanno assicurato che si va avanti”. Forse non è tutto così semplice. Come ha raccontato mesi fa il Fatto, l’Agenzia Nazionale per l’Ambiente francese (un soggetto pubblico, quindi) sostiene che “il dossier” sulla Lione-Torino “ha un carattere incompleto… il suo grado di coerenza e di precisione è spesso inferiore a quello che ci si potrebbe attendere da uno studio di impatto riferito a un’opera di questa portata”. Non una bocciatura, ma tanti rimandi, questo sì.


TRAMONTANO L’UNO DOPO L’ALTRO I MAXI-PROGETTI DELL’EX PREMIER
di Daniele Martini
“Il Fatto Quotidiano”, 13 lug. 2012
Hanno cancellato la lavagna di B.

Se anche un giornale come il francese Le Figaro, non sospettabile di simpatie per i movimenti ecologisti, si accorge che forse è il caso di rifletterci bene prima di proseguire a testa bassa con il Tav, il Treno veloce tra l’Italia e la Francia, vuol dire che sta cambiando davvero il clima intorno alle grandi opere. Da noi in Italia, dapprima timidamente e poi via via che la crisi si faceva più dura, perfino i costruttori avevano già capito che insistere con i megaprogetti significava battere la testa contro il muro e avevano cominciato a dire che la precedenza andrebbe assegnata alle manutenzioni diffuse, microinterventi che riportino all’onor del mondo strutture che stanno andando a pezzi, dalle strade agli aeroporti, ai porti. Fino all’alveo dei fiumi e agli invasi, come ha chiesto proprio ieri l’assemblea nazionale dell’Associazione bonifiche riunita a Roma con il presidente Massimo Gargano.

In Italia la faccenda delle grandi opere presenta aspetti patologici. Essa si identifica con l’era berlusconiana e con due momenti, uno istituzionale e uno paraistituzionale. Il momento istituzionale è la cosiddetta “legge obiettivo” del 2001, salutata allora dai grandi costruttori come l’inizio di un periodo di grande prosperità mattonara. Il momento paraistituzionale è la famosa firma televisiva nello studio di Bruno Vespa sull’altrettanto famosa scrivania di ciliegio, la sigla apposta da Berlusconi sul “patto con gli italiani” di cui le grandi opere erano, appunto, il piatto forte.

Basta guardare i dati di sintesi per avere l’idea del fallimento clamoroso di quel piano. Le cifre le ha elaborate poco tempo fa una fonte al di sopra di ogni sospetto: Fastigi (Formazione addestramento scienza tecnologia ingegneria gallerie e infrastrutture), un’organizzazione fondata nel 2002 proprio per seguire da vicino la nuova era delle grandi opere. Secondo Fastigi di davvero ultimato fino ad oggi c’è un misero 3,4%, cioè solo 28 opere su un totale di 188, e nemmeno le più importanti.

Il resto sono lavori in corso, progettazioni, gare o affidamenti. In particolare: nel 34,3% dei casi deve ancora essere completata la progettazione, mentre il 23,8% delle opere è stato solo affidato e nel 32,9% i lavori vanno avanti con più o meno convinzione. Pure le cifre spese sono ridicole, almeno per quel che riguarda i pagamenti effettuati per lavori finiti e consegnati: appena 4 miliardi e mezzo di euro.

Il grosso, oltre 45 miliardi, sono previsti per i lavori in corso. E se il piano dovesse proseguire per forza d’inerzia e senza ripensamenti, dopo il 2015 dovremmo spendere altri 94 miliardi di euro.

Anche l’analisi delle singole opere, quelle diventate pane quotidiano della cronaca, fa cadere le braccia. A partire dalla Salerno-Reggio Calabria, diventata l’epitome dell’inconcludenza. Mentre la società costruttrice, l’Anas, spalleggiata con convinzione dal ministro delle Infrastrutture, Corrado Passera, continua a presentare come un successone il fatto che i lavori saranno finiti nel 2013, cioè 12 anni dopo l’avvio dell’opera, la realtà è che si lavora ancora stancamente su oltre 100 chilometri di tracciato e che addirittura non sono state nemmeno completate le gare per 25 chilometri e su 20 chilometri e mezzo (macrolotto 3/2) è in corso un contenzioso che rende praticamente impossibile qualsiasi previsione. Sull’Autostrada Livorno-Civitavecchia volano insieme le contestazioni e i quattrini. Le contestazioni perché molti si chiedono se sia il caso di insistere con il progetto di costruzione di un nuovo tracciato che spaccherebbe in due la Maremma, mentre c’è già la statale Aurelia che potrebbe essere allargata e ammodernata. Anche i costi frullano: secondo una delibera Cipe (Comitato di programmazione economica) del 2001 l’opera sarebbe dovuta costare 1 miliardo e 859 milioni di euro, diventati 2,9 il 30 aprile 2007 in base al Rapporto sulle infrastrutture prioritarie, saliti a 3,6 miliardi il 30 giugno dell’anno successivo e infine ritoccati a 3,8 dal Documento di economia e finanza del 30 aprile 2011.

I 66 chilometri della Variante di valico dell’Autostrada del Sole tra Barberino del Mugello e Sasso Marconi sono in ballo addirittura da 16 anni e lo stato di avanzamento è del 78%. Gli ottimisti prevedono che sarà aperta al traffico l’anno prossimo, ma non tengono conto che la costruzione della galleria Val di Sambro è minacciata da una frana gigantesca che sta rovinando le case di Ripoli, ma che soprattutto sta disallineando il tracciato dell’autostrada da quello della stessa galleria. C’è il rischio che l’una non sia il proseguimento dell’altra.

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