Italia Nostra

Data: 23 Gennaio 2018

Eremo dell’Unità in Santa Maria di Monserrato a Gerace (RC): segnalazione per la Lista Rossa

Indirizzo/Località: Contrada Monserrato – Piana di Gerace (Reggio Calabria)

Tipologia generale: edificio di culto

Tipologia specifica: chiesa e monastero

Configurazione strutturale: accanto all’edificio chiesastico, sul suo lato sinistro, si sviluppa il piccolo convento, strutturato su due piani con orto adiacente. L’orto è chiuso dalla parete sud della chiesa, da quella posta ad est del convento e da altri due muri di cinta in pietra che lo limitano e lo isolano dal contesto esterno

Epoca di costruzione: sec. XVII

Uso attuale: dal 2007 dopo un lungo periodo di abbandono, esso ospita una monaca eremita diocesana. L’Eremo dell’Unità assieme a quello di Sant’Ilarione sito in località San Nicola di Caulonia, a quello delle Querce sempre a Caulonia e a quello di san Nicodemo a Mammola, si inserisce nel contesto della Via degli Eremi della Diocesi di Locri-Gerace, rappresentando una testimonianza di fondamentale importanza dell’antica spiritualità cristiana che a questi luoghi è sempre appartenuta

Uso storico: il complesso riveste notevole valore storico-architettonico, oltre che cultuale, anche in virtù delle ipotesi avanzate per cui la zona presbiterale risalirebbe ad epoca bizantina

Condizione giuridica: la proprietà della chiesa viene rivendicata dal Comune di Gerace

Segnalazione: del 15 gennaio 2018 – segnalazione della Sezione di Reggio Calabria di Italia Nostra – reggiocalabria@italianostra.org

Motivazione della scelta

Il complesso conventuale e chiesastico di Santa Maria di Monserrato, ricadente nella Diocesi di Locri-Gerace, è noto oggi come Eremo dell’Unità. In effetti, a partire dal 2007, dopo un lungo periodo di abbandono, esso ospita una monaca eremita diocesana, Madre Mirella Muià, originaria di Siderno, già ricercatrice alla Sorbona che, nella solitudine e nel silenzio di questo splendido luogo, sito all’estremità della Piana di Gerace, prega per l’Unità delle Chiese cristiane e dipinge icone.

L’Eremo dell’Unità assieme a quello di Sant’Ilarione sito in località San Nicola di Caulonia, a quello delle Querce sempre a Caulonia e a quello di san Nicodemo a Mammola, si inserisce nel contesto della Via degli Eremi della Diocesi di Locri-Gerace, rappresentando una testimonianza di fondamentale importanza dell’antica spiritualità cristiana che a questi luoghi è sempre appartenuta.

La chiesetta di Santa Maria di Monserrato sorge in località Monserrato, nella Piana di Gerace, in aperta campagna e in prossimità della Contrada Stefanelli, nota, quest’ultima, per l’importante presenza di una necropoli preellenica, successivamente abitata come dimora rupestre fino all’età medievale.

L’intitolazione originaria della chiesa risale all’epoca della sua costruzione, vale a dire al XVII secolo, periodo in cui la dominazione spagnola interessò anche questo territorio, ed è riconducibile chiaramente al culto rivolto alla Vergine nera del Santuario di Montserrat in Catalogna, la cosiddetta Moreneta,

Pochi anni dopo la sua edificazione, la chiesa ospitò la Congregazione del Monte Carmelo, divenendo, tra l’altro, luogo di sepoltura per gli stessi congregati, il cui ossario, ricoperto da una lastra marmorea su cui è scolpito lo stemma dei carmelitani ed è apposta la data del 1643, è ancor oggi esistente nella piccola sagrestia annessa alla chiesa. Accanto all’edificio chiesastico, sul suo lato sinistro, si sviluppa il piccolo convento, strutturato su due piani, con orto adiacente. L’orto è chiuso dalla parete sud della chiesa, da quella posta ad est del convento e da altri due muri di cinta in pietra che lo limitano e lo isolano dal contesto esterno.

La chiesa, di patronato del governo della città, venne edificata nel 1636. Il dato è confermato da una lastra marmorea posta sopra il portale d’ingresso.

Essa presenta una struttura molto semplice. L’interno è ad aula unica con presenza alle pareti di arcate cieche collegate tra loro da lesene. Queste ultime appaiono unite nella parte superiore da un bordo continuo, leggermente aggettante. All’interno delle due arcate centrali, sono presenti delle nicchie, previste, probabilmente, per accogliere statue di santi. L’aula è chiusa in alto da un tetto a tegole di recente rifacimento.

La zona presbiterale e absidale, delimitata da un vero e proprio arco di accesso, le cui dimensioni risultano maggiori rispetto a quelle delle arcate cieche laterali, è separata da alcuni gradini dal resto dell’aula liturgica. Essa si caratterizza per il restringimento della superficie calpestabile e, in alto, è sormontata da una cupola ricoperta da coppi e sottocoppi, con calotta circolare, poggiante su un tamburo ottagonale. Accanto alla cupola, adorna di lesene desinenti in alto con leggera curvatura, secondo il gusto manieristico, è collocato un campaniletto a vela, che dal 1991 ospita una campana proveniente dalla chiesa abbandonata di San Nicola di Camabrecone.

La struttura dell’altare maggiore, evidentemente complessa e articolata, ricoperta da stucchi molto degradati, denuncia stilemi tipici del 1600, e contrasta con la semplicità che connota la stessa chiesa. Tra l’altro, appare ingombrante e poco confacente allo spazio entro cui è collocata, quasi si trattasse di un’aggiunta postuma.

Nel presbiterio, sotto lo strato di intonaco superficiale, sono state rilevate tracce di affreschi che alcuni studiosi ascrivono al XVII secolo, altri al XVI, predatando in tal modo la costruzione di questa parte dell’edificio. A voler avvalorare quest’ultima tesi, va rilevato che durante i sopralluoghi effettuati, si è considerata l’ipotesi avanzata dall’architetto Sebastiano Maria Venoso, secondo la quale, la zona presbiterale, corrisponderebbe ad un antico luogo di culto bizantino, a navata unica, simile per tipologia a tanti altri presenti sul territorio. Tale riflessione, scaturita dall’esame strutturale della parete nord del complesso, sembrerebbe avvalorata dall’osservazione del territorio circostante ove insistono numerose grotte eremitiche. Il dato risulterebbe di fondamentale importanza al fine della giustificazione dell’esistenza di un Katholicon a servizio dell’antica comunità monastica locale.

Il convento è attualmente fruibile e visitabile in quanto abitato da una monaca-eremita. In modo approssimativo, lo si può definire agibile, ove si considerino i lavori di ristrutturazione condotti dopo il 2000 che hanno risolto lo stato di abbandono nel quale esso versava in precedenza, ma non l’umidità derivante soprattutto dalla presenza di un corso d’acqua sotto l’edificio. Inoltre, considerati il fenomeno di affioramento delle acque piovane, la precarietà del suolo e la vetustà delle costruzioni che sullo stesso insistono, il bene appare soggetto ad elevato rischio di dissesto e, per questo, destinato a nuovo abbandono.

Le criticità rilevate si manifestano specificamente nel periodo invernale, e sono caratterizzate dal ristagno delle acque piovane in prossimità dei muri dell’edificio chiesastico e del convento. Di fatto, la natura impermeabile del suolo non ne consente il drenaggio né l’assorbimento, favorendo, invece, tale assorbimento a livello delle strutture murarie del convento e della chiesa, anche a causa dell’inadeguatezza dell’intonaco adoperato all’epoca del restauro. Gli stessi muri, impregnandosi d’acqua, si indeboliscono, contribuendo a minare ulteriormente la già precaria situazione complessiva strutturale, mentre l’acqua non assorbita risiede stagnante a livello del suolo. Conseguentemente, il convento in maggior misura, ma anche la chiesa ne risultano invasi e si rendono inagibili. Soltanto attraverso il faticoso intervento manuale di Madre Mirella, l’acqua viene eliminata quotidianamente, ma ciò, naturalmente, si rivela ostativo per le condizioni stesse di vita dell’eremita che, a più riprese, ha rivolto il proprio appello alle competenti istituzioni, non riuscendo, però, ad ottenere a tutt’oggi soluzione alcuna.

Da segnalare un’ulteriore dilemma che contribuisce a creare ambiguità attorno al bene: nonostante le diverse ricerche condotte sia negli archivi locali che presso gli Uffici del Catasto di Reggio Calabria, a tutt’oggi non si è in grado di definirne con precisione la proprietà che, sembrerebbe, almeno in relazione all’edificio della Chiesa, appartenere al Comune di Gerace.

Occorre un urgente intervento atto ad eliminare l’umidità allo scopo di consentire il mantenimento dell’attuale destinazione d’uso: eremo abitato da un’eremita. 

Sicuramente, la risoluzione delle criticità descritte garantirebbe una maggiore frequentazione e fruizione dello stesso sia da parte dei pellegrini, che di turisti interessati alla conoscenza di tali percorsi.

L’interesse rivolto al complesso conventuale dalla sezione di Italia Nostra di Reggio Calabria, può definirsi quasi decennale e scaturisce, anche e soprattutto, dal rapporto solidale che si è instaurato con la monaca Mirella, che ivi conduce la propria esistenza, cercando di ovviare, in modo domestico, alle criticità tuttora presenti, la cui entità, come descritto, è considerevole. La sezione reggina di Italia Nostra, avvalendosi delle competenze di alcuni soci e di quelle di noti studiosi, ha condotto a favore del definitivo recupero dell’eremo, una vera e propria battaglia, a tutt’oggi irrisolta. Il dialogo continuamente promosso con l’Amministrazione Comunale di Gerace, con l’attuale Presule e con il Precedente, nonché con l’Ente Parco d’Aspromonte non ha ancora prodotto benefici tangibili.

In riferimento a quest’ultimo dato, va sottolineato che il territorio di Gerace ricade all’interno del Parco d’Aspromonte, mentre, invece, il territorio del Monserrato, causa l’esigua distanza dal perimetro del Parco stesso, si colloca al di fuori di esso.

La relazione con la Sovrintendenza e con i suoi funzionari, che, invitati a voler compiere vari sopralluoghi, non si sono mai sottratti, ha consentito di ipotizzare interventi a sostegno del bene, ma, soprattutto, ha rilevato maggiormente, la difficoltà di relazione con le altre istituzioni presenti sul territorio di Gerace cui è affidata la responsabilità dello stesso.

Va sottolineato, altresì, che Italia Nostra RC, sin dal 2010, produceva dettagliata relazione geologica, a firma del socio, dott. Leonardo Tripodi, per comprovare i motivi del rischio cui il complesso è esposto, ma anche per suggerire eventuali possibili soluzioni, non eccessivamente dispendiose, a tutela dello stesso. La relazione è stata consegnata alla stessa Diocesi di Locri-Gerace, così come alle altre istituzioni geracesi direttamente interessate.

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