Italia Nostra

Data: 7 Giugno 2023

Ricordi della Fiera di Lavello, per cucire spezzoni del passato

Da tempo mendico immagini dell’antica Fiera di Lavello del 29 maggio, quando la “candelese” accarezza e indora i campi, facendo sospirare di speranza il contadino. Per cucire spezzoni del mio passato. Nella segreta speranza di ritrovarvi il dolce sorriso di mio padre Antonino, che da qualcuno viene ancora oggi ricordato come il re della fiera.

Mi raccontano che non veniva sparato il forte botto che segnava l’inizio delle trattative vere e proprie, se non arrivava ‘Ntunein” in sella a uno dei cavalli più belli e forti di Lavello, “Vttorij”, sauro “maffioso” (altezzoso e fiero). Un giorno Tommaso, suo stretto collaboratore, quello che portava i puledri della mandria a diventare cavalli da sella o da tiro, si vantò con gli amici e scommise che il cavallo sarebbe stato capace da solo di spostare di qualche metro la trebbia. Orgoglioso e forse intimamente incredulo, vinse la scommessa!

Il 29 maggio, giorno della fiera, Antonino guidava una carovana di mucche, cavalli, giumente, maiali, asini e maestosi muli di Martina. Il bestiame arrivava la mattina presto dalla Masseria del Bosco delle Rose e dai suoi rigogliosi pascoli solcati dal Vallone della Foresta.

C’erano Antonio di Rionero, detto Togliatti, giumentaro ufficiale che a sera, quand’era tempo, tornava sempre con la bisaccia carica di funghi cardoncelli. C’era “pistulicchio” di San Fele, porcaro, così detto per la sua piccola statura, c’era qualche gualano per tenere a bada il bestiame. Altri restavano in campagna per sistemare le mietitrici trainate Mc Cormick che da lì a poco sarebbero entrate in funzione.

Fine maggio era un periodo molto critico per gli agricoltori e per tutti quelli la cui economia gravitava intorno ad essi. Mio padre e tantissimi altri lavellesi pagavano i loro fornitori “alla Stagione”, all’epoca del raccolto principale, quello del grano. Persino il barbiere, il nostro “Zaridd”, il calzolaio Aliz, lo stagnaro Saverio, il panettiere, dovevano attendere, sicuri che alla Stagione, i loro conti sarebbero stati puntualmente saldati, talvolta direttamente in natura.

L’attesa dei ricavi della fiera era dunque fondamentale. Tutta la famiglia di mio padre contava su di lui, sulla sua abilità di allevatore prima e di commerciante poi per avere una boccata di ossigeno in attesa del raccolto. E lui non deludeva. Faceva quasi sempre buoni affari, aiutato dai fidatissimi Francesco “Cirasella” e Barbetta, tutti e due molto esperti nel tessere rapporti umani e nel valutare età e stato di salute del bestiame.

Non sempre però la fiera andava bene. Uno dei fratelli di mio padre, il podestà Mauro, negli anni Trenta scriveva nel suo diario “Fiera a Lavello. Nella giornata niente di rilevante. Mercato bassissimo per gli animali, specie bovini. Vendiamo sette giovenchi e due vacche per il prezzo com-
plessivo di tremilasettecento lire”.

La carovana faceva il suo ingresso nel luogo destinato alla fiera, nei pressi del convento di Sant’Anna, preceduta dal carro che trasportava derrate per uomini e animali, trainato dalle mule Colonnella al bilancino laterale e Martellina bionda possente ed equilibrata al tiro centrale.

Gli animali venivano sistemati nei palchi preparati la sera prima nei siti assegnati agli allevatori. La rappresentazione teatrale poteva avere inizio, nel rispetto di codici non scritti che venivano da lontano. Fra questi, il più solenne, la stretta di mani, agitate più volte dall’alto in basso, a sancire un contratto.

Prima, tutto un gioco di iniziative discrete, tramite collaboratori e mediatori, tese a sondare intenzioni e prezzi per acquisti e vendite. Attori principali gli allevatori, i mediatori-collaboratori, i contadini che acquistavano bestiame per le proprie attività. Fra i primi Antonino, pantaloni alla zuava stretti negli stivali di cuoio, camicia a quadri, bretelle, immancabile coppola, non imponente di statura ma di riconosciuta autorevolezza per esperienza e affidabilità.

Fra le comparse, con qualche spicciolo in tasca (chi a la fer vai e denar non port, pass pass se ved la mort…) piccoli acquirenti e semplici spettatori non paganti. Fra questi, chi scrive, un ragazzino appoggiato, quasi abbracciato a un asinello (foto sopra). Felice. Ignaro che presto tutto sarebbe finito.
                                                                                                                                                                                                                            Per te Rosetta

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Vitantonio Iacoviello
Consigliere nazionale Italia Nostra
Presidente Sezione Vulture Alto Bradano
facebook.com/vitantonio.iacoviello/

 

L’articolo è stato pubblicato anche su il foglietto.it

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