Leggiamo sulle pagine di Ravenna&Dintorni, l’intervista dell’Ingegner Ramona Quattrini del Dipartimento di ingegneria civile, edile e architettura dell’Università delle Marche, che racconta il suo progetto virtuale sulle torri Hamon, per la “memoria” del porto di Ravenna costata quasi 300 mila euro (progetto “Remember”).
Ora, possiamo immaginare che il progetto sia stato ben pensato, e che quindi la docente che per incarico ha curato la sua realizzazione non possa che illustrarne i pregi, ma stupisce il suo approccio che resta indifferente alla demolizione delle torri e che relega alla sola conservazione digitale patrimoni d’architettura e di ingegneria il cui principali valori sono di tipo spaziale e tecnico. In che modo sono conservati l’impatto scenografico straordinario delle torri Hamon alte 50 metri, che immaginiamo i curatori del progetto non abbiano mai visto al loro interno? Dov’è il suono del “camino sonoro” percorso dall’aria ascendente? In che modo è stata resa giustizia alla realizzazione tecnica tutta gettata in opera del “mantello” della torre a superficie di iperboloide di soli 10 cm di spessore, che si innalzava fino a 50 metri, coprendo un diametro alla base di quasi 40 metri? Immaginiamo la docente, ingegnere, sapesse che una delle quattro torri dello stabilimento SAROM fu verificata nientemeno che dall’Ingegner Arturo Danusso. Nemmeno questo convince la professoressa Quattrini che i musei virtuali possono essere certamente utili, ma che nel caso delle torri Hamon rappresentano null’altro che una squallida umiliazione della realtà e dei valori materiali distrutti e perduti per sempre, con un blitz di Pasqua, senza che fosse valutato né il reale stato delle torri, né la fattibilità economica della conservazione di almeno una delle due, né l’impatto sul progetto di impianto fotovoltaico i cui progetti non esistono per ora da nessuna parte?
